Nel bel mezzo del conflitto tra Hamas e Israele, mentre l'attenzione del mondo è focalizzata sulla guerra iniziata dall'Iran e da Hamas, i mullah al potere in Iran hanno colto l'occasione per portare avanti il loro programma nucleare.
Sostenendo, armando e addestrando Hamas, Hezbollah e gli Houthi, l'Iran ha iniziato una guerra per procura contro Israele, sfruttando in parte il conflitto per distogliere l'attenzione dalle proprie ambizioni nucleari.
Questa mossa calcolata favorisce gli interessi immediati dell'Iran nel destabilizzare i suoi avversari, ossia gli Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita, la Giordania, il Bahrein e soprattutto gli Stati Uniti, che Teheran vorrebbe vedere fuori dalla regione, in modo da poter presumibilmente avere il Medio Oriente tutto per sé. L'azione diversiva della guerra di Gaza è però in linea anche con l'obiettivo di sradicare Israele.
Mentre gli emissari dei mullah combattono in prima linea contro il "Piccolo Satana", Israele, l'Iran si muove nell'ombra, sfruttando il caos per fare passi da gigante nelle sue capacità nucleari.
Dallo scoppio della guerra, il programma nucleare iraniano è rapidamente cresciuto, spinto da attività clandestine all'interno del suo impianto super-fortificato di Fordow.
Da recenti rivelazioni del Washington Post è emerso che dietro il velo di segretezza di Teheran, la produzione iraniana di uranio arricchito ha raggiunto una soglia di purezza molto vicina al 90 per cento (il cosiddetto stadio "weapon grade", N.d.T.) necessario per lo sviluppo di armi nucleari.
Il report mette in luce uno sviluppo preoccupante: all'interno del sito nucleare, le apparecchiature appena installate, presumibilmente finanziate almeno in parte dall'amministrazione statunitense, ora hanno tutte le potenzialità per raddoppiare la produzione di uranio arricchito dell'impianto. Questa escalation clandestina non solo viola i confini degli accordi internazionali, ma sottolinea anche la determinazione dell'Iran a costruire quanto prima le sue armi nucleari.
L'intento di dotarsi di armi nucleari sembra essere dettato soprattutto da una forte determinazione a raggiungere l'obiettivo di lunga data di annientare Israele, un Paese più piccolo del New Jersey, che l'ex presidente iraniano Ali Akbar Hashemi Rafsanjani ha di fatto definito un Paese "[che può essere colpito con] una sola bomba", asserendo che "l'uso di una bomba nucleare su Israele non lascerà nulla al suolo, mentre danneggerebbe soltanto il mondo islamico".
Attraverso il suo sostegno a Hamas, Hezbollah e agli Houthi, l'Iran ha orchestrato un'escalation delle ostilità contro Israele secondo la strategia della "rana bollita" ("boiling frog"), adottando gradualmente, in primo luogo, la guerra per procura come mezzo per "cancellare Israele dalle carte geografiche", per usare le parole dell'ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
Hamas, il 7 ottobre 2023, ha sferrato il suo brutale attacco lanciando migliaia di razzi contro Israele, mentre circa 3 mila terroristi attraversavano la barriera tra Israele e la Striscia di Gaza, assaltando basi militari israeliane e 22 comunità civili.
Questo assalto ha portato i terroristi di Hamas a uccidere circa 1.200 persone in Israele: ebrei, musulmani, cristiani, israeliani, lavoratori stranieri e turisti. Hamas ha perpetrato atrocità che vanno dagli stupri di gruppo, alle torture di uomini, donne e bambini, all'uccisione di un neonato bruciato in un forno, fino alla decapitazione di bambini. Hamas ha inoltre preso in ostaggio 240 persone, portate nei tunnel di Gaza.
Queste barbare perversioni evidenziano la disponibilità, se non addirittura il piacere, dei leader iraniani nell'impiegare qualsiasi mezzo a disposizione per raggiungere i propri obiettivi. Molto probabilmente non considerano la devastazione all'estero come un fattore scatenante dell'instabilità, ma, al contrario, come un mezzo per raggiungere l'egemonia, dopo la quale ci sarà la pace, almeno per loro stessi.
Dal punto di vista dell'Iran, l'acquisizione di armi nucleari è il modo più semplice per completare in modo significativo la conquista della regione ed "esportare la rivoluzione":
"Esporteremo la rivoluzione in tutto il mondo. Finché il grido: 'Non vi è altro Dio fuorché Allah' non risuonerà in tutto il mondo, ci sarà lotta".
Armare le sue milizie per procura di capacità nucleari servirebbe da leva per rafforzare la posizione strategica di Teheran nella regione, fingendo allo stesso tempo di oscurare il suo coinvolgimento diretto. Fornendo armi nucleari a questi gruppi estremisti, e potenzialmente ad altri, l'Iran non solo amplificherebbe la minaccia per i suoi avversari, ma cercherebbe anche di ridurre al minimo il rischio di ritorsioni dirette contro di sé.
Purtroppo, il piano rappresenta una minaccia esistenziale non solo per la stabilità regionale, ma anche per la sicurezza globale. L'Iran si sta muovendo verso l'America Latina, forse per prendere di mira il "Grande Satana", gli Stati Uniti.
La prospettiva che gruppi terroristici dotati di armi nucleari operino impunemente richiede la massima attenzione. Considerata la dipendenza di Teheran dalle entrate derivanti dal petrolio e dal gas per finanziare le proprie ambizioni nucleari, imporre e applicare sanzioni contro l'industria petrolifera dell'Iran e prenderne di mira le sue infrastrutture petrolifere potrebbe almeno ritardare lo sviluppo di armi nucleari. Dovrebbero anche essere compiuti sforzi per colpire i siti nucleari iraniani e il suo brutale Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Non c'è assolutamente tempo per porre indugi nell'affrontare questa minaccia esistenziale. Il regime iraniano ha dimostrato la sua ferma determinazione ad acquisire armi nucleari ad ogni costo.
Majid Rafizadeh, accademico di Harvard, politologo e stratega, consulente aziendale, è anche membro del consiglio consultivo della Harvard International Review e presidente dell'International American Council on the Middle East. È autore di numerosi libri sull'Islam e sulla politica estera statunitense. Può essere contattato all'indirizzo e-mail Dr.Rafizadeh@Post.Harvard.Edu