
Dall'invasione di Israele da parte di Hamas, il 7 ottobre 2023, i media internazionali, le organizzazioni umanitarie e le agenzie affiliate alle Nazioni Unite hanno incessantemente promosso una delle accuse di sangue più dannose della storia: quella secondo cui Israele starebbe deliberatamente affamando la popolazione della Striscia di Gaza. Titolo dopo titolo, e attraverso rapporti "ufficiali" delle Nazioni Unite e immagini virali, al mondo è stato detto che Gaza è sull'orlo della carestia, o che la carestia è già in corso. Tuttavia, questi avvertimenti, proclamati a gran voce, non si sono concretizzati.
Dietro questa narrazione si cela una strategia calcolata: la strumentalizzazione della sofferenza umanitaria, orchestrata da Hamas, l'entità che controlla Gaza e la sua distribuzione di aiuti umanitari, e amplificata da complici compiacenti nel sistema delle Nazioni Unite e nei media mondiali. L'obiettivo non è quello di dire la verità, ma diffamare Israele, suscitare la condanna internazionale e proteggere Hamas dalle sue responsabilità.
Una cronologia dei falsi allarmi di carestia
A partire dalla fine del 2023, diverse agenzie delle Nazioni Unite, l'Integrated Food Security Phase Classification (IPC) e la Famine Early Warning Systems Network (FEWS NET) hanno iniziato a lanciare allarmi sempre più preoccupanti sulla situazione alimentare di Gaza. Nel dicembre 2023, l'IPC avanzò una previsione secondo cui Gaza avrebbe affrontato un "rischio di carestia" se il conflitto e le condizioni di accesso non fossero migliorati.
Secondo quel rapporto, già allora "oltre il 15 per cento (378 mila persone) dei gazawi si trovava nella catastrofica Fase 5 dell'IP", la fase di insicurezza alimentare che si qualifica come "carestia".
La Fase 5 è la più grave del sistema di classificazione dell'IPC. Uno dei criteri che definiscono le condizioni di carestia nella Fase 5 è "un bambino su tre affetto da malnutrizione acuta e due persone che muoiono al giorno ogni 10 mila abitanti", a causa della fame. In altre parole, a questo punto si sarebbero dovute verificare 75 morti al giorno per carestia a Gaza.
Alla fine di febbraio 2024, l'ONU diffuse un comunicato stampa in cui dichiarava: "I funzionari umanitari dicono al Consiglio di Sicurezza che la carestia è imminente a Gaza". Questa dichiarazione segnalava anche un aumento del numero di abitanti di Gaza colpiti: "Almeno 576 mila persone a Gaza, un quarto della popolazione, sono 'a un passo dalla carestia'".
Poi, nel marzo 2024, l'IPC e FEWS NET dichiararono nuovamente che la carestia era "imminente" nel nord di Gaza, aumentando ancora una volta il numero di abitanti di Gaza a rischio. La CNN riportò: "La carestia nel nord di Gaza è imminente, poiché oltre 1 milione di persone affrontano livelli di fame 'catastrofici', avverte un nuovo rapporto". Fondamentalmente, il report dell'IPC pubblicato nel marzo 2024 stimava, al 15 febbraio, a 677 mila il numero di abitanti di Gaza in condizioni di carestia di Fase 5. In base ai criteri di questa classificazione, questo avrebbe portato le morti giornaliere per fame a 135.
Tuttavia, quando sono arrivati i dati di follow-up, questi allarmi sono stati vanificati. Secondo i dati del "Ministero della Salute" di Hamas, citati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nei nove mesi che vanno tra il 7 ottobre 2023 e il 6 giugno 2024 si sono verificati in totale 32 decessi per malnutrizione, a Gaza. Uno studio di UK Lawyers for Israel (UKLFI), pubblicato nel febbraio 2025, ha rivelato che anche questi decessi erano in gran parte attribuibili a infezioni intestinali, non alla fame.
