L'attacco jihadista alla sede parigina di Charlie Hebdo, un giornale satirico francese noto per aver ridicolizzato l'Islam, punta i riflettori sulle cosiddette "no-go zones" in Francia e in altri paesi europei.
Le "no-go zones" sono quartieri musulmani che sono ampiamente off-limits per i non musulmani per una serie di motivi, come il disordine, l'anarchia e l'insicurezza che pervadono un gran numero di queste aree. Le autorità del paese ospitante hanno effettivamente perso il controllo su molte "no-go zones" e spesso sono incapaci o non vogliono fornire aiuti pubblici essenziali, come la polizia, i vigili del fuoco, le ambulanze, per paura di essere attaccati dai giovani musulmani.
Anche le enclave musulmane delle città europee sono terreno fertile per il radicalismo islamico e rappresentano una grave minaccia per la sicurezza occidentale.
Le "no-go zones" sono il sottoprodotto di decenni di politiche multiculturali che hanno incoraggiato gli immigrati musulmani a creare società parallele e restare separate – anziché integrarsi – dalle nazioni europee ospitanti.
Il problema delle "no-go zones" è ben documentato, ma i multiculturalisti e i loro sostenitori politicamente corretti negano con forza la loro esistenza. Qualcuno è ora impegnato in una campagna concertata per screditare e zittire coloro che attirano l'attenzione sul problema.
Si pensi a Carol Matlack, una giornalista americana di Bloomberg Businessweek, che di recente ha scritto un pezzo – titolato "Sfatare il mito delle zone esclusivamente musulmane nelle grandi città europee" – in cui afferma che le "no-go zones" non sono altro che una "leggenda metropolitana" che è "palesemente falsa". La Matlack poi ridicolizza chi non è d'accordo con lei.
Il canale televisivo americano via cavo Fox News si è dovuto scusare per ben quattro volte per il riferimento fatto alle "no-go zones" musulmane in Europa, dopo che un giornalista aveva erroneamente asserito che l'intera città di Birmingham, in Inghilterra, è musulmana. Sarebbe stato corretto se avesse semplicemente detto che alcune "zone" di Birmingham sono musulmane.
Nonostante queste smentite politicamente corrette, è noto che in molte parti d'Europa esistono delle "no-go zones" musulmane.
Quello che segue è la prima parte di una serie di articoli che documenteranno la realtà delle "no-go zones" europee. La serie inizia con la Francia e fornisce una breve raccolta di solo alcune delle migliaia di riferimenti alle "no-go zones" francesi da parte di accademici, della polizia, dei media e delle fonti governative che possono essere facilmente trovate in Internet facendo una semplice ricerca su Google.
Fabrice Balanche, uno famoso studioso francese di Islam che insegna all'Università di Lione, di recente ha detto alla Radio Télévision Suisse: "Esistono territori in Francia come Roubaix, come i quartieri nord di Marsiglia, dove la polizia non mette piede, dove l'autorità dello Stato è completamente assente, dove si sono costituiti dei mini stati islamici".
Lo scrittore e giornalista politico francese Éric Zemmour ha detto alla BFM TV: "Oggi, esistono in Francia dei luoghi, soprattutto in periferia, dove non sembra di essere veramente in Francia. Gli islamisti salafiti stanno islamizzando alcuni quartieri e banlieu. In questi quartieri non sembra di essere in Francia, è una repubblica islamica". In un'altra intervista, Zemmour – il cui ultimo libro è intitolato Il suicidio francese – ha dichiarato che il multiculturalismo e il regno del "politicamente corretto" stanno distruggendo il paese.
Il politico francese Franck Guiot ha scritto che parti di Évry, un comune che si trova nella periferia sud di Parigi, sono delle "no-go zones" dove le forze di polizia non possono entrare per paura di essere attaccate. Egli ha anche detto che i politici che cercavano di mantenere "la pace sociale" hanno vietato alla polizia di utilizzare le armi per difendersi.
