Esiste un tacito presupposto razzista che sottende alla spinta di creare uno Stato arabo palestinese separato e all'idea che a nessun ebreo dovrebbe essere consentito di vivere lì. Presumibilmente, questo è il motivo per cui ogni terra ora abitata dagli ebrei in Cisgiordania è chiamata "insediamento". Si suppone così che quell'intera area sia una colonia illegale.
Una mappa della Palestina pubblicata in un atlante del 1890 di John Y. Huber & Co. di Philadelphia (cliccare per ingrandirla). |
Ma non tutti sanno che seppur gli ebrei vivano in quella regione – chiamata Giudea – da quasi 4.000 anni, per molti musulmani, l'intero Stato di Israele, e non solo la Cisgiordania, è considerato un "insediamento illegale". Si guardi qualsiasi mappa della "Palestina". È proprio questa opinione la vera fonte della disputa. La vera disputa non riguarda uno "Stato della Palestina", ma chi ha diritto all'intera area. Questo è anche il motivo per cui i negoziatori palestinesi non firmeranno mai un accordo che segni "la fine del conflitto". Come abbiamo visto nel caso della Siria e dell'Iraq, i "confini ufficiali", che annoverano anche "i confini antecedenti al 1967", non hanno ormai importanza.
Inoltre, l'Autorità palestinese (Ap) – Fatah di Mahmoud Abbas e Hamas – continua a inculcare alla prossima generazione di arabi palestinesi l'idea che Israele è destinato a scomparire. L'Ap continua a parlare di un mondo senza Israele e di un futuro senza di esso – una visione espressa inizialmente nel Programma in dieci punti elaborato nel 1974 dall'Organizzazione per la liberazione della Palestina, noto come "Piano a fasi". Il suo obiettivo dichiarato – mai vanificato – è "la liberazione della Palestina". Questo va fatto gradualmente, secondo una "tattica del salame", grazie alla quale ogni terreno conquistato deve essere utilizzato come base avanzata da cui prendere il resto.[i]
Hamas, con cui l'Ap si è ora schierata in un "governo di unità", va oltre il Piano graduale. Il movimento islamista nel suo Statuto non solo persegue l'obiettivo di eliminare Israele, ma anche di uccidere gli ebrei di tutto il mondo, invocando il genocidio. Anche quest'intento non è mai stato vanificato.
La fraudolenta farsa diplomatica in corso negli Stati Uniti e in Europa, che considera gli arabi palestinesi come fossero le sole vittime, ignora la realtà storica che una rivendicazione ebraica di questi territori è altrettanto valida, se non di più.
Non sono gli ebrei né gli israeliani che rifiutano la pace; essi hanno firmato un accordo, ancora in vigore, con la Giordania e l'Egitto, e hanno offerto ai palestinesi un'opportunità dopo l'altra di fare lo stesso.
Furono gli arabi e i musulmani a respingere il Piano di spartizione offerto loro nel 1947.[ii] Furono gli arabi e i musulmani che attaccarono Israele il giorno della sua creazione – e anche dopo – ma vennero sconfitti.[iii] La linea armistiziale del 1949 – dove si fermò il combattimento – è ora indicata come il nuovo confine cui Israele deve presumibilmente ritirarsi.
E adesso essi stanno per essere ricompensati per l'aggressione?
Ci sono quasi due milioni di arabi che vivono in Israele che godono di pieni e pari diritti. Paradossalmente, essi godono di maggiori diritti rispetto a quelli di cui godrebbero se vivessero in altri paesi della regione, compreso il fatto che siedono nella Knesset, il Parlamento di Israele, da cui molti di loro criticano liberamente e ad alta voce lo Stato ebraico, di continuo. In molti paesi islamici, i non musulmani non godono della piena cittadinanza. In parecchi paesi musulmani, le minoranze sono trattate, nella migliore delle ipotesi, come dhimmi ossia i loro membri sono "tollerati" e considerati cittadini di seconda classe, che devono pagare un tributo (jizya) per vivere secondo i capricci dei loro governanti musulmani.[iv]
Da anni esiste un movimento silenzioso – uno stratagemma diplomatico – secondo il quale "Israele" può esistere come Stato musulmano, in cui gli ebrei vivrebbero come dhimmi. Lo stesso piano probabilmente riguarda molti musulmani che intendono governare i cattolici in alcune zone della Spagna. Gli ebrei non hanno affatto accolto con entusiasmo l'idea di essere trattati come dhimmi nella loro terra biblica.
Per proteggere Israele da una simile manovra, alcuni israeliani suggeriscono che la Knesset approvi una legge secondo la quale Israele sia dichiarato ufficialmente uno Stato ebraico – proprio come l'Iran, il Pakistan e l'Afghanistan sono ufficialmente degli Stati islamici, e l'Inghilterra è ufficialmente un paese cristiano anglicano. Ma a differenza dei leader iraniani o inglesi, chi ha suggerito che Israele sia dichiarato ufficialmente uno Stato ebraico è stato tacciato di razzismo.
