La settimana scorsa, prima che lo Stato islamico decapitasse il suo terzo occidentale, il presidente americano Barack Obama ha annunciato che "l'Isil non è islamico. Nessuna religione giustifica l'uccisione di innocenti".
Beh, non esattamente.
Quante volte – nonostante l'attuale spettacolo dello Stato islamico (i cui acronimi sono Si, Isil o Isis) in Siria e in Iraq – abbiamo sentito dire ai politici e ai leader ecclesiastici che l'Islam è una religione di pace; che l'estremismo islamico è un'innovazione moderna, una profonda deviazione da qualche immaginario "vero" Islam, e anche il suo stesso nome, la parola "Islam", significa pace?
Non sono solo i musulmani a dire che l'Islam è una religione di pace: anche alcuni politici e qualche ecclesiastico occidentale lo ripetono.
La settimana scorsa, il 13 settembre, il premier britannico David Cameron lo ha sottolineato alla BBC, in risposta alla decapitazione perpetrata dall'Isis del cooperante inglese, David Haines.
L'ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush lo ha detto più di una volta, anche in un discorso pronunciato il 17 settembre 2001.
Così anche, l'ex primo ministro britannico Tony Blair: "Non c'è un problema con l'Islam. Per quelli di noi che lo hanno studiato, non vi è alcun dubbio circa la sua vera e pacifica natura".
Il presidente Barack Obama in precedenza è stato categorico come lo è oggi. Nel novembre 2010, a Mumbai, in India, egli asserì: "La religione [l'Islam] insegna la pace, la giustizia, l'equità e la tolleranza. Tutti noi riconosciamo che questa grande religione non può giustificare la violenza".
Papa Francesco ha fatto dichiarazioni simili: "Di fronte ad episodi di fondamentalismo violento che ci preoccupano, l'affetto verso gli autentici credenti dell'Islam deve portarci ad evitare odiose generalizzazioni, perché il vero Islam e un'adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza".
Ma l'islamista britannico Anjem Choudary in un'intervista del 2010 a CBN News ha rifiutato seccamente una simile interpretazione dell'Islam:
"Non si può dire che l'Islam è una religione di pace," egli ha asserito, "perché l'Islam non significa pace. L'Islam significa sottomissione. Pertanto, il musulmano è colui che si sottomette. C'è posto per la violenza nell'Islam. C'è posto per il jihad nell'Islam".
Choudary ha ragione. Anche se salam, la parola araba che significa pace, e islam, che sta per sottomissione, derivano dalla stessa radice formata da tre consonanti, esse hanno però accezioni ben diverse e derivano da una differente forma del verbo. Nessuno che conosce l'arabo potrebbe confondere una parola con un'altra.
Islam non significa "pace" ma "sottomissione". La sua radice, salam, significa pace, ma non nel senso occidentale del termine. Essa indica la pace che prevarrà nel mondo una volta che il genere umano si convertirà all'Islam, anche se quale ramo dell'Islam è ancora in discussione.[1]
Ciò che è curioso è che nessuno, a quanto mi risulta, ha posto molta enfasi sulla storia più antica dell'Islam. In ogni caso, purtroppo, i primordi dell'Islam dimostrano che esso non è mai stato una religione di pace e che i jihadisti moderni, soprattutto i salafiti, traggono direttamente ispirazione dalle azioni delle prime tre generazioni della fede, i Salaf (gli antenati o i predecessori), i compagni del Profeta, i loro figli e i loro nipoti. Ciò che è preoccupante, o almeno dovrebbe esserlo, è che queste figure fungono da modelli costruttivi per i musulmani di oggi.