Il sindaco socialista di Amiens, Gilles Demailly, ha definito il quartiere Fafet-Brossolette una "no-go zone" dove "non si può ordinare una pizza o ricevere la visita domiciliare di un medico". Europe 1, una delle più importanti emittenti francesi ha parlato di Marsiglia come di una zona franca dopo che il governo è stato costretto a schierare reparti antisommossa della polizia, i Crs, per fronteggiare in città la guerra tra bande musulmane. Il ministro degli Interni ha detto che sta cercando di "riconquistare" 184 kmq (71 miglia quadrate) di Marsiglia finiti sotto il controllo delle bande musulmane.
Il quotidiano francese Le Figaro ha scritto che il centro di Perpignan è "una vera e propria 'no-go zone'" dove "le aggressioni, i comportamenti antisociali, il traffico di droga, il comunitarismo musulmano, le tensioni razziali e la violenza tribale" costringono i non musulmani a trasferirsi altrove. Le Figaro ha inoltre riportato che Les Izards, un quartiere di Tolosa, è una "no-go zone", dove le bande arabe di trafficanti di droga controllano le strade in un clima di paura.
In un altro articolo del quotidiano francese si legge della gran quantità di fucili d'assalto che circolano nelle "no-go zones" francesi. "Si possono acquistare kalashnikov per poche centinaia di dollari", ha detto il politologo Sebastien Roché. "Il prezzo di un iPhone!"
Il quotidiano France Soir ha pubblicato i risultati di un sondaggio che mostrano che quasi il 60 per cento dei cittadini francesi sono a favore dell'invio dell'esercito nelle periferie turbolente per ristabilire l'ordine.
Il quotidiano Le Parisien definisce alcuni quartieri di Grigny, un comune della periferia sud di Parigi, "un territorio senza legge" dove imperversano bande musulmane ben organizzate, i cui membri pensano di essere i "padroni del mondo". Il settimanale Le Point ha pubblicato un pezzo su come la sregolatezza musulmana sia in vertiginosa ascesa nella città francese di Grenoble.
Il magazine francese L'Obs (in precedenza conosciuto come Le Nouvel Observateur) si è occupato di come a Roubaix, un città nel nord della Francia, vicino al confine con il Belgio, la situazione sul piano della sicurezza si stia deteriorando. La rivista ha riportato che i cittadini locali sono "esiliati all'interno del loro stesso paese" e vogliono creare una loro milizia per ristabilire l'ordine perché la polizia ha paura di affrontare le bande musulmane.
Nell'agosto 2014, il magazine francese Valeurs Actuelles ha scritto che "la Francia ha oltre 750 zone franche" dove non si applica più la legge della Repubblica francese. Titolando il pezzo "L'inferno in Francia", la rivista ha detto che molte parti della Francia stanno conoscendo "una dittatura della marmaglia" dove la polizia "è accolta da colpi di mortaio" ed è "costretta a ritirarsi per colpa dei proiettili".
In un altro articolo, Valeurs Actuelles ha parlato dello stato di anarchia vigente a Trappes, un comune situato nella periferia occidentale di Parigi, dove l'Islam radicale e la criminalità endemica vanno di pari passo. Secondo il comandante della polizia locale, Mohamed Douhane, "i fondamentalisti islamici danno la caccia ai delinquenti per imporre una società alternativa, che rompa i legami con la Repubblica francese". Non è consigliabile recarsi lì, egli dice, e aggiunge: "Sarete notati dai cosiddetti chauffeur (le vedette dei trafficanti di droga) e sarete spogliati e massacrati di botte".
Il magazine ha inoltre pubblicato un reportage sulle zone franche a Nantes, Tours e Orléans, che sono state trasformate in "campi di battaglia" dove i pochi autoctoni francesi rimasti lì devono fare i conti con "il comunitarismo musulmano, la scomparsa dei loro riferimenti culturali e con la criminalità dilagante".
