Secondo un nuovo studio, quasi la metà dei tre milioni di turchi che vivono in Germania crede che sia più importante rispettare la legge islamica della Sharia piuttosto che la legislazione tedesca, se esse si contraddicono.
Un terzo delle persone intervistate per questa nuova ricerca desidera vivere in una società come quella che esisteva al tempo di Maometto, il fondatore dell'Islam, nell'Arabia all'inizio del VII secolo.
La ricerca – che si basa su un sondaggio che ha coinvolto i turchi che vivono in Germania da molti anni, spesso decenni – confuta quanto asserito dalle autorità tedesche, ossia che i musulmani sono ben integrati nella società tedesca.
Lo studio di 22 pagine, dal titolo "Integrazione e religione dal punto di vista dei turchi che vivono in Germania" (Integration und Religion aus der Sicht von Türkeistämmigen in Deutschland) è stato realizzato dal Dipartimento di Religione e Politica dell'Università di Münster. Ecco i principali risultati:
- Il 47 per cento degli intervistati è d'accordo con l'affermazione che "l'osservanza dei comandamenti della mia religione è per me più importante rispetto alle leggi dello Stato in cui vivo". Questa opinione è condivisa dal 57 per cento degli immigrati turchi di prima generazione e dal 36 per cento di quelli di seconda generazione. (Lo studio definisce turchi di prima generazione quelli che sono arrivati in Germania da adulti; mentre i turchi di seconda e terza generazione sono quelli nati in Germania o che sono arrivati nel paese da bambini.).
- Il 32 per cento degli interpellati è favorevole al fatto che "i musulmani dovrebbero battersi per tornare a un ordine societario come ai tempi di Maometto". La pensa così il 36 per cento dei turchi di prima generazione e il 27 per cento di quelli di seconda e terza generazione.
- Per il 50 per cento dei rispondenti "esiste una sola, vera religione". Lo pensa il 54 per cento dei turchi tedeschi di prima generazione e il 46 per cento di seconda e terza generazione.
- Il 36 per cento degli intervistati ritiene che "solo l'Islam è in grado di risolvere i problemi dei nostri tempi". Sono d'accordo a riguardo il 40 per cento della prima generazione e il 33 per cento delle seconda e terza.
- Secondo il 20 per cento degli interpellati, "la minaccia che l'Occidente pone verso l'islam giustifica la violenza": 25 per cento della prima generazione e il 15 per cento della seconda e terza.
- Il 7 per cento dei rispondenti ritiene che "la violenza è giustificata per diffondere l'Islam", opinione espressa dal 7 per cento dei turchi di prima generazione e dal 6 per cento di quelli di seconda e terza generazione. Anche se questa percentuale sembra irrisoria, il 7 per cento dei tre milioni di turchi che vivono in Germania ammonta a 210.000 persone che pensano che il jihad sia un metodo accettabile per propagare l'Islam.
- Per il 23 per cento degli interpellati "i musulmani non devono stringere la mano di un membro del sesso opposto": 27 per cento della prima generazione, 18 per cento della seconda e terza.
- Il 33 per cento degli intervistati è d'accordo che "le donne musulmane indossano il velo". Lo pensa il 39 per cento dei turchi di prima generazione e il 27 per cento della seconda e terza.
- Il 31 per cento delle donne intervistate ha detto di indossare il velo in pubblico; lo ha dichiarato il 41 per cento appartenente alla prima generazione e il 21 per cento della seconda e terza.
- Per il 73 per cento dei rispondenti "i libri e i film che attaccano la religione e offendono i sentimenti della gente profondamente credente dovrebbero essere vietati dalla legge".
- L'83 per cento degli interpellati è d'accordo sul "sentirsi arrabbiato quando i musulmani vengono accusati per primi in caso di attacco terroristico".
- Per il 61 per cento degli intervistati "l'Islam è perfetto per il mondo occidentale".
- Il 51 per cento dice che "come turco, mi sento un cittadino di serie B".
- Il 54 per cento ritiene che "nonostante i miei sforzi, non sono accettato come membro della società tedesca".
Lo studio ha inoltre riscontrato che i turchi e i tedeschi nativi hanno una percezione totalmente diversa dell'Islam:
- Mentre il 57 per cento dei turchi tedeschi associa l'Islam ai diritti umani, solo il 6 per cento dei tedeschi lo fa.
