È ridicolo credere che i mullah al potere in Iran bloccheranno i loro progressi nucleari con un accordo. L'accordo sul nucleare del 2015 prevedeva che il nocciolo del reattore nucleare di Arak fosse riempito di cemento e disattivato. Alla domanda sul video che mostra il calcestruzzo versato nei tubi del reattore per bloccarli, Ali Akbar Salehi, ex capo dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica ha risposto: "[Non] i tubi che vedete qui. Avevamo acquistato tubi simili, ma non potevo rivelarlo in quel momento. (...) Dovevamo essere astuti". Nella foto: Salehi tiene un discorso alla centrale elettrica di Bushehr, il 10 novembre 2019. (Foto di Atta Kenare/AFP via Getty Images) |
L'amministrazione Biden ha speso tutto il suo capitale politico per rilanciare l'accordo sul nucleare, presumibilmente per corroborare l'idea che un accordo sul nucleare con il regime iraniano impedirà a Teheran di dotarsi di armi nucleari. Ma è ridicolo credere che i mullah al potere in Iran bloccheranno i loro progressi nucleari con un accordo.
Il regime iraniano si è persino vantato di aver abilmente ingannato e fuorviato la comunità internazionale durante il precedente accordo sul nucleare. Uno dei termini dell'accordo sul nucleare del 2015, ad esempio, era che il nocciolo del reattore nucleare di Arak sarebbe stato riempito di cemento e disattivato. L'Iran, secondo l'agenzia di stampa Fars, ha affermato di aver versato il cemento e distrutto il nocciolo del reattore. Anche il Dipartimento di Stato Usa, durante l'amministrazione Obama-Biden, ha confermato questa mossa.
In seguito, tuttavia, Ali Akbar Salehi, ex capo dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, ha ammesso apertamente in un'intervista alla televisione di Stato iraniana che il governo non aveva rispettato questa disposizione, traendo invece in inganno la comunità internazionale: "Sono tre anni che diciamo di non versare cemento nel reattore ad acqua pesante di Arak". Quando il conduttore televisivo del regime gli ha chiesto delucidazioni sul video che mostrava il calcestruzzo versato nei tubi del reattore di Arak, Salehi ha risposto:
"[Non] i tubi che vedete qui. Avevamo acquistato tubi simili, ma non potevo rivelarlo in quel momento. In Iran, soltanto una persona lo sa, il più alto funzionario. Nessun altro ne era al corrente. Dovevamo essere astuti. Inoltre, per non distruggere i ponti dietro di noi, era anche necessario creare dei ponti, in modo che se avessimo avuto bisogno di tornare indietro, avremmo potuto farlo più velocemente".
Tra gli altri esempi di raggiro emerge il rilevamento di particelle radioattive a Turquz Abad durante l'accordo nucleare del 2015 e la riluttanza dell'Iran a rispondere a semplici domande poste dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) sugli impianti non dichiarati e segreti di Teheran. Inoltre, durante l'accordo, diversi report, che si sono poi rilevati accurati, avvertivano che l'Iran stava conducendo attività nucleari segrete. Ad esempio, l'allora primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nel suo discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2018, fece notare che l'Iran aveva un "impianto di stoccaggio nucleare segreto per immagazzinare enormi quantità di attrezzature e materiale dal programma segreto di armi nucleari dell'Iran".
Allo stesso tempo, due organizzazioni apartitiche con sede a Washington, DC – l'Institute for Science and International Security (ISIS) e la Foundation for the Defense of Democracies (FDD) – hanno pubblicato rapporti dettagliati sul fatto che l'Iran non aveva dichiarato durante l'accordo sul nucleare che disponeva di impianti nucleari segreti.
Inoltre, come previsto dall'accordo sul nucleare, il regime iraniano avrebbe dovuto limitare la quantità di specifici materiali nucleari in suo possesso. Secondo un rapporto dell'AIEA, tuttavia, i mullah al potere avrebbero violato l'accordo trattenendo più acqua pesante, utilizzata per la produzione di armi nucleari.
Ora, grazie all'attenzione mostrata dall'amministrazione Biden al rilancio dell'accordo sul nucleare e grazie alla sua apparente incapacità di vedere oltre l'accordo sul nucleare, il regime iraniano ha guadagnato tempo trascinando i negoziati abbastanza a lungo da raggiungere la soglia del nucleare. Diversi alti funzionari iraniani, tra cui il capo dell'energia atomica iraniana, si vantano attualmente del fatto che la Repubblica islamica ha la capacità di costruire una bomba nucleare. L'Institute for Science and International Security ha pubblicato uno studio che lo conferma:
"L'Iran ha abbastanza esafluoruro di uranio arricchito (UF6) sotto forma di quasi il 20 e il 60 per cento di uranio arricchito per produrre abbastanza uranio per armi, pari a 25 kg, [sufficiente] per [produrre] una sola arma nucleare in appena tre settimane. Teheran potrebbe farlo senza utilizzare nessuna delle sue scorte di uranio arricchito fino al 5 per cento come materia prima. L'aumento delle scorte iraniane di quasi il 20 e il 60 per cento di uranio arricchito ha ridotto pericolosamente il tempo necessario per produrre abbastanza uranio arricchito per una bomba atomica".
Purtroppo, sembra che l'amministrazione Biden e l'Europa, attraverso le loro infinite concessioni e una sconcertante mancanza di deterrenza, stiano ancora cercando di imporre al mondo un Iran ostile, dotato di armi nucleari.
I mullah governano un Paese che il Dipartimento di Stato americano ha ripetutamente definito il primo, il più grande o il principale sponsor statuale del terrorismo (si veda, ad esempio, qui, qui e qui).
Forse, in ultima analisi, l'amministrazione Biden spera di corrompere i mullah offrendo fino a un massimo di un miliardo di dollari per non bombardare Israele mentre Biden è ancora presidente. Questo significa che dopo sarebbe magnifico?
Accordi come quello sul nucleare di Biden o di Obama non solo non impediscono al regime predatorio iraniano di portare avanti il suo programma nucleare e di acquisire armi nucleari, ma di fatto facilitano l'obiettivo dell'Iran di nuclearizzarsi, legittimando le sue armi.
Majid Rafizadeh, accademico di Harvard, politologo e uomo d'affari, è anche membro del consiglio consultivo della Harvard International Review, una pubblicazione ufficiale della Harvard University, e presidente del Consiglio internazionale americano sul Medio Oriente. È autore di molti libri sull'Islam e sulla politica estera statunitense.