Di fatto, nonostante i titoli dei media contrari, il numero complessivo di morti per fame e malnutrizione riportato dal "Ministero della Salute" di Hamas tra ottobre 2023 e fine giugno 2025 era ancora inferiore a 100, meno del totale previsto per un singolo giorno, se la classificazione di Fase 5 dell'IPC fosse stata accurata. Se le previsioni dell'IPC fossero state confermate, ci sarebbero state decine di migliaia di morti per fame nel solo 2024.
Nell'aprile 2024, le Nazioni Unite e il Programma Alimentare Mondiale (WFP) lanciarono terribili avvertimenti. "Ci stiamo avvicinando di giorno in giorno a una situazione di carestia", dichiarò Gian Carlo Cirri, direttore del WFP a Ginevra. "Ci sono prove ragionevoli che tutte e tre le soglie di carestia (insicurezza alimentare, malnutrizione, mortalità) saranno superate nelle prossime sei settimane".
Questo schema è continuato. Nel maggio 2024, i dati del governo israeliano contraddicevano direttamente le affermazioni dell'IPC. Nel giugno e luglio 2024, i media continuavano a parlare di un "elevato rischio di carestia", ma nessuno poteva fornire dati effettivi che dimostrassero che la carestia si fosse verificata. La carestia non è mai arrivata, ma i titoli continuavano a fioccare.
Dopo mesi di allarmi di carestia catastrofica "imminente" e "incombente", con cifre apparentemente ufficiali allegate a ogni previsione, alla fine del giugno 2024, l'IPC pubblicò un report intitolato "Comitato di Revisione della Carestia: Striscia di Gaza, giugno 2024 – Terzo rapporto di revisione dell'IPC". Il rapporto rilevava che le precedenti previsioni di carestia non erano plausibili, contraddicevano tutti i dati disponibili e si basavano su presupposti errati. Dopo mesi in cui i media di tutto il mondo avevano fatto eco ai terribili allarmi di carestia a Gaza, le conclusioni del "Comitato di Revisione della Carestia" vennero a malapena riportate dai media al di fuori di Israele.
Nonostante questo rapporto, e contemporaneamente ad esso, vennero lanciati moniti più insistenti. La CNN riferì all'epoca:
"Si prevede che circa mezzo milione di persone dovranno affrontare livelli catastrofici di fame, il livello più grave nella scala IPC (...), secondo il rapporto, il 96 per cento della popolazione di Gaza, più di due milioni di persone, dovrà affrontare livelli di crisi, emergenza o catastrofici di insicurezza alimentare almeno fino alla fine di settembre".
La CNN omise opportunamente il fatto che lo stesso rapporto ammetteva che tutte le precedenti previsioni di carestia si erano rivelate vane.
Non lasciandosi scoraggiare dai fatti, le Nazioni Unite e le agenzie collegate continuarono a lanciare avvertimenti di una carestia imminente. "Le scorte di cibo per Gaza diminuiscono mentre incombe la carestia, avverte l'ONU", titolava il Financial Times, il 16 agosto 2024.
Nel settembre 2024, Víctor Aguayo, Direttore per la Nutrizione Infantile dell'UNICEF, dichiarò ai giornalisti presso la sede delle Nazioni Unite a New York: "La situazione nutrizionale a Gaza è una delle più gravi che abbiamo mai visto". Tale dichiarazione venne pubblicata dall'ONU con il titolo di accompagnamento: "Il rischio di carestia è reale".
Poi, il 17 ottobre 2024, il WFP/IPC pubblicò un altro report in cui dichiarava che "Centinaia di migliaia di persone a Gaza rischiano la carestia quest'inverno".
Il mese successivo, il Guardian riportava che "un comitato di esperti sulla sicurezza alimentare globale", denominato Famine Review Committee, dichiarò che esiste una "forte probabilità che la carestia sia imminente in alcune zone" a nord della Striscia di Gaza.
Entro dicembre 2024, FEWS NET fu costretta a ritrattare parte delle sue previsioni simili, a causa di stime demografiche errate. Eppure, sui media non apparve alcuna smentita equivalente. Al contrario, il mondo si ritrovò con l'impressione che Israele stesse continuando a perseguire intenzionalmente politiche di carestia, nonostante le schiaccianti prove del contrario.
Dopo che a gennaio e febbraio scorsi sono arrivate a Gaza quantità di cibo senza precedenti, il sito web del WFP ha dichiarato che "l'ondata di aiuti inizia a salvare le persone dall'orlo della fame". Alla fine, ancora una volta non c'è più fame.
Nonostante il costante fallimento dei terribili allarmi sulla carestia, le dichiarazioni reiterate e i titoli apparsi per tutto il 2024 hanno fissato la narrazione nella mente del mondo: c'è carestia a Gaza. È significativo che gli allarmi siano sempre stati formulati in un linguaggio che consentiva una plausibile negazione. C'era sempre il "rischio" di una carestia "imminente" o "incombente", una carestia che semplicemente non è mai arrivata.
Il 29 luglio scorso, l'IPC ha inserito silenziosamente un nuovo asterisco nella sua "Gaza alert" che cambia i parametri per dichiarare lo stato di carestia, ossia abbassa al 15 per cento la soglia dei bambini che devono essere considerati malnutriti per ottenere la qualificazione di carestia, e per provarla introduce il parametro della misurazione della circonferenza media del braccio superiore (MUAC) se vi sono "prove di un rapido peggioramento dei fattori alla base", una misura vaga che lascia aperta una serie di possibilità per giustificare la dichiarazione dello stato di carestia. Questo cambiamento si discosta dalla soglia di carestia stabilita da tempo dall'IPC, definita tale quando il 30 per cento dei bambini soffre di malnutrizione acuta infantile misurata in base al rapporto peso/altezza (WHZ) o all'edema da denutrizione. Lo stesso allarme si basava su dati "interni" non pubblici per affermare che c'erano più di 20 mila ricoveri di bambini per malnutrizione acuta e almeno 16 morti infantili legate alla fame, numeri che gli estranei non possono verificare. Per perpetuare la narrazione della "carestia a Gaza", hanno spostato i paletti e nascosto le prove.
Dati che smontano la narrazione della carestia
Considerate le enormi quantità di cibo che sono entrate a Gaza, non dovrebbe sorprendere che non ci sia stata una vera e propria carestia. Secondo il Programma Alimentare Mondiale, per sostenere la popolazione stimata di Gaza di 2,1 milioni di persone sono necessarie circa 62 mila tonnellate di cibo al mese. Il Coordinatore delle Attività Governative nei Territori (COGAT), l'organismo israeliano che coordina gli affari civili a Gaza, ha monitorato meticolosamente i volumi degli aiuti alimentari e pubblicato rapporti trasparenti e dettagliati.
Da marzo a dicembre 2024, sono entrate a Gaza 788.216 tonnellate di aiuti alimentari, una media di 78.821 tonnellate al mese, oltre il 25 per cento in più rispetto alla soglia indicata dal WFP.
Il 19 gennaio 2025, un giorno prima dell'entrata in vigore del secondo cessate il fuoco per il rilascio degli ostaggi, le spedizioni di aiuti umanitari sono aumentate vertiginosamente. A gennaio, sono arrivate a Gaza 164.148 tonnellate di cibo, più del doppio della media mensile del 2024. A febbraio, invece, le spedizioni di aiuti alimentari sono state ancora più numerose, con ben 216.075 tonnellate.
Complessivamente, queste 380.223 tonnellate arrivate tra gennaio e febbraio 2025 sono state sufficienti a fornire cibo per cinque mesi, fino alla fine di maggio, agli stessi livelli dei dieci mesi precedenti. Utilizzando il fabbisogno del WFP di 62 mila tonnellate, il cibo di gennaio e febbraio è stato sufficiente per arrivare fino a giugno.
È importante sottolineare che queste cifre non sono stime. Si tratta di dati pubblicamente disponibili e verificabili, pubblicati dal COGAT e monitorati da agenzie internazionali.
Il 2 marzo 2025, con il fallimento dell'accordo di cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi, Israele ha smesso di consentire l'ingresso di aiuti a Gaza. Nonostante le ingenti quantità di cibo arrivate nella Striscia nei due mesi precedenti, nel giro di pochi giorni le rivendicazioni sulla carestia sono riprese. Già il 19 marzo, l'agenzia di stampa statale turca Anadolu titolava: "Gaza entra ufficialmente nella prima fase della carestia a causa del blocco israeliano".
