Mentre i cristiani ortodossi orientali hanno di recente celebrato la loro Settimana Santa, una chiesa storica di Istanbul – che un tempo era la magnifica città cristiana di Costantinopoli – è stata oggetto di un ennesimo oltraggio per mano delle sue autorità attuali.
Secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa turca Anatolia News Agency, "Per la prima volta, dopo 85 anni, nella storica Basilica di Santa Sofia, oggi trasformata in museo, sabato è stato recitato il Corano. Il Direttorato per gli affari religiosi ha lanciato la mostra 'Amore del Profeta', in occasione delle celebrazioni per l'anniversario della nascita del profeta islamico Maometto".
Santa Sofia a Istanbul, un tempo la più grande cattedrale del mondo cristiano. (Fonte dell'immagine: Antoine Taveneaux/Wikimedia Commons) |
Anche se in Turchia i cristiani oggi sono una piccola minoranza, il Cristianesimo ha una lunga storia in Asia Minore, il luogo di nascita di molti apostoli e santi cristiani come Paolo di Tarso, Timoteo, Nicola di Mira e Policarpo di Smirne.
Tutti i primi sette concili ecumenici si svolsero in quella che è oggi la Turchia. Anche due dei cinque centri (patriarcati) dell'antica Pentarchia – Costantinopoli (Istanbul) e Antiochia (Antakya) – sono situati lì. Antiochia fu il luogo dove, per la prima volta, i seguaci di Gesù furono chiamati "cristiani".
La Turchia è inoltre la sede delle sette chiese dell'Asia, dove Giovanni ricevette le rivelazioni. Nel corso dei secoli successivi, innumerevoli chiese furono istituite in tutta la regione.
Una di esse, Santa Sofia (Hagia Sophia), fu una delle più grandi cattedrali del mondo cristiano – fino alla caduta di Costantinopoli nelle mani degli ottomani, il 29 maggio 1453, cui fecero seguito tre giorni di saccheggio sfrenato.[i]
Santa Sofia non ne fu esente. I saccheggiatori si diressero verso Hagia Sophia e buttarono giù le porte. Intrappolati nella chiesa, i membri della congregazione e chi vi aveva cercato rifugio divennero bottino da dividere tra gli invasori ottomani.
Lo storico Steven Runciman scrive quanto segue nel suo volume La caduta di Costantinopoli, 1453:
"Essi ammazzarono chiunque incontrassero nelle strade, uomini, donne e bambini senza discriminazione. Il sangue scorreva a fiumi, giù lungo le strade ripide dalle alture di Petra verso il Corno d'Oro. Ben presto la bramosia di strage si affievolì. I soldati si accorsero che i prigionieri e gli oggetti preziosi avrebbero procurato loro un vantaggio molto più grande."[ii]
Dopo la caduta della città, la chiesa di Santa Sofia fu trasformata in una moschea.
È possibile che una moschea porti il nome di Hagia Sophia (in greco Ἁγία Σοφία, "Sapienza Divina") se la chiesa è sotto il controllo di una teocrazia islamica. È come avere una moschea chiamata "la moschea armena della Santa Croce".
Negli anni Trenta, il governo turco la trasformò in un museo. Ma uno Stato veramente democratico non trasforma una chiesa in un museo. Una delle caratteristiche comuni dell'Impero ottomano e della Turchia moderna sembra essere l'intolleranza delle chiese.
Nel 2013, il vicepremier turco, Bulent Arinc, espresse la speranza che il Museo di Santa Sofia diventasse una moschea e la chiamò "Moschea di Hagia Sophia".
"La Turchia non converte le chiese in moschee perché non c'è bisogno di altre moschee e non ha le risorse per costruirle", ha scritto Constantine Tzanos. "Il messaggio inviato da chi nel paese intende trasformare le chiese cristiane in moschee e chiedere che la stessa sorte spetti a Hagia Sophia è che la Turchia è uno Stato islamico e nessun'altra religione è tollerata".
Nel novembre 2014, Papa Francesco si è recato in visita in Turchia, la quarta di un pontefice nel paese. Il portavoce del ministro degli Esteri turco Tanju Bilgic allora disse ai giornalisti che durante la visita sarebbero stati affrontati i temi "dell'alleanza di civiltà, il dialogo tra culture, la xenofobia, la lotta contro il razzismo e gli sviluppi politici nella regione".
Nell'agenda di Papa Francesco dovrebbe quindi figurare la questione delle chiese cristiane in Turchia che vengono distrutte, danneggiate o destinate ad altro uso, ad esempio in stalle – come nel caso della chiesa armena gregoriana nella provincia di Izmir (Smirne). "Alcuni cittadini mettono le loro mucche e i cavalli dentro la chiesa, mentre gli abitanti del quartiere si lamentano del fatto che la chiesa sia stata trasformata in un luogo frequentato da tossicodipendenti e alcolisti", secondo quanto riportato dal quotidiano Milliyet.
Un'altra vittima dell'intolleranza degli edifici di culto cristiani nel paese della Mezzaluna è stata la chiesa bizantina di Agios Theodoros (in italiano San Teodoro, N.d.T.) a Istanbul, la prima a essere trasformata in moschea, sotto il dominio del sultano ottomano Mehmed II; essa fu poi dedicata a Molla Gurani, il quarto Sheikh-ul-Islam (l'autorità che presiedeva agli affari religiosi dei musulmani nell'Impero ottomano).
Nel marzo 2014, fu pubblicata la notizia che la zona di ingresso della ex chiesa-moschea era diventata una "casa" e che il piano superiore era stato trasformato in un "appartamento". All'interno del suo giardino è anche stata costruita una baracca. La stanza del prete è ora una toilette.