E allora c'è da chiedersi: perché due pesi e due misure?
Se una serie di elementi provano che ogni territorio che verrebbe ceduto oggi da Israele sarebbe "appetibile" per i terroristi dell'estremismo islamico, occorre rilevare anche l'esistenza di un altro movimento diplomatico, sorto in seno a certe correnti europee, favorevole all'obiettivo dei palestinesi di avere un loro Stato. Probabilmente, questi europei non si preoccupano del fatto che questo Stato sia governato da terroristi islamisti come Hamas, o da altri terroristi ben peggiori di quest'ultimo, come l'Isis. Probabilmente, questi europei non si preoccupano nemmeno del fatto che la leadership di questo Stato continui a essere repressiva, anarchica e dispotica – indifferente ai diritti umani, al rispetto della legge e fautrice del genocidio. E questi europei pensano davvero di essere così buoni e probi?
Finora, tutti i progressi diplomatici compiuti a favore della nascita di uno Stato palestinese separato consistono nell'avallo ipocrita e non vincolante dato da alcuni parlamenti dei paesi membri dell'Unione Europea, come la Svezia, l'Irlanda e la Francia.
Tale mossa è in netto contrasto con gli stessi accordi internazionali delle Nazioni Unite – siglati da tutte le parti, ai sensi del diritto internazionale. Essi affermano che il conflitto israelo-palestinese va risolto solo attraverso negoziati diretti.
Il mancato rispetto decennale da parte delle Nazioni Unite dei suoi stessi accordi diplomatici ha creato un'opportunità per i palestinesi di fabbricare una falsa narrazione. Inoltre, l'ONU si è arrogata la pretesa interamente falsa di legittimare la creazione di un altro Stato arabo.
Non attenendosi al diritto internazionale, le Nazioni Unite ne sono i principali violatori.
Le conferenze e i trattati internazionalmente vincolanti, successivi alla Prima guerra mondiale, come pure il "sistema dei mandati" concesso dalla Società della Nazioni, non menzionano affatto la possibilità di cedere agli arabi porzioni di terra della Palestina. Al contrario, tutti questi documenti internazionali delineano che il nuovo Stato che emergerebbe dal conferimento dell'incarico (Mandato) di governare la Palestina al Regno Unito sarebbe una "Patria nazionale ebraica". Inoltre, questa Patria nazionale ebraica era anche considerata come la terra storicamente riconosciuta dell'Israele biblico, che comprendeva la Giudea e la Samaria, le quali oggi sono spesso definite "la sponda occidentale" del fiume Giordano.
Questi documenti non contengono ambiguità e contro-narrazioni che attestino il contrario. Infatti, nel 1922, il presidente Calvin Coolidge affermò in modo entusiasta che la politica statunitense doveva riconoscere la possibilità dell'esistenza di un futuro stato per il popolo ebraico affermando il suo sostegno a una Risoluzione congiunta del Congresso che appoggiava la Dichiarazione Balfour.[v] Non c'è mai stata alcuna sfida alla realtà storica che Gerusalemme è sempre stata la capitale di Israele, ed esclusivamente e interamente in seno alla terra di Israele.
Questa giustapposizione di impegni storici certificati a livello internazionale, documentati legalmente, contrapposti all'attuale narrazione palestinese che ritiene che i palestinesi siano "vittime dell'occupazione" è semplicemente un esempio estremo di "revisionismo storico", una specialità del Cremlino. A meno che questa falsa narrazione non venga smascherata, la futura sostenibilità del diritto internazionale – e il rinnovo dei finanziamenti americani all'Onu – dovrebbe essere messa seriamente in discussione.
[i] L'Organizzazione per la liberazione della Palestina, in seno alla 12esima sessione del Consiglio nazionale palestinese tenutasi a Cairo nel 1974, presentò il "Piano in 10 punti", chiamato "Piano a fasi" o "strategia del salame" perché volto a perseguire un processo diretto a sottrarre gradualmente a Israele tutto il suo territorio con qualunque mezzo.
[ii] Il segretario generale della Lega Araba Abdul Rahman Azzam (Azzam Pasha) rifiutò di accettare il Piano di spartizione del 1947 delle Nazioni Unite.
[iii] Israele ha detto ripetutamente che ogni arabo rimasto sarebbe stato ben accetto, prova ne è che oggi circa due milioni di arabi vivono all'interno dei confini dello Stato di Israele.
[iv] Dhimmitude: Jews and Christians under Muslim Rule, by Bat Ye'or, 1985.
[v] La risoluzione è stata in seguito approvata da 37governatori.