Un documentario di 20 minuti (in francese) sulla "no-go zone" di Clichy Montfermeil, una banlieu parigina, può essere visto qui. Intorno ai 3 minuti, il video mostra ciò che accade quando la polizia si avventura nella zona.
Un poliziotto usa un fucile da caccia per cercare di fronteggiare un attacco di una gang, nella banlieu parigina di Clichy Montfermeil. (Fonte dell'immagine: Dailymotion video screenshot) |
Un documentario di un'ora e mezza (in francese), prodotto dal canale televisivo francese TF1, sulle bande musulmane che imperversano nelle zone franche parigine, può essere visto qui. Mentre qui si può visionare un documentario di 50 minuti (in francese), prodotto dal canale televisivo francese TF3, sulle "no-go zones" di Clos Saint-Lazare, a nord di Parigi. E ancora, un altro documentario di 45 minuti (in francese) sulle zone franche di Marsiglia può essere visto qui.
E la lista continua. Ecco un video di 4 minuti sui quartieri francesi più pericolosi nel 2014. Per visionare un filmato di tre e minuti e mezzo sui quartieri più rischiosi dell'Area Metropolitana detta "Grand Paris" basta cliccare qui. Un video di due minuti su una "no-go zone" di Lille può essere visto qui. Mentre qui si può visionare un filmato di cinque minuti sulla vita alla periferia di Lione.
Qui invece si può vedere un documentario della televisione russa (Russia-1) sulle "no-go zones" parigine. Il presentatore dice: "Siamo a Parigi, nel quartiere Barbès, a pochi minuti dal famoso Montmartre. Trovare un europeo qui è una missione pressoché impossibile. Certe strade di Parigi ricordano un bazar orientale". E poi continua: "Le banlieu parigine sono diventate ghetti criminali dove persino la polizia non osa entrare". Le telecamere nascoste riprendono il caos senza legge e lo spaccio di droga in tutta la zona.
Una ricerca di 120 pagine intitolata "Le zone inaccessibili nella Repubblica francese: mito o realtà?" ha documentato decine di quartieri francesi "dove la polizia e la gendarmeria non riescono a far rispettare l'ordine repubblicano né possono accedere ad essi senza il rischio di scontri, di essere feriti o anche di sparatorie letali".
Alcune delle più famose "no-go zones" francesi sono situate nel dipartimento Seine-Saint-Denis, una banlieu a nordest di Parigi che ha una delle più alte concentrazioni di musulmani presenti nel paese. Il dipartimento ospita circa 600.000 musulmani (per lo più provenienti dall'Africa del Nord e Occidentale) su una popolazione complessiva di 1,4 milioni.
Seine-Saint-Denis è diviso in 40 distretti amministrativi chiamati comuni, 36 dei quali sono stati inseriti nella lista ufficiale del governo francese come "zone urbane sensibili" o ZUS.
Seine-Saint-Denis – conosciuto anche come "novantatré" o "nove tre" dopo le prime due cifre del codice postale di questa banlieu – ha uno dei tassi di disoccupazione più alti della Francia; oltre il 40 per cento di chi è al di sotto dei 25 anni è senza lavoro. La zona è afflitta dallo spaccio di droga e accusa alcune dei tassi più elevati dei crimini violenti commessi in Francia.
Nell'ottobre 2011, un documento chiave di 2200 pagine, intitolato "Banlieu de la République" (Periferie della Repubblica) ha rilevato che Seine-Saint-Denis e altre periferie parigine stanno diventando delle "società islamiche separate" tagliate fuori dallo Stato francese e dove la Sharia, la legge islamica, sta rapidamente soppiantando il diritto civile francese. Nel documento si legge che gli immigrati musulmani rifiutano sempre più i valori francesi e preferiscono immergersi nell'Islam radicale.