Il Corano è pieno di intimazioni a combattere il jihad: i fondamentalisti islamici moderni affermano di trarre ispirazione dal testo sacro. Si stima che nel Corano ci siano circa 164 versetti che esortano al jihad. Per non parlare degli innumerevoli passaggi contenuti negli hadith – la biografia del profeta – che istigano o fanno riferimento alla guerra santa. Ecco alcuni esempi (la traduzione dall'arabo è dell'autore):
"Combattano dunque sul sentiero di Allah, coloro che barattano la vita terrena con l'altra. A chi combatte per la causa di Allah, che sia ucciso o vittorioso, Daremo presto ricompensa immensa." (Sura 4:74)
"Getterò il cuore dei miscredenti. Pertanto, li decapiterete e taglierete tutte le loro dita." (Sura 8:12)
"Uccidete questi miscredenti ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati." (Sura 9:5)
Purtroppo, è impossibile reinterpretare il Corano in maniera "moderata". La più famosa tafsir – o interpretazione – moderna, del testo sacro è un'opera in più volumi intitolata All'ombra del Corano. Essa è stata scritta da Sayyid Qutb (morto nel 1966), l'ideologo dei Fratelli musulmani spesso considerato il padre del fondamentalismo islamico moderno. La sua interpretazione conduce ripetutamente il lettore in territorio politico, dove il jihad è il presupposto dell'azione.
Il Corano contiene molti versetti pacifici e tolleranti e questi potrebbero essere utilizzati per creare una vera e propria riforma – qualcosa che molti riformatori veri hanno cercato di fare. Ma c'è un problema. Tutti questi versetti moderati sono stati scritti nella fase iniziale della carriera di Maometto, quando il Profeta viveva alla Mecca e aveva deciso di affascinare la gente. Quando poi egli si traferì alla Medina nel 622, tutto cambiò. Divenne ben presto un leader religioso, politico e militare. Nel corso dei successivi dieci anni, poiché i suoi approcci religiosi a volte non erano graditi, i versetti pacifici lasciarono spazio a quelli inneggianti al jihad e alle diatribe intolleranti contro gli ebrei, i cristiani e i pagani. Quasi tutti i libri di tafsir danno per scontato che i versetti posteriori abrogano quelli precedenti. Questo significa che i versetti che predicano l'amore per tutti non sono più applicabili, tranne per quanto riguarda quelli inerenti i fratelli musulmani. I versetti che insegano il jihad, la sottomissione e le dottrine connesse formano ancora la base per l'approccio di molti musulmani con i non credenti.
D'altra parte, nessuno può cambiare il Corano in alcun modo. Se il testo contiene la parola diretta di Allah, allora la rimozione anche di un piccolo segno diacritico o di un punto sopra o sotto una lettera sarebbe una blasfemia del genere più estremo.[2] Qualsiasi modifica indicherebbe che il testo sulla terra non corrisponderebbe alla tavola in cielo – la "Madre del Libro", come Maria è la madre di Cristo – che è l'originale eterno del Corano. Se un puntino venisse spostato, forse sarebbe così anche per gli altri, e le parole lunghe potrebbero prendere il posto di altre parole. Lo stesso Corano condanna gli ebrei e i cristiani per aver manomesso i loro testi sacri, in modo che né la Torah né i Vangeli possono essere considerati come la parola di Dio. Il Corano ci cattura con la sua assoluta immutabilità.
La colpa persistente dei politici occidentali moderni, dei leader ecclesiastici e dei multiculturalisti consiste nell'aver accettato l'ignoranza e promosso la loro stessa ignoranza al rango di competenza. L'Islam è uno degli argomenti più importanti della storia umana, ma a quanti studenti nel corso delle lezioni di storia vengono forniti i particolari come quelli menzionati sopra? Quanti libri di testo tracciano un quadro onesto dalle origini dell'Islam fino ai giorni nostri?
Inoltre, a quanti veri esperti è negato il contatto con i governi e i politici in modo che le bugie non costituiscono la base delle decisioni governative prese in Occidente? Quante volte la verità lascerà spazio alle fandonie mentre gli estremisti musulmani fanno attentati dinamitardi, sparano e decapitano per acquisire potere?
Questi fatti non scaturiscono da moderne narrazioni occidentali, essi sono lì nei testi fondamentali dell'Islam, nelle storie di al-Waqidi e al-Tabani. Nessuno inventa nulla. I musulmani che evitano la propria storia dovrebbero essere posti di fronte ad essa in tutte le discussioni future.