- Il 56 per cento dei turchi associa l'Islam alla tolleranza, contro solo il 5 per cento dei tedeschi.
- Se per il 65 per cento dei turchi l'Islam è associato alla pace, la pensa così solo il 7 per cento dei tedeschi.
Basandosi su queste percentuali, i ricercatori hanno concluso che il 13 per cento degli intervistati vada considerato come "fondamentalista religioso" (18 per cento della prima generazione, 9 per cento della seconda e terza). Anche se questi numeri possono sembrare insignificanti, il 13 per cento dei tre milioni di turchi che vivono in Germania ammonta a quasi 400.000 fondamentalisti islamici, molti dei quali pensano che la violenza sia un mezzo accettabile per diffondere l'Islam.
I risultati della ricerca rispecchiano quelli di altri studi, che mostrano che i migranti turchi sono poco integrati nella società tedesca.
Nel 2012, uno studio di 103 pagine dal titolo "La vita e i valori dei turchi tedeschi" (Deutsch-Türkische Lebens- und Wertewelten) ha rilevato che solo il 15 per cento dei turchi considerava la Germania come la propria patria. Tra gli altri risultati:
- Quasi la metà (46 per cento) dei turchi era d'accordo con l'affermazione: "Spero che in futuro ci saranno più musulmani che cristiani che vivono in Germania"; più della metà (55 per cento) ha detto che la Germania dovrebbe costruire più moschee.
- Secondo il 72 per cento dei rispondenti, "l'Islam è la sola, vera religione"; il 18 per cento ha detto che "gli ebrei sono inferiori ai musulmani" e il 10 per cento che "lo sono i cristiani".
- Il 63 per cento dei turchi tra 15 e i 29 anni si è detto a favore di una campagna salafita volta a distribuire una copia del Corano in ogni casa; e il 36 per cento si è detto disposto a sostenere finanziariamente l'iniziativa.
- Per il 95 per cento degli interpellati era assolutamente necessario preservare la propria identità turca; per l'87 per cento i tedeschi dovrebbero adoperarsi di più per essere rispettosi degli usi e costumi turchi.
- Il 62 per cento degli intervistati ha dichiarato di preferire avere attorno turchi che tedeschi; solo il 39 per cento dei turchi pensava che i tedeschi fossero affidabili.
Dalla ricerca è anche emerso che la migrazione economica non è più il principale motivo per il quale i turchi emigrano in Germania: la ragione più importante è quella di sposare un partner che vive lì.
C'è poi una nuova indagine statistica della Germania – Datenreport 2016: Rapporto sociale della Repubblica federale di Germania (Datenreport 2016: Sozial-bericht für die Bundesrepublik Deutschland) – che mostra che i turchi che vivono in Germania a livello economico e culturale hanno meno successo rispetto ad altri gruppi di immigrati.
Il rapporto, realizzato dall'istituto statistico tedesco Destatis, in collaborazione con vari think thank tedeschi, mostra che più di un terzo (36 per cento) di turchi vive al di sotto della soglia di povertà, rispetto al 25 per cento dei migranti provenienti dai Balcani e dall'Europa sud-occidentale (Spagna e Portogallo). Il reddito medio delle famiglie turche è di 1.242 euro al mese (1.400 dollari) contro 1.486 euro (1.700 dollari) dei migranti non turchi e i 1.730 delle famiglie tedesche.
Solo il 5 per cento dei turchi tedeschi guadagna più del 150 per cento del reddito tedesco medio, contro il 21 per cento dei migranti provenienti dall'Europa orientale, il 18 per cento dall'Europa meridionale e l'11 per cento dai Balcani.
Il report mostra anche che i turchi hanno un livello di istruzione inferiore rispetto ad altri gruppi di migranti in Germania. Solo il 60 per cento dei turchi tedeschi completa la scuola secondaria (Hauptschulabschluss), contro l'85 per cento dei migranti provenienti dall'Europa dell'Est. Inoltre, solo l'8 per cento dei turchi di età compresa tra i 17 e i 45 anni consegue una laurea, contro il 30 per cento dei migranti dell'Europa orientale. Secondo il rapporto, l'istruzione è un fattore determinante per l'integrazione nella società.
