Mentre gli occhi del mondo intero sono fissati sul conflitto tra Israele e Hamas – e mentre la maggior parte dei media più importanti demonizza Israele perché cerca di sopravvivere in mezzo a un mare di ostilità arabo-islamiche – tragedie simili o ben peggiori continuano a essere di fatto ignorate.
Una delle più antiche comunità cristiane del mondo, quella irachena – che era già stata decimata negli ultimi dieci anni dalle forze islamiche scatenatesi dopo la destituzione di Saddam Hussein – è ormai stata annientata del tutto dal nuovo "califfato", il cosiddetto Stato islamico, in precedenza conosciuto con l'acronