Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha lanciato un'iniziativa per formare una "forza araba congiunta" allo scopo di contrastare la crescente minaccia dell'Islam radicale, soprattutto a seguito delle recenti atrocità perpetrate dal gruppo terroristico dello Stato islamico contro 21 copti egiziani, in Libia.
Tuttavia, perché un'iniziativa del genere abbia successo, è necessario anche il sostegno degli Stati Uniti, dell'Unione Europea e di altre parti internazionali.
Ma la sensazione generale al Cairo e nelle altre capitali arabe è che gli Stati Uniti e il mondo occidentale non fanno sul serio quando si tratta di affrontare la minaccia dell'Iran, dello Stato islamico o di altri gruppi terroristici in Medio Oriente.
Nel mondo arabo c'è una crescente preoccupazione, in particolare nei paesi del Golfo Persico, riguardo all'indifferenza mostrata da Washington e dalle capitali europee verso la minaccia iraniana alla stabilità del Medio Oriente.
Come ha osservato questa settimana il quotidiano egiziano Al-Ahram:
"Non solo l'Iran ha occupato tre isole degli Emirati Arabi Uniti, ma ora assedia i paesi del Golfo e cerca di creare una nuova realtà per spingere i suoi sostenitori Houthi, in Yemen ad assumere il controllo del paese e appoggiare i suoi sostenitori nel Bahrein nell'intento di destabilizzare il paese, oltre a quello che già sta facendo in Libano, in Siria e in Iraq. Si aggiunga a questo il terrorismo dei gruppi radicali che infiammano diverse aree della regione".
All'inizio di questa settimana, Sisi è volato a Riad per colloqui urgenti con il sovrano saudita Salman bin Abdulaziz sui recenti sviluppi regionali e internazionali.
Il principale obiettivo della visita del presidente egiziano in Arabia Saudita era quello di assicurarsi l'appoggio al suo piano di creare una "forza araba congiunta" per affrontare le minacce dell'Islam radicale e dell'Iran. L'iniziativa di al-Sisi riflette la crescente delusione araba per il comportamento dell'amministrazione americana e dei suoi alleati occidentali.
Ciò che Sisi in realtà intende dire è che l'Egitto e gli altri paesi arabi non possono più contare sulle potenze occidentali per fronteggiare le minacce e le sfide poste dall'Iran e dall'Islam radicale. In un certo senso, si tratta di una mozione araba di sfiducia nei confronti dell'amministrazione americana e delle potenze occidentali.
Alla vigilia della sua visita in Arabia Saudita, il presidente egiziano aveva detto che l'idea di creare una forza araba era nata per preservare la sicurezza e la stabilità dei paesi arabi. "Quando si parla di una forza araba congiunta, non si intende per attaccare ma per difendere la sicurezza dei nostri paesi", egli ha spiegato. "È importante, alla luce dei pericoli e delle minacce."
Sisi ha detto di credere che la sua iniziativa otterrà l'appoggio dell'Arabia Saudita, degli Emirati Arabi Uniti, del Kuwait e della Giordania. "Non si può dire nulla di negativo riguardo alla nostra idea perché non è diretta contro nessuno e il suo obiettivo non è l'espansione né l'invasione".
L'iniziativa prende corpo dopo che è giunta notizia dell'esistenza di diversi punti di vista tra il Cairo e Washington sulla necessità di mettere a punto una strategia per combattere il terrorismo.
Secondo l'analista politico Ahmed Eleiba, la recente conferenza di Washington dedicata alla lotta contro l'estremismo violento e alla quale hanno partecipato 60 paesi
"non è andata come si aspettavano i rappresentanti dell'Egitto. (...) La conferenza non ha dato vita a una strategia globale sul terrorismo, ma è servita a sottolineare le differenze esistenti tra i vari punti di vista, soprattutto quelli del Cairo e di Washington".
Eleiba ha citato Gamal Abdel Gawad, un docente di Scienze politiche all'Università americana del Cairo, che ha detto di aver rilevato una netta divergenza di opinione tra l'Egitto e gli Stati Uniti:
"Gli Stati Uniti considerano ancora l'Islam politico come un attore legittimo e presente, e non come sinonimo di estremismo. L'amministrazione americana opera anche una distinzione tra islamisti estremisti e islamisti moderati e ritiene che i moderati possono efficacemente essere integrati nella politica come parte di un sistema politico accettabile. I funzionari statunitensi ritengono che l'integrazione delle correnti dell'Islam politico, comprese quelle sospettate di estremismo, nella vita politica potrebbe essere benefica."
Eleiba ha concluso che "con o senza l'aiuto dell'Occidente, il Cairo ha una strategia contro il terrorismo e un piano di azione articolato".
L'iniziativa del presidente Sisi mostra che gli arabi e i musulmani moderati hanno finalmente deciso di prendere in mano la situazione e di smettere di fare affidamento sugli Stati Uniti e sulle potenze occidentali quando si tratta di combattere l'Islam radicale e la minaccia iraniana.
Eppure, Sisi e i suoi alleati arabi e musulmani sono ben consapevoli che senza il pieno sostegno della comunità internazionale "la forza araba congiunta" non sarebbe in grado di avere successo.
Non ci si aspetta un sostegno all'idea da parte dell'amministrazione americana, che ritiene che i Fratelli musulmani siano un attore legittimo e moderato. Piuttosto, Sisi e i suoi alleati sperano che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e alcuni paesi dell'Unione Europea approvino l'idea.
Questa è la prima volta in decenni che gli arabi parlano di formare una loro forza militare per combattere il terrorismo. Fino ad oggi, la maggior parte dei paesi arabi ha creduto che l'Islam radicale e l'Iran costituissero la più grande minaccia per l'Occidente.
Grazie al nuovo e coraggioso approccio del presidente Sisi c'è la possibilità concreta che gli arabi assumeranno la guida nella lotta contro gli estremisti e i terroristi che continuano a commettere atrocità in un certo numero di paesi arabi. Per la prima volta, i paesi arabi non chiedono all'Occidente di venirli a difenderli dalle atrocità perpetrate dai loro fratelli arabi e musulmani. Si tratta di un'evoluzione che va accolta con favore e sostenuta dagli Stati Uniti e dal resto della comunità internazionale.