Le recenti notizie diffuse dalla stampa descrivono negativamente i tentativi curdi di rivendicare le terre perse a causa della politica di "arabizzazione" di Saddam Hussein, che prevedeva anche la pulizia etnica contro i curdi nei vari governatorati, distretti e sotto-distretti iracheni.
Un recente articolo di Newsweek ha focalizzato l'attenzione sull'offensiva lanciata a gennaio dalle forze peshmerga curde, appoggiate dalla forza aerea della coalizione guidata dagli Stati Uniti, che ha portato alla conquista di un'area di 300 miglia quadrate. Questo territorio era in precedenza sotto il controllo del cosiddetto Stato islamico e comprendeva molte aree dalle quali le famiglie curde furono costrette a emigrare, dopo essere state espropriate delle loro terre, dal regime di Saddam.
Un altro articolo pubblicato da al-Monitor è stato molto critico verso il Governo Regionale del Kurdistan. Il pezzo denuncia le presunte politiche di espansionismo territoriale del KRG, di privazione dei diritti civili degli arabi sunniti, di spostamento coattivo della popolazione e di land grabbing. L'articolo mostra un orientamento decisamente a favore degli iracheni sunniti. Si citano le parole di Ahmed al-Jabouri, membro dell'Assemblea nazionale irachena, che accusa le forze peshmerga curde di aver distrutto 700 abitazioni arabe a Jalawla, cittadina nel distretto di Khanaqin appartenente al governatorato di Diyala, lungo il confine tra l'Iran e l'Iraq.
La posizione anticurda assunta da questi due articoli ritrae il KRG come chi sfrutta l'aiuto occidentale per aumentare unilateralmente il proprio potere, in opposizione al governo centrale di Baghdad. Il pezzo di Newsweek cita un alto funzionario federale curdo che, parlando delle aree curde sottratte allo Stato islamico, dice: "Non potremo mai lasciare che gli arabi tornino a governarle".
Inoltre, entrambi gli scritti sostengono che queste "conquiste territoriali" sono principalmente destinate a soddisfare i desideri curdi di avere uno Stato indipendente. Ma nessuno degli articoli si occupa delle politiche di arabizzazione perseguite dal regime di Saddam Hussein. I programmi di arabizzazione furono progettati per negare l'influenza curda nelle aree dove sono situati i giacimenti di petrolio e miravano a ridurre il territorio curdo e a mantenere asservito il Kurdistan iracheno. La politica di arabizzazione prevedeva: la totale confisca delle terre curde; il trasferimento delle tribù arabe sunnite, compresi i palestinesi, nelle regioni abitate dai curdi; la manipolazione amministrativa dei confini per assicurare maggioranze sunnite nelle zone ricche di petrolio e fertili a livello agricolo; e l'erogazione di prestiti alle tribù arabe sunnite.[1]
Fonte dell'immagine: United Nations Iraq. |
I dati dei censimenti dimostrano un progressivo declino nelle statistiche demografiche effettuate nel corso dei decenni di governo di Saddam Hussein. A Jalawla, nella provincia di Diyala, ad esempio, la popolazione curda ha subito un calo passando dal 37,8 per cento nel 1965 al 19,8 per cento nel 1977, a causa delle politiche di arabizzazione.[2] Inoltre, nel 1996, il regime disaccoppiò il territorio dominato dai curdi del distretto di Makhmour dal Kurdistan iracheno, riducendo così ulteriormente il territorio amministrato dai curdi. I progetti di arabizzazione hanno anche ridotto la popolazione curda nel governatorato ricco di petrolio di Kirkuk, privando i curdi delle loro terre e dandole alle famiglie arabe e alle tribù fedeli al regime.
La politica di arabizzazione di Saddam Hussein continuò per decenni e portò a una diminuzione pronunciata delle popolazioni curde nelle aree di recente riconquistate dalle forze peshmerga curde. Dal punto di vista curdo, l'incorporazione di queste terre nel Kurdistan iracheno è una restituzione e non una "conquista territoriale". Per i curdi, non si tratta di espansionismo, ma di riequilibrare i piatti della bilancia della giustizia.
Baghdad ha reagito rifiutandosi di fornire le armi occidentali destinate alle unità militari curde che combattono i terroristi dello Stato islamico. Questo schema vanifica gli aiuti occidentali alle forze peshmerga curde come pure al KRG, a Erbil.
Secondo i ministri del Governo Regionale del Kurdistan (GRK), Baghdad non vuole che i curdi posseggano armi pesanti perché ciò renderebbe più difficile ogni tentativo da parte del governo centrale iracheno di costringere il Kurdistan iracheno a rimanere dentro l'Iraq.
Inoltre, Baghdad potrebbe pensare che la forza aerea alleata e le truppe di terra dei peshmerga curdi saranno sufficienti per tenere a bada lo Stato islamico o anche per respingere i terroristi. È anche difficile che il governo centrale iracheno ignori la tentazione di farlo solo per tenersi stretto il materiale prezioso.
I responsabili politici americani e i portavoce dell'amministrazione hanno precisato che Washington preferisce che l'Iraq rimanga unito e pertanto si oppone a uno Stato curdo indipendente. Sembra che Washington e Baghdad potrebbero fare pressioni sul KRG affinché rimanga sotto il controllo di Baghdad, anche se è solo in un contesto federale.
Gli Stati Uniti ritengono evidentemente che la secessione del Kurdistan dall'Iraq porterà alla disintegrazione dell'intero Stato iracheno. Washington pensa anche che la secessione dai curdi porterebbe al dominio da parte dell'Iran delle province sciite dell'Iraq e alla radicalizzazione delle regioni sunnite del paese.
Tuttavia, nonostante l'opposizione combinata degli elementi pro-sunniti in Iraq, del governo centrale di Baghdad dominato dagli sciiti e dei funzionari del Dipartimento di Stato americano che vogliono tenere in piedi il teatrino di un Iraq unito, la marcia curda verso un eventuale Stato indipendente sembra essere determinata.
Di conseguenza, una volta che lo Stato islamico sarà sconfitto, la lotta a lungo rinviata tra l'Iraq e i curdi ricomincerà. A meno che l'Iran, che ora sta combattendo con lo Stato islamico nel paese, non prenderà prima il sopravvento.
Lawrence A. Franklin è stato il responsabile del desk per gli affari iraniani per il segretario alla Difesa Rumsfeld. Egli ha servito anche nell'esercito statunitense ed è stato colonnello dell'Air Force Reserve e attaché militare in Israele.
[1] "Report on the Administrative Changes in Kirkuk and the Disputed Regions", by Dr. Mohammed Ihsan, Ministry of Extra Regional Affairs, KEG, Erbil. December 2014.
[2] Ibid., pp.46-47, tavole 15 e 16.