Il report – che è stato commissionato dall'influente think tank francese L'Institut Montaigne – è stato curato da Gilles Kepel, un politologo molto stimato e specialista di Islam, insieme ad altri cinque ricercatori francesi.
Gli autori di questa inchiesta hanno mostrato che la Francia – che ora ha 6,5 milioni di musulmani (la più numerosa popolazione musulmana presente nell'UE) – è sull'orlo di una grande esplosione sociale a causa della mancata integrazione dei musulmani nella società francese.
Lo studio ha anche mostrato come il problema sia aggravato dai predicatori musulmani radicali che promuovono l'emarginazione sociale degli immigrati musulmani al fine di creare in Francia una società musulmana parallela che è governata dalla Sharia.
L'indagine è stata condotta soprattutto nei comuni di Clichy-sous-Bois e Montfermeil del dipartimento Seine-Saint-Denis, due banlieu che furono l'epicentro delle rivolte musulmane scoppiate nell'autunno 2005, quando i giovani islamici bruciarono oltre 9000 autovetture.
Il saggio descrive Seine-Saint-Denis come "una terra desolata di deindustrializzazione" e afferma che in alcune zone "un terzo della popolazione non ha nazionalità francese e molti residenti sono attratti da un'identità islamica".
Un altro comune del dipartimento Seine-Saint-Denis è Aubervilliers. A volte considerato come uno dei "territori perduti della Repubblica francese", è effettivamente una città musulmana: oltre il 70 per cento della popolazione è islamica. Tre quarti dei giovani al di sotto dei 18 anni che vivono nel comune sono stranieri o francesi di origine straniera, soprattutto del Maghreb e dell'Africa subsahariana. Si dice che la polizia francese si avventuri raramente in alcune delle zone più pericolose del comune.
La parte meridionale di Aubervilliers è ben nota per la sua vivace comunità di immigrati cinesi con le loro aziende di abbigliamento all'ingrosso, i magazzini tessili e i centri commerciali import-export. Nell'agosto 2013, il settimanale Marianne pubblicò un articolo in cui si diceva che gli immigrati musulmani si sentivano umiliati dal dinamismo economico dei cinesi tanto da molestare e aggredire i commercianti cinesi che divennero sempre più soggetti a rapine ed estorsioni. La situazione peggiorò a tal punto che l'ambasciatore cinese in Francia fu costretto a pagare per recarsi in visita nella zona.
In risposta, il sindaco socialista di Aubervilliers, Jacques Salvator, propose di fermare la violenza grazie a maggiori assunzioni di arabi e africani da parte delle aziende cinesi. Secondo Marianne, i cinesi replicarono dicendo che i musulmani non erano abituati a lavorare sodo come i cinesi, che erano più esigenti e che si lamentavano troppo.
Dopo che i funzionari locali rifiutarono di agire di fronte alla crescente violenza musulmana, i cinesi minacciarono di "chiedere l'intervento della mafia cinese" per avere protezione. I musulmani reagirono lanciando una petizione per l'espulsione dei cinesi dall'area.
Inoltre, secondo un articolo pubblicato dal settimanale Charlie Hebdo nel 2012, il municipio di Aubervilliers ha obbligato gli uomini non musulmani che volevano sposare donne musulmane a convertirsi all'Islam prima di contrarre il matrimonio, anche se la Francia è apertamente una repubblica laicista. Uno di questi uomini, il giornalista Frédéric Gilbert, si è sentito dire:
"Puoi convertirti in qualsiasi moschea in tre minuti. Tutto ciò che devi fare è ripetere 'con convinzione e sincerità' questa frase: 'Attesto che non vi è altro dio all'infuori di Allah e che Maometto è il suo profeta' e l'imam converrà che ti sei convertito all'Islam".
In un pezzo titolato "Quando i sindaci diventano imam", Charlie Hebdo ha scritto:
"In altre parole, la legge marocchina prevale su quella francese nei casi di matrimoni misti e lo stesso accade per le altre ex colonie francesi come la Tunisia, l'Algeria e l'Egitto".
