I quasi due milioni di arabi israeliani sono indignati per il piano di pace del presidente americano Donald Trump, che propone di includere alcune delle loro comunità in un futuro Stato di Palestina. Nella foto: l'1 febbraio 2020, abitanti della città arabo-israeliana di Baqa al-Gharbiya protestano contro il piano di Trump. (Foto di Ahmad Gharabli/AFP via Getty Images) |
I quasi due milioni di arabi israeliani sono indignati per il piano di pace per il Medio Oriente presentato dal presidente americano Donald Trump, che propone di includere alcune delle loro comunità in un futuro Stato di Palestina. Dopo la presentazione del piano, migliaia di arabi hanno manifestato nelle strade per dire "no" a una proposta che farebbe di loro dei cittadini palestinesi.
Il piano di Trump, racchiuso in un documento intitolato "Peace to Prosperity" ("Pace per la Prosperità"), contempla scambi di territori che potrebbero annoverare aree abitate o meno. Uno dei punti prevede che la cosiddetta area del Triangolo di Galilea, in Israele, dove risiedono diverse comunità arabe "che in gran parte si identificano come palestinesi, diventi parte dello Stato di Palestina". Il piano precisa che le comunità arabe "erano originariamente destinate a passare sotto il controllo della Giordania durante i negoziati sulla Linea d'Armistizio del 1949, ma alla fine furono trattenute da Israele per ragioni militari che da allora si sono attenuate".
Perché i 250 mila arabi israeliani che vivono nell'area del cosiddetto Triangolo sono fortemente contrari all'idea di ritrovarsi parte di uno Stato palestinese?
La ragione principale per cui gli arabi israeliani temono di diventare cittadini palestinesi sta nel fatto che sanno che lo Stato palestinese sarà tutt'altro che democratico. Numerosi cittadini arabi israeliani vedono che i palestinesi che vivono sotto l'Autorità Palestinese (AP), in Cisgiordania, e sotto Hamas, nella Striscia di Gaza, subiscono quotidianamente violazioni dei diritti umani.
In Israele, i cittadini arabi partecipano alle elezioni politiche e hanno i loro rappresentanti nella Knesset. In Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, i palestinesi sono stati privati di elezioni libere ed eque dal gennaio del 2006.
L'incessante lotta per il potere tra l'AP e Hamas ha negato ai palestinesi il diritto di voto per eleggere i nuovi membri del loro Parlamento, il Consiglio Legislativo Palestinese (CLP). Inoltre, ai palestinesi è stato negato il diritto di voto per scegliere un nuovo presidente. Questo dal gennaio 2005, quando venne eletto Mahmoud Abbas per un mandato di quattro anni. Lo scorso mese, Abbas è entrato nel 16° anno dello stesso mandato.
Alla luce del conflitto tra Hamas e l'Autorità Palestinese, restano vane le prospettive di indire nuove elezioni presidenziali o legislative.
Mentre i palestinesi non hanno un Parlamento funzionante dal 2007, quando Hamas con un colpo di mano ha preso il controllo della Striscia di Gaza dopo aver rovesciato il regime dell'AP di Abbas, i cittadini arabi israeliani continuano a candidarsi alle elezioni per ottenere seggi alla Knesset. Attualmente nel Parlamento israeliano siedono 14 parlamentari arabi.
Ma a parte la questione delle elezioni, i cittadini arabi israeliani sono soprattutto preoccupati del fatto di dover vivere in uno Stato palestinese che reprime le libertà pubbliche, compresa la libertà di espressione e dei media.
Non passa giorno senza che i cittadini arabi israeliani sentano parlare delle dure condizioni che i palestinesi si trovano a dover affrontare sotto l'AP, in Cisgiordania, e sotto Hamas, nella Striscia di Gaza. I giornalisti palestinesi, gli attivisti per i diritti umani e gli studenti universitari vengono regolarmente presi di mira dall'Autorità Palestinese e da Hamas.
Questo è ciò di cui ora hanno paura i membri delle comunità arabe israeliane.
Un recente report del Comitato delle famiglie dei prigionieri politici, con sede in Cisgiordania, ha rivelato che le forze di sicurezza dell'AP hanno arrestato negli ultimi mesi decine di studenti universitari, a causa delle loro attività politiche. Il rapporto ha documentato almeno 619 violazioni commesse negli ultimi due anni ai danni degli universitari.
Gli studenti arabi con cittadinanza israeliana sono invece liberi di organizzare proteste nei campus senza doversi preoccupare di essere arrestati o convocati per un interrogatorio. La scorsa settimana, ad esempio, gli studenti arabi dell'Università di Tel Aviv hanno manifestato contro il piano di Trump, scandendo slogan del tipo "La Palestina è araba, dal fiume Giordano al mar Mediterraneo".