Le Nazioni Unite non sono rimaste indietro. Il 25 aprile, il commissario generale dell'UNRWA Philippe Lazzarini ha dichiarato: "I bambini muoiono di fame a Gaza". E il 28 aprile, il sito web ufficiale dell'ONU ha dichiarato: "I cittadini di Gaza affrontano una crisi alimentare mentre il blocco degli aiuti si avvicina ai due mesi".
Poi, nel maggio scorso, la BBC ha riportato: "Gaza sottoposta a fame forzata, afferma un alto funzionario delle Nazioni Unite alla BBC".
Il 20 maggio, Tom Fletcher, capo dell'Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari delle Nazioni Unite, ha detto a BBC Radio che "ci sono 14 mila bambini che moriranno nelle prossime 48 ore, se non riusciremo a raggiungerli". Sebbene questa affermazione sia stata respinta dalle Nazioni Unite, il danno alla narrazione era ormai fatto.
Hamas: il vero ostacolo
Il cibo è entrato a Gaza, in quantità ben superiori al minimo necessario, quindi, perché c'era comunque fame? La risposta è semplice: Hamas ha trasformato il cibo in un'arma. Il gruppo terroristico che controlla Gaza ha sistematicamente bloccato, sottratto, saccheggiato, accumulato e rivenduto gli aiuti umanitari a prezzi esorbitanti.
Numerosi resoconti verificati, tra cui video e testimonianze di civili di Gaza, nonché ammissioni da parte di agenzie delle Nazioni Unite, dimostrano che Hamas e i suoi fornitori affiliati hanno sequestrato la stragrande maggioranza degli aiuti. I civili hanno riferito che il cibo veniva rivenduto a prezzi gonfiati o distribuito solo ai fedelissimi di Hamas. L'ONU ha ammesso che "quasi il 90 per cento" degli aiuti inviati a Gaza è stato "intercettato prima di raggiungere i destinatari previsti".
Una madre di Gaza ha dichiarato alla BBC: "Giuro di non aver visto nulla degli aiuti. Entrano a Gaza, ma la gente li ruba e spariscono". Non si tratta di un caso isolato. È la norma sotto il governo di Hamas. Eppure, le agenzie delle Nazioni Unite e i media continuano a dare la colpa a Israele, non all'entità che ruba gli aiuti.
Gli incentivi di Hamas a trafugare e a sottrarre il cibo alla popolazione civile sono molteplici. Principalmente, Hamas ha venduto il cibo che avrebbe dovuto essere distribuito gratuitamente ai civili, e questo per finanziare le proprie operazioni. Si stima che il gruppo abbia ricavato circa 500 milioni di dollari dalla vendita di aiuti umanitari rubati. L'accaparramento mantiene alti i prezzi limitando l'offerta disponibile per l'acquisto, un obiettivo chiave di questa tattica. I prezzi elevati sono anche necessari per il successo della guerra di informazione di Hamas. Senza carenza di cibo per strada, i prezzi diminuirebbero e ciò comprometterebbe la narrazione della fame.
La Gaza Humanitarian Foundation: una distribuzione efficace degli aiuti che Hamas non tollererà
Alla fine del maggio scorso, è stato inaugurato un nuovo sistema per la distribuzione degli aiuti: la Gaza Humanitarian Foundation (GHF). Con quattro sedi nel sud e nel centro della Striscia di Gaza, la GHF è un progetto americano che opera in stretto coordinamento con le autorità israeliane. Lo scopo di questa Ong è quello di consegnare aiuti alimentari direttamente alle singole famiglie di Gaza, aggirando le reti di distribuzione controllate da Hamas. La GHF opera con un elevato livello di trasparenza logistica, tracciando le consegne degli aiuti con codici a barre e GPS per garantire che il cibo raggiunga i destinatari previsti.