Purtroppo, anche molti musulmani moderati non riescono ancora a vedere la realtà che si cela dietro alcuni degli aspetti più elementari della loro religione. Subito dopo gli attentati del 7 luglio 2005 a Londra, il quotidiano Guardian chiese a molte persone cosa ne pensassero degli attacchi. Un affabile giovane leader musulmano disse di essere inorridito dagli omicidi commessi dai suoi correligionari, e che se solo i giovani musulmani leggessero il Corano prenderebbero le distanze da ogni forma di estremismo violento.
Tutti i combattenti jihadisti leggono costantemente il Corano e citano quei versetti in cui trovano giustificazioni più che sufficienti per gli attacchi violenti contro i non musulmani, apostati e "ipocriti" (munafiqun – un termine tratto direttamente dal Corano che significa qualcosa di simile ad apostata).
Oltre al Corano, i sei libri di hadith e la biografia del profeta (la Sira) rappresentano un mondo nato dalla violenza. Maometto dopo essersi trasferito alla Medina, condusse i suoi seguaci in battaglie e incursioni nelle aree tribali. Egli combatté in importanti conflitti come le battaglie di Badr, Uhud e al-Khandaq. Ibn Ishaq, il suo biografo, dice che il Profeta ha combattuto in ventisette battaglie. Inoltre, egli inviò i suoi luogotenenti a razziare le carovane – incursioni conosciute come ghazwat. Un centinaio circa di questi raid ebbero luogo, principalmente, per richiamare gli arabi all'Islam. Se deviavano dalla vera fede – come stiamo assistendo oggi nello Stato islamico – gli apostati, come i pagani, erano contrastati finché non abbracciavano l'Islam o erano uccisi.
Maometto ordinò o fiancheggiò circa quarantatré omicidi di oppositori, tra cui diversi poeti che lo avevano sfidato nei loro versi. Meglio conosciute sono le sue rappresaglie contro tre tribù ebraiche, due delle quali furono espulse da Medina, mentre gli uomini della terza, quella dei Banu Qurayza, furono condannati a morte da Sa'd ibn Mu'adh, il cui giudizio fu approvato da Maometto. Ben 900 maschi della tribù – dai tredici anni in su – furono decapitati; le donne e i bambini furono venduti come schiavi, e altre donne divennero le concubine di uomini musulmani.[3] Il periodo trascorso a Medina è stato caratterizzato da continui cicli di violenza, ordinati e condotti dal "Profeta di pace".
Quando Maometto morì nel 632, due erano i nomi in cima alla lista dei suoi successori: il suocero Abu Bakr (morto nel 634), considerato dai sunniti come il primo califfo, e il genero 'Ali, riconosciuto dagli sciiti come il primo dei dodici imam – pertanto, la questione di come dare seguito alla successione del Profeta pochi giorni dopo la sua morte tracciò la divisione tra gli sciiti e i sunniti nell'Islam.
La prima impresa in cui Abu Bakr s'imbarcò come califfo fu quella di lanciare una serie di attacchi in tutta la penisola arabica. Le tribù beduine, che si erano attenute all'usanza di negare la loro fedeltà una volta che il leader di una tribù associata fosse morto, non si ritennero più fedeli all'Islam dopo la scomparsa di Maometto. Abu Bakr considerò questo gesto un'apostasia e inviò delle coorti a costringere i capi tribù a fare ritorno nel grembo dell'Islam. Queste guerre della Ridda condussero a quindici battaglie. Una volta risolta la questione, Abu Bakr inviò gli eserciti musulmani a conquistare l'Iraq (una provincia dell'impero sasanide persiano) e il Levante (parte dell'impero bizantino cristiano).
Quando Abu Bakr, anziano, morì di febbre nell'agosto 634, gli succedette Umar ibn al-Khattab (morto nel 644). Sotto il suo regno, l'intero impero sasanide e due terzi dell'impero bizantino furono conquistati in nome dell'Islam. Le battaglie si susseguirono e così anche i bagni di sangue. Nel 644, un gruppo di persiani, indignati per la conquista, ordì un complotto per uccidere Umar e riuscì a farlo quando un ex schiavo, meglio conosciuto come Abu Lu'lu' lo assassinò mentre era intento a pregare.