Pertanto, gli studenti universitari arabi palestinesi, che non sono cittadini israeliani e che vivono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, possono solo invidiare i loro colleghi arabi israeliani per la libertà di cui dispongono. Un altro report pubblicato di recente ha rivelato che molti studenti arrestati dalle forze di sicurezza dell'AP sono stati brutalmente torturati. Secondo il reportage, la maggior parte degli arresti ha avuto luogo presso la An-Najah University, la più grande università palestinese con sede nella città cisgiordana di Nablus.
Non se la passano meglio gli studenti palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza sotto Hamas, dove la popolazione è araba e non ha cittadinanza israeliana. Le forze di sicurezza di Hamas fanno regolarmente irruzione nei campus universitari e arrestano studenti e insegnanti a causa delle loro attività politiche. Uno dei campus che è stato spesso preso di mira da Hamas è quello dell'Al-Azhar University a Gaza City. Nel novembre del 2019, le forze di sicurezza di Hamas si sono introdotte nella Palestine University e hanno arrestato numerosi studenti che stavano organizzando una manifestazione politica nel campus.
Mentre in Israele, i cittadini arabi sono liberi di criticare il governo israeliano e i leader politici, i palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza che parlano apertamente contro l'AP o Hamas finiscono spesso dietro le sbarre.
In Cisgiordania, ad esempio, un professore che osa criticare Abbas potrebbe farsi qualche giorno di carcere. Il professor Abdel Sattar Qassem, un aspro critico di Abbas, è stato accusato nel 2016 di aver "oltraggiato" il presidente dell'AP ed è stato tenuto in detenzione per diversi giorni. Anche il giornalista palestinese Majdoleen Hassouneh è stato accusato di aver "offeso" Abbas su Facebook.
Nella Striscia di Gaza, Hamas ha arrestato negli ultimi anni centinaia di suoi oppositori politici. Perfino i comici palestinesi che fanno battute sarcastiche su Hamas diventano un regolare bersaglio del giro di vite sulla libertà di espressione attuato dal movimento. Di recente, le forze di sicurezza di Hamas hanno arrestato il comico Adel Mashoukhi dopo che aveva postato sui social media un video in cui si burlava della crisi elettrica nella Striscia di Gaza.
Non c'è da meravigliarsi, quindi, che i cittadini arabi di Israele siano molto preoccupati per la prospettiva di vivere in uno Stato palestinese controllato dall'AP e da Hamas. Questi arabi israeliani sanno bene che una volta che diventeranno cittadini palestinesi andranno incontro allo stesso destino dei palestinesi che vivono sotto l'Autorità palestinese e Hamas. Alcuni dei leader delle comunità arabe israeliane definiscono l'idea di dover vivere sotto uno Stato palestinese un "incubo".
Le proteste degli arabi israeliani inviano al mondo il messaggio che la democrazia israeliana per questi cittadini è preferibile a qualsiasi dittatura araba. Un sondaggio condotto nel 2017 dall'Israel Democracy Institute ha mostrato che il 66 per cento degli arabi israeliani considera la situazione generale di Israele "buona" o "molto buona".
Un altro sondaggio, condotto dal professor Sami Samuha dell'Università di Haifa, ha rivelato che il 68,3 per cento dei cittadini arabi israeliani preferisce vivere in Israele piuttosto che in altri Paesi. Samuha ha dichiarato che i cittadini arabi "sono consapevoli dei vantaggi di vivere nello Stato di Israele, nonché della libertà e della stabilità di cui godono".
"In Israele, ci sono molti vantaggi e un moderno stile di vita, oltre alla stabilità economica e politica. Non si può paragonare la vita degli arabi [israeliani] con quella degli arabi in Palestina, in Libano e in Egitto. Inoltre, in Israele non c'è alcun rischio di una presa del potere da parte degli islamisti".
Ciò di cui ora hanno bisogno i cittadini arabi di Israele è eleggere nuovi leader politici che promuovano la coesistenza tra arabi ed ebrei, e non s'impegnino in una retorica anti-israeliana e in azioni contro lo Stato ebraico.
Alcuni dei leader dei cittadini arabi israeliani, in particolare un certo numero di membri della Knesset, hanno agito contro gli interessi del loro elettorato. Sembra quasi che questi presunti leader rappresentino l'AP e Hamas anziché gli arabi israeliani che li hanno votati nella speranza che una volta eletti lavorassero per risolvere i problemi delle loro comunità, a cominciare dalla disoccupazione.
I cittadini arabi di Israele hanno bisogno di essere rappresentati adeguatamente nella Knesset. Hanno bisogno che i rappresentanti da loro eletti costruiscano dei ponti con gli ebrei e non che li distruggano. Questi leader devono comprendere che gli arabi israeliani che manifestano contro il piano di Trump inviano loro un monito: o state al fianco del vostro popolo oppure ve ne andate!
Khaled Abu Toameh è un pluripremiato giornalista che vive a Gerusalemme. È Shillman Journalism Fellow al Gatestone Institute