Secondo un report del I° agosto scorso di Andrew Fox della Henry Jackson Society, nel giro di poche settimane dall'inizio delle operazioni sul campo a Gaza, la GHF ha consegnato fino a 2,5 milioni di pasti al giorno direttamente ai civili di Gaza:
"A metà luglio, il numero complessivo di pasti consegnati ha superato i 52 milioni in circa 5-6 settimane e, alla fine di luglio, questa cifra era ancora più alta (GHF ha riferito che a fine luglio erano stati consegnati oltre 100 milioni di pasti)".
Il successo di questo modello, che aggira il controllo di Hamas, si è rivelato una minaccia non solo per il mantenimento degli aiuti umanitari nelle mani di Hamas sugli aiuti umanitari, ma anche per le agenzie delle Nazioni Unite che si erano dimostrate inefficaci nel garantire una distribuzione sicura e affidabile. "Allora, chi sta uccidendo?", ha chiesto l'ambasciatore statunitense in Israele Mike Huckabee, aggiungendo:
"È un'ottima domanda. Onestamente pensi che siano alcuni contractor statunitensi, o che siano le Forze di Difesa Israeliane a sparare alla gente. Oppure è Hamas (...) perché per loro è una questione di affari. Se riescono a impedire alla gente di ottenere cibo gratis, allora possono vendere il cibo che avrebbe dovuto essere distribuito gratuitamente. Questo è ciò di cui nessuno sembra voler parlare. Perché no?"
La GHF ha smascherato la falsità della narrazione secondo cui Israele sarebbe la causa della fame a Gaza.
Hamas ha risposto con minacce e poi con la violenza. Ha attaccato i centri di distribuzione e intimidito i beneficiari degli aiuti. La GHF è stata letteralmente attaccata da Hamas e da alcuni clan locali ad esso fedeli, arrivando persino ad assassinare gazawi che lavoravano per la Ong. Allo stesso tempo, le Nazioni Unite e le sue agenzie hanno lanciato una campagna di pressione internazionale su Israele affinché torni a distribuire gli aiuti solo attraverso gruppi legati all'ONU. In particolare, quando Hamas ha respinto un recente cessate il fuoco, dichiarando che una delle sue richieste per un accordo era il totale smantellamento della GHF.
Al contempo, è stata lanciata una campagna di disinformazione, con false affermazioni quasi quotidiane sui media internazionali secondo cui l'IDF starebbe sparando ai cittadini di Gaza che si recano ai siti di distribuzione della GHF, uccidendone alcuni. Esiste persino una pagina di Wikipedia non modificabile, titolata "Uccisioni durante la distribuzione di aiuti nella Striscia di Gaza nel 2025", che riporta come un dato di fatto:
"Dal 27 maggio 2025, nel mezzo di una carestia nella Striscia di Gaza, più di 1.965 civili palestinesi in cerca di aiuti sono stati uccisi e migliaia di altri sono rimasti feriti a Gaza, sotto il fuoco delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), di bande armate e di contractor assunti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF)".
Tra la fine di giugno e luglio scorsi, i media internazionali, tra cui la BBC e PBS, hanno amplificato le affermazioni dell'ex contractor della GHF Anthony "Tony" Aguilar, il quale sosteneva di aver assistito a "crimini di guerra" e all'uso indiscriminato della forza da parte dei soldati e dei contractor dell'IDF presso i siti di aiuti umanitari a Gaza. Ma la GHF ha prontamente reagito, affermando che Aguilar era stato licenziato il 13 giugno per scarso rendimento, comportamento irregolare e duri contrasti con il personale. La GHF lo ha altresì accusato di aver falsificato e retrodatato documenti a sostegno delle sue affermazioni. Queste accuse sono state riportate da organi di stampa come The Times of Israel, che ha descritto la presentazione da parte della GHF di prove basate sui metadati dei file come un modo per screditare il racconto di Aguilar. Indipendentemente dalla discutibile credibilità di Aguilar, i media tradizionali hanno riportato acriticamente la sua "testimonianza", come se si trattasse di un resoconto imparziale di un coraggioso informatore.