I multiculturalisti tedeschi spesso incolpano gli stessi tedeschi della mancanza di integrazione dei turchi. Scrivendo per Die Welt, l'economista Thomas Straubhaar sostiene che la maggior parte dei tedeschi considera i turchi come ospiti e non come connazionali, un atteggiamento che scoraggia l'integrazione:
"I turchi che vivono in Germania sono essenzialmente trattati come ospiti – da qui la polemica sul fatto se la loro fede appartenga o no alla Germania. La loro immigrazione è considerata temporanea. Il loro contributo alla cultura tedesca è visto in modo negativo.
"Chi tratta i migranti come ospiti non dovrebbe poi mostrarsi sorpreso quando si comportano come tali. Non ci si dovrebbe aspettare che gli ospiti siano devoti al padrone di casa, né che quest'ultimo si senta obbligato a mostrare irrevocabile fiducia nell'ospite.
"Gli ospiti non saranno disposti a giocare a carte scoperte con il paese ospite e assumersi la piena responsabilità dell'integrazione. Gli ospiti danno per scontato che prima o poi devono tornarsene a casa. In tutto quello che fanno, essi non perderanno mai di vista la loro condizione di ospiti e non si impegneranno a fondo. Questo vale per la lingua, la cultura, le amicizie, i contatti sociali e la carriera professionale".
Altri ribattono che chi si comporta da straniero non dovrebbe sorprendersi se viene trattato come tale. Secondo il sociologo Ruud Koopmans, uno dei fattori più determinanti per il successo dell'integrazione riguarda il divario culturale tra l'ospite e il padrone di casa. Quanto maggiore è la distanza, tanto maggiore è la sfida dell'integrazione.
In una recente intervista a WirtschaftsWoche, Koopmans ha criticato i multiculturalisti che per ragioni normative insistono a dire che la cultura e la religione non vanno incluse nel dibattito sull'integrazione:
"In tutti i paesi europei, gli immigrati musulmani rimangono indietro rispetto agli altri gruppi di immigrati in quasi ogni aspetto dell'integrazione. Questo vale per il mercato del lavoro, ma anche per il livello di istruzione, i contatti interetnici, ossia i contatti con la popolazione locale, e l'identificazione con il paese di residenza.
"Tre fattori decisivi determinano la distanza culturale: le competenze linguistiche, i contatti interetnici – soprattutto quelli che riguardano il matrimonio – e i valori sul ruolo delle donne. Tutti hanno qualcosa a che fare con la religione. Questo ovviamente vale in particolare per le idee sul ruolo delle donne, che derivano direttamente dalla religione islamica. Maggiore è la distanza culturale fra i gruppi – soprattutto quando ci sono tabù culturali – più complicati diventano i matrimoni interetnici. Tali tabù impediscono a un musulmano, e in particolare alle le donne musulmane, di sposare un partner non musulmano. Le statistiche diffuse da vari paesi europei mostrano che meno del dieci per cento dei matrimoni musulmani è interetnico".
Detlef Pollack, l'autore dello studio dell'Università di Münster prima citato, attribuisce la causa della mancata integrazione dei turchi alla discriminazione: "Il messaggio alla maggioranza della popolazione tedesca è che dovremmo essere più sensibili ai problemi incontrati dai turchi residenti nel paese", egli ha detto alla Deutsche Welle. "A nostro avviso, la sensazione di non essere accettati si esprime nella difesa appassionata dell'Islam".
Koopmans rifiuta il legame tra discriminazione e radicalizzazione:
"Questa è un'affermazione molto comune. Ma è sbagliata. Nel nostro ampio studio abbiamo chiesto ai musulmani quanto si sentano discriminati e abbiamo cercato correlazioni con lo sviluppo di una visione fondamentalista. Ma non ce ne sono. L'odio musulmano dei non musulmani non è un fenomeno specifico dell'immigrazione islamica, ma di fatto è più acceso nei paesi d'origine. La radicalizzazione non è prodotta innanzitutto qui in Europa, piuttosto proviene dal mondo musulmano".
Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York. È anche senior fellow per la politica europea del Grupo de Estudios estratégicos/Strategic Studies Group che ha sede a Madrid. Seguitelo su Facebook e Twitter. Il suo primo libro, Global Fire, uscirà nel 2016.