Secondo il quotidiano Le Parisien, la pratica delle "false conversioni" all'Islam è diffusa perché la maggior parte degli sposi non musulmani preferisce le false conversioni piuttosto che sopportare "le complicazioni amministrative".
Nel 2014, Le Figaro ha pubblicato il contenuto di un documento dell'intelligence riservato che metteva in guardia in merito all'imposizione della Sharia, la legge islamica, nelle scuole francesi dei ghetti musulmani. Il documento di 15 pagine fornisce 70 esempi specifici di come i radicali musulmani stiano assumendo il controllo delle scuole apertamente laiciste in tutto il paese. Tra questi esempi: l'uso del velo nelle aree per la ricreazione, pasti halal in mensa, assenteismo cronico (che sfiora il 90 per cento in alcune zone di Nîmes e Tolosa) durante le feste religiose, la preghiera clandestina nelle palestre o nei corridoi. Il rapporto descrive dettagliatamente come "gli autoproclamati giovani custodi dell'ortodossia" eludano la legge del marzo 2004 che vieta l'uso di simboli religiosi nelle scuole francesi. A Marsiglia, il preside di una scuola superiore ha testimoniato che alcune delle sue allieve pregano con tanto fervore da avere "la fronte blu".
Un video che mostra una manifestazione islamica radicale organizzata a Saint-Denis può essere visto qui. Mentre qui si può visionare un filmato in cui un gruppo di musulmani radicali assume il controllo di un autobus francese al grido di "Allahu Akbar!" ("Allah è grande!"). Ecco, invece, una serie di otto video che documentano le preghiere di strada islamiche a Parigi (ora le preghiere di strada sono state bandite). E infine, ecco una serie di 25 video che documentano l'islamizzazione in Francia.
Nel luglio 2012, il governo francese annunciò un piano per riaffermare il controllo su oltre 15 delle più famose "no-go zones". I distretti infestati dal crimine che il ministro degli Interni francese ha designato come zone di sicurezza prioritaria o ZSP, comprendono quartieri con una forte presenza musulmana in città come Amiens, Aubervilliers, Avignon, Béziers, Bordeaux, Clermont-Ferrand, Grenoble, Lille, Lione, Marsiglia, Montpellier, Mulhouse, Nantes, Nizza, Parigi, Perpignan, Strasburgo, Tolosa e molte altre. Il numero di ZSP ora ammonta a 64; una lista completa di queste zone può essere rinvenuta qui. Mentre qui si può visionare un documentario di 13 minuti girato da una televisione ungherese (con sottotitoli in inglese) sulle "no-go zones" parigine. Il presentatore intervista il giornalista francese Laurent Obertone, che è l'autore di un nuovo libro già in testa alle classifiche, dal titolo La France Orange Méchanique (La Francia arancia meccanica).
Nel suo libro, Obertone scrive che la Francia versa in uno stato di barbarie e che la reale entità del crimine e della violenza in tutto il paese è deliberatamente sottostimata dai media politicamente corretti, dal governo e dalla polizia.
Nel documentario, Obertone afferma: "L'élite francese si è indignata quando [l'ex presidente Nicolas] Sarkozy ha definito "branchi di criminali" gli immigrati [musulmani] che attaccano la polizia".
Il presentatore ungherese poi chiede: ""E se andassimo nelle periferie?" Obertone replica: "Non consiglio di farlo. Neanche noi francesi oseremo più andare lì. Ma nessuno ovviamente ne parla in pubblico. Nemmeno coloro che dicono: 'Lunga vita al multiculturalismo' e 'Parigi è meravigliosa!' osano avventurarsi nelle banlieu".
Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York. È anche senior fellow per la politica europea del Grupo de Estudios estratégicos/Strategic Studies Group che ha sede a Madrid. Seguitelo su Facebook e Twitter.