A distanza di secoli, le abitudini dei turchi ottomani non sembrano essere cambiate.
Oggi, la Turchia ha una percentuale inferiore di cristiani rispetto ai paesi vicini – inferiore rispetto alla Siria, all'Iraq e all'Iran. La principale causa di questo è da attribuire alle stragi o ai genocidi degli assiri, degli armeni e dei greci perpetrati tra il 1915 e il 1923.
Almeno 2,5 milioni di cristiani autoctoni dell'Asia Minore furono uccisi – interamente massacrati o vittime di deportazioni, sottoposti ai lavori forzati o alle cosiddette marce della morte. Molti di loro morirono nei campi di concentramento di malattie o di fame.
Molti greci che sopravvissero al massacro, nel 1923, furono cacciati dalle loro case dell'Asia Minore in base al principio di scambio forzato di popolazione tra la Turchia e la Grecia.
La distruzione fisica dei cristiani armeni fu seguita da una distruzione culturale. In tutta la storia della Repubblica turca, innumerevoli chiese e scuole cristiane sono state distrutte o trasformate in moschee, magazzini o stalle, tra le altre cose.
Il giornalista Raffi Bedrosyan ha scritto in un articolo apparso su Armenian Weekly che
"Oggi in Turchia ci sono soltanto 34 chiese e 18 scuole armene, per lo più a Istanbul, con meno di 3000 studenti."
….
"Secondo una recente ricerca, erano circa 2300 le scuole armene presenti in Turchia prima del 1915. Prima di questa data, si stimava che ci fossero circa 700 scuole frequentate da 82.000 allievi. Questi numeri si riferiscono solo alle chiese e alle scuole poste sotto la giurisdizione del Patriarcato armeno di Istanbul e della Chiesa apostolica armena, e quindi non annoverano le numerose chiese e scuole appartenenti alle parrocchie protestanti e armeno-cattoliche."
Walter Flick, uno studioso della International Society for Human Rights, con sede in Germania, sostiene che la minoranza cristiana in Turchia non gode degli stessi diritti della maggioranza musulmana.
"La Turchia ha quasi 80 milioni di abitanti", egli ha detto. "Ci sono circa 120.000 cristiani, ossia meno dell'1 per cento della popolazione. I cristiani sono certamente considerati cittadini di seconda classe. Un vero cittadino è musulmano, e chi non lo è viene visto con sospetto."
Secondo un sondaggio del 2014, l'89 per cento della popolazione turca ritiene che ciò che caratterizza l'identità di una nazione è l'appartenenza a una certa religione. Tra i 38 paesi che hanno partecipato al sondaggio, rispondendo alla domanda se l'appartenenza a una specifica religione [l'Islam] sia importante nel caratterizzare l'identità di una nazione, l'89 per cento della popolazione turca si è detta d'accordo, classificandosi prima al mondo.[iii]
"In un certo senso, le politiche di Ankara contro i cittadini cristiani turchi hanno aggiunto una parvenza di modernità e di brutalità raffinata alle norme e alle pratiche ottomane", hanno scritto la politologa Elizabeth H. Prodromou e lo storico Alexandros K. Kyrou. "Nelle parole di un anonimo alto prelato della Chiesa in Turchia, timoroso per la vita del suo gregge, i cristiani in Turchia sono una specie in via di estinzione".
Il 4 aprile 1949, a Washington, D.C., i firmatari della Nato, l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, D.C. , annunciarono: "Gli Stati che aderiscono al presente Trattato riaffermano la loro fede negli scopi e nei principi dello Statuto delle Nazioni Unite e il loro desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi. Si dicono determinati a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro comune retaggio e la loro civiltà, fondati sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza del diritto. Aspirano a promuovere il benessere e la stabilità nella regione dell'Atlantico settentrionale. Sono decisi a unire i loro sforzi in una difesa collettiva e per la salvaguardia della pace e della sicurezza".
Fare parte dell'Unione Europea e della Nato comporta il rispetto dei valori ebraici, cristiani, ellenici e dei secolari principi umanistici che hanno caratterizzato la civiltà occidentale e hanno contribuito ai diritti civili, alla democrazia, alla filosofia e alla scienza, da cui tutti possono trarre beneficio.
Purtroppo, la Turchia, che è un membro della Nato dal 1952 ed è un potenziale candidato all'adesione all'Unione Europea, è in gran parte riuscita a distruggere l'intero patrimonio culturale cristiano dell'Asia Minore.
Tutto questo ricorda ciò che l'Isis e gli altri eserciti jihadisti fanno in Medio Oriente. In Turchia, ciò che resta della popolazione cristiana, i nipoti dei sopravvissuti al genocidio, sono ancora esposti a discriminazioni. Le vecchie abitudini dei turchi ottomani non sembrano morte.
Uzay Bulut, musulmana di nascita, è una giornalista turca che vive ad Ankara.
[i] Runciman, Steven (1965). The Fall of Constantinople, 1453. Cambridge: Cambridge University Press.
[ii] Ibid.
[iii] Nel 2014, il professor Ersin Kalaycioglu della Sabanci Univesity e il professor Ali Carkoglu della Koc Univesrsity hanno condotto un sondaggio dal titolo "Il nazionalismo in Turchia e nel mondo", basato su interviste fatte ai cittadini turchi di età superiore ai 18 anni e residenti in 64 città della Turchia. "Quindi, secondo i cittadini [turchi] intervistati per strada, un turco è colui che è musulmano", ha detto il professor Carkoglu.