L'idea che l'IDF spari sui civili che raccolgono aiuti da un apparato che gli stessi israeliani hanno contribuito a realizzare è assolutamente ridicola. L'obiettivo strategico di Israele nel facilitare la distribuzione degli aiuti da parte della GHF è quello di separare le necessità quotidiane dei gazawi da quelle di Hamas e dalle aree sotto il suo controllo. Perché l'esercito israeliano dovrebbe attaccare i civili di Gaza che si recano nei centri di distribuzione?
Le segnalazioni quotidiane di morti nei siti di distribuzione degli aiuti dell'IDF provengono sempre dal personale degli ospedali controllati da Hamas o da testimonianze oculari non verificate. Non esiste ancora un solo video che mostri un incidente del genere, anche se di fatto ogni movimento compiuto a Gaza viene ripreso con uno smartphone e ampiamente condiviso. Se i soldati israeliani avessero davvero ucciso un solo civile in un sito di distribuzione di aiuti, ci sarebbero prove visive a sostegno di questa affermazione.
La trasformazione della fame in un'arma
Hamas esemplifica una tattica descritta dal colonnello John Spencer, titolare della cattedra di Studi sulla guerriglia urbana, a West Point. "Quando un gruppo provoca la fame tra la propria popolazione", ha scritto di recente il colonnello a proposito di Hamas, "sta sfruttando quella privazione come un'arma per ottenere una leva politica e morale".
Alla fine del luglio scorso, è stato ampiamente riportato che quasi un migliaio di camion di aiuti alimentari, già autorizzati a entrare a Gaza, erano rimasti lì carichi e intatti, in attesa che contractor affiliati alle Nazioni Unite li ritirassero. La quantità di cibo esposta al sole era sufficiente a sfamare Gaza per settimane. Quando le agenzie delle Nazioni Unite hanno lamentato problemi logistici e di sicurezza nel ritiro degli aiuti, la GHF si è offerta di contribuire gratuitamente alla loro consegna alla popolazione. L'ONU ha rifiutato l'offerta.
La tattica di Hamas di affamare la popolazione civile di Gaza per ottenere vantaggi politici non dovrebbe sorprendere nessuno. Proprio come Hamas colloca lanciarazzi nelle scuole e immagazzina armi negli ospedali, così accumula cibo e ostacola gli aiuti umanitari, non malgrado le sofferenze che ciò provoca, ma proprio a causa di esse. Le notizie sui bambini affamati e sui prezzi esorbitanti dei generi alimentari nei mercati di Gaza hanno lo scopo di suscitare l'indignazione internazionale, non contro Hamas, ma contro Israele
Sfruttamento dei bambini malati per la propaganda
Forse l'aspetto più emotivamente manipolatorio della narrazione della fame è l'utilizzo di bambini malati nelle campagne mediatiche. Tre casi di alto profilo rivelano quanto queste rappresentazioni possano essere fuorvianti e orchestrate.
Il primo è il caso di Wateen Abu Amouna, riportato dalla BBC. Le foto mostravano il neonato avvolto in un sacco della spazzatura, con l'affermazione che non erano disponibili né pannolini né latte artificiale. Tuttavia, altri video mostrano lo stesso bambino alimentato con il biberon e con indosso i pannolini, mentre la madre appare in buona salute. Queste contraddizioni non sono mai state chiarite.
Poi c'è il caso di Osama al-Raqab. Il quotidiano italiano Il Fatto Quotidiano ha pubblicato in prima pagina una foto di quello che sembra un bambino gravemente malnutrito titolandola "Se questo è un bambino". L'articolo di accompagnamento includeva un'intervista a Francesca Albanese, "Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati". Albanese ha accusato il governo italiano di essere complice di quella che ha definito la "politica della fame" di Israele. È emerso che il bambino soffre di fibrosi cistica ed è in Italia per cure mediche dall'inizio di giugno. La foto, scattata ad aprile, è apparsa in prima pagina a fine luglio.