Anche se il terzo dei quattro califfi "ben guidati", Uthman ibn Affan (morto nel 656), era già avanti con gli anni quando assunse il potere, le battaglie per conquistare o allineare metà del mondo conosciuto ebbero luogo proprio sotto il suo regno. Le sue conquiste si estesero fino all'attuale Pakistan, all'Iran, all'Afghanistan, all'Azerbaijan, al Dagestan, al Turkmenistan e all'Armenia. La Sicilia e Cipro furono invase. Gli eserciti si spostarono nel Nord Africa e in seguito nella penisola iberica e nell'Italia meridionale.
Tuttavia, verso la fine della sua vita, Uthman divenne impopolare e Medina, sede della sua capitale, diventò un covo di intrighi e malcontento. Nel 656, scoppiò una rivolta armata e un migliaio di ribelli, con l'ordine di assassinare il califfo, si diresse dall'Egitto a Medina. Alcuni entrarono nella sua residenza e lo uccisero, dopo che i suoi sostenitori cercarono di difenderlo e scoppiarono i combattimenti. La religione di pace era ancora in marcia.
A Uthman succedette il genero di Maometto, Ali (morto nel 661), l'ultimo dei quattro califfi rashidun (ben guidati). Quasi subito, Ali fu coinvolto in una disputa che si concluse in una guerra civile. Egli affrontò Aisha, la moglie del Profeta, nella battaglia del Cammello del 656, in cui furono uccisi diecimila uomini e fronteggiò altresì le forze di Muawiyah (che in seguito fu il primo dei califfi omayyadi) a Siffin (nel 657), in cui perse 25.000 uomini e Muawiyah 45.000. Ali fu poi assassinato nel 661 nella moschea di Kufa da un estremista musulmano.
Gli Omayyadi assunsero il potere e stabilirono a lungo la loro capitale a Damasco. Ma fece rapidamente seguito un periodo di violenza. Nel 680, quando Yazid (morto nel 683), il figlio di Muawiyah, assunse il titolo di califfo, Husayn, un nipote di Maometto, si ribellò e sollevò le truppe per attaccare Yazid. Le due parti si scontrarono a Karbala nel 680; nei combattimenti morirono Husayn, la sua famiglia e i suoi sostenitori. Questo segna il momento più cruciale nella divisione tra gli sciiti (per i quali Husayn è il terzo dei loro imam) e la maggioranza sunnita.
Il resto della storia islamica è contrassegnata da jihad annuali, guerre ingaggiate tra diversi governanti musulmani e imperi. Nella sola India, 60-80 milioni di indù potrebbero essere stati uccisi durante secoli di invasioni dagli eserciti musulmani tra l'anno 1000 e il 1525.[4] E questo va dimenticato?
Finché il Corano rimarrà sugli scaffali di ogni moschea e libreria islamica, i ragazzi che indossano il thawb e le giovani donne avvolte nei loro hijab possono trovare nelle sue pagine la giustificazione perfetta per il loro impegno continuo a seguire la via del jihad e per l'uccisione di persone innocenti.
[1] Vedi http://www.religioustolerance.org/faisal01.htm; http://www.al-islami.com/islam/religion_of_peace.php; http://d1.islamhouse.com/data/en/ih_books/single/en_Islam_Is_The_Religion_Of_Peace.pdf; http://www.studymode.com/essays/Islam-a-Religion-Of-Peace-212736.html
[2] Il punto o nuqta è di enorme importanza nello sciismo, dove l'Imam Ali ha asserito di essere il puntino sotto la lettera b all'inizio della prima parola del Corano, bismillah, che lo rende il primo di tutti gli esseri creati. Le sette come quelle dei Nuqtavi e dei Babi in Iran vi hanno letto significati profondi. Potrebbe essere un punto, ma può anche significare il mondo.
[3] Vedi William Montgomery Watt, Muhammad at Medina, pp. 208-216, Oxford 1956, lo studio definitive di questo periodo. Chi scrive era uno studente di Watt degli anni Settanta.
[4] K.S. Lal, Growth of Muslim Population of Medieval India (1000-1800).