
Dopo la "guerra dei 12 giorni", l'Iran è stato oggetto di scarsa attenzione, ma la minaccia che rappresenta oggi sta aumentando notevolmente. Mentre l'attenzione mondiale si è spostata su altre crisi, la Repubblica Islamica ha accelerato in modo rapido e aggressivo la produzione di missili balistici alla velocità della luce. Il regime iraniano annuncia con orgoglio la produzione di grandi quantità di missili, l'ampliamento delle linee di assemblaggio e si vanta apertamente del suo arsenale in continua crescita. L'Iran non nasconde questi sviluppi, ma se ne vanta. Il regime, nonostante una siccità devastante, sembra sentirsi incoraggiato, rafforzato e determinato.
"La potenza missilistica dell'Iran oggi è di gran lunga superiore rispetto a quella dimostrata durante la 'guerra dei 12 giorni'", ha di recente dichiarato il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi. Le sue affermazioni sono state ribadite dal ministro della Difesa, il generale di brigata Aziz Nasirzadeh, il quale ha asserito che l'industria della difesa non solo si è ripresa dalle tensioni belliche, ma è cresciuta notevolmente. "La produzione iraniana nel settore della difesa è migliorata sia in termini di quantità che in quelli di qualità rispetto a prima della "guerra dei 12 giorni" imposta da Israele nel mese di giugno", ha dichiarato Nasirzadeh, insistendo sul fatto che i nuovi missili stanno uscendo dalle linee di produzione con una rapidità mai vista prima. Il governo sembra credere di aver acquistato forza e sembra impaziente di dimostrarlo.
Alcuni politici e analisti potrebbero liquidare queste dichiarazioni come un semplice tentativo di Teheran di intimidire gli avversari, prevenire attacchi e mantenere la propria influenza nella regione. La realtà, tuttavia, è che la produzione di missili da parte dell'Iran è molto probabilmente finalizzata a scatenare di nuovo una guerra, direttamente o tramite i propri proxies. Il regime ha già dimostrato in passato di essere in grado di lanciare missili contro basi militari statunitensi, obiettivi in Iraq, Israele e in Qatar. L'Iran ha anche fornito missili balistici a gruppi militanti come gli Houthi in Yemen così come tecnologia missilistica e droni alla Russia per essere utilizzati contro l'Ucraina. I proxies della Repubblica Islamica hanno lanciato missili contro aeroporti civili, navi commerciali, città e infrastrutture in tutta la regione. Chiunque interpreti questo incremento nella produzione di missili come "difensivo" ignora decenni di prove che dimostrano il contrario.
L'Iran si vanta inoltre che i suoi missili possano colpire città statunitensi, capitali europee e obiettivi in tutto il Medio Oriente. I funzionari iraniani continuano a enfatizzare il desiderio di annientare Israele. Teheran sembra considerare lo sviluppo dei missili come la spina dorsale della sua strategia per compensare le debolezze militari convenzionali. Cosa succederebbe se l'Iran caricasse anche solo uno di questi missili con una testata nucleare? La finestra per limitare le capacità della Repubblica Islamica potrebbe chiudersi rapidamente. Gli Stati Uniti avrebbero dovuto lasciare che Israele andasse avanti, dopo che l'amministrazione Trump ha distrutto tre impianti nucleari iraniani, poiché il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sa cosa fa.
L'Occidente farebbe bene a rimettere sul tavolo un'opzione militare credibile: far sapere all'Iran che il continuo potenziamento missilistico, le minacce e la proliferazione provocheranno nuovamente una risposta diretta e forte. Ciò comporterebbe l'identificazione strategica delle strutture coinvolte nello sviluppo, nell'assemblaggio, nel collaudo e nella distribuzione dei missili balistici.
Il secondo passo dovrebbe prevedere sanzioni ampie e incessanti. Qualsiasi individuo, società, istituto bancario straniero o ente governativo coinvolto nel facilitare il programma missilistico balistico dell'Iran potrebbe essere sanzionato senza indugio. Dovrebbero essere inclusi anche i fornitori di materie prime, le reti di trasporto, le società di copertura e gli istituti finanziari che aiutano Teheran ad aggirare le restrizioni. Le sanzioni devono essere applicate con pene sufficientemente severe da dissuadere altri dall'aiutare la Repubblica Islamica e includere il congelamento dei beni all'estero, il divieto di accesso ai sistemi bancari globali e l'imposizione di restrizioni commerciali totali a qualsiasi società o Paese che sostenga il programma missilistico iraniano.
Forse il punto di pressione economica più importante è quello di interrompere o limitare drasticamente le vendite di petrolio dell'Iran per paralizzare la sua capacità di sostenere una rapida produzione di missili. Ciò significa esercitare un'intensa pressione diplomatica sui principali acquirenti di Teheran affinché blocchino le importazioni. Ogni barile di petrolio iraniano venduto finanzia direttamente componenti per missili, spedizioni di armi a proxies, flotte di droni e operazioni destabilizzanti in tutta la regione.
I missili iraniani non rimangono delimitati entro i confini nazionali. Vengono distribuiti a organizzazioni militanti che operano lontano dal territorio iraniano, estendendo così la portata di Teheran. Se l'Occidente intende seriamente fermare l'espansione missilistica dell'Iran, lo smantellamento di queste reti missilistiche deve essere parte integrante della strategia. Ogni spedizione intercettata ritarda le ambizioni di Teheran e indebolisce la sua capacità di diffondere minacce.
L'arsenale missilistico iraniano era già consistente prima della "guerra dei 12 giorni", ma ora è notevolmente più grande, più sofisticato e aumenta a una velocità senza precedenti. La fiducia e l'aggressività del regime aumentano di pari passo con la sua capacità produttiva. È importante agire prima che i missili iraniani ridisegnino il quadro geopolitico in modi che potrebbero essere difficili da invertire. Per fermare questa espansione è necessario combinare un' opzione militare credibile con sanzioni severe, tagliando le entrate petrolifere del regime e colpendo ogni nodo della sua rete di proliferazione. Non si deve permettere all'Iran di diventare più forte, più pericoloso e più audace. La posta in gioco è globale e riguarda ogni nazione che fa affidamento su un mondo libero e sicuro.
Majid Rafizadeh, accademico di Harvard e politologo. È autore di numerosi libri sull'Islam e sulla politica estera statunitense. Può essere contattato all'indirizzo e-mail Dr.Rafizadeh@Post.Harvard.Edu