Il caso più celebre è quello di Mohammed al-Ma'touq, apparso sul New York Times. Ritratto come vittima della carestia, il bambino in realtà soffre di una grave malattia genetica. Una foto ben ritagliata del bimbo emaciato, tenuto amorevolmente tra le braccia della madre, che lo stringe a sé in uno scatto che rievoca le classiche rappresentazioni artistiche dell'iconografia della "pietà" cristiana, è diventata virale e ha creato l'immagine iconica della fame a Gaza, anche se la condizione del bambino non aveva nulla a che fare con la scarsità di cibo. In seguito, quando è trapelata la foto completa, non ritagliata, si è visto accanto a lui il fratello di Mohammed, dall'aspetto ben nutrito e in piena salute. Mentre il New York Times ha pubblicato l'ingannevole foto in prima pagina, vista da decine di milioni di persone, la "rettifica" che ammette l'errore è stata pubblicata solo sull'account @NYTimesPR X, che ha meno di 100 mila follower.
Il dottor John Borowski, medico umanitario che ha "lavorato in centri di rialimentazione nei campi profughi e negli ospedali rurali, in tempo di guerra e di pace, in Kenya, Uganda, Zimbabwe e India", di recente, ha rilevato che le reali condizioni di carestia sono radicalmente diverse da quelle osservate a Gaza. Nella sua esperienza sul campo, le carestie provocano "centinaia di bambini malnutriti", non casi isolati. Al contrario, le immagini provenienti da Gaza mostrano singoli bambini malati le cui condizioni sono più compatibili con malattie croniche, come paralisi cerebrale o cancro, che con la fame. Borowski aggiunge:
"Le foto standard di masse di bambini mostrano bimbi dall'aria triste e sporchi, ma per niente malnutriti. (Si può guardare la loro circonferenza media del braccio [MUAC] e vedere che è nella norma). Molti adulti sembrano addirittura sovrappeso, e di norma quando il cibo scarseggia tutti diventano magri. Anche le foto di un singolo bambino con una MUAC anomala sono state usate per 'dimostrare' la malnutrizione, ma il 3 per cento dei bambini normali e ben nutriti ha una MUAC anomala (...) quindi questa è disinformazione deliberata...
"L'ultimo 'bilancio delle vittime' per malnutrizione, secondo quanto riportato da Hamas, segnala un numero doppio di adulti rispetto ai bambini che muoiono per malnutrizione. Questo non ha assolutamente senso. Due terzi delle morti per carestia 'dovrebbero' riguardare bambini, soprattutto in una popolazione così giovane, dove il 50 per cento ha meno di 18 anni".
Queste distorsioni rafforzano la conclusione che gran parte delle "informazioni" sulla carestia sono costruite su immagini false e dati errati, volutamente costruiti per alimentare l'indignazione contro Israele.
Una bufala deliberata
Da quasi due anni, il mondo è bombardato da notizie di carestia imminente e poi di una vera e propria carestia a Gaza. Ma i fatti, ossia i dati sulla mortalità, i volumi di aiuti, le testimonianze oculari, raccontano una storia diversa. Non c'è alcuna carestia in corso causata da Israele a Gaza, né c'è mai stata.
Questa bufala ha fruttato molto ad Hamas ed è probabilmente uno dei motivi, insieme all'annuncio da parte del presidente francese Emmanuel Macron di voler riconoscere uno Stato palestinese, che ha dato ad Hamas una rinnovata speranza di poter vincere la guerra, per cui di recente si è tirato indietro da un accordo di cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi che sembrava praticamente concluso.
L'impegno di Macron di riconoscere uno Stato palestinese, subito seguito da Regno Unito, Canada e Australia, e la recente ondata di aiuti nelle aree controllate da Hamas attraverso lanci aerei e l'aumento dei camion che entrano a Gaza, insieme all'aggressiva demonizzazione di Israele nei media e nell'arena diplomatica, hanno portato Hamas a credere che il tempo sia dalla sua parte.
Hamas sa di non avere alcuna possibilità di sconfiggere Israele militarmente, ma la sua guerra di propaganda è stata un successo strepitoso. Se tutto ciò che serve è mantenere i civili di Gaza affamati e disperati, questo è un prezzo che Hamas è più che felice di pagare.
Pesach Wolicki è co-conduttore del podcast "Shoulder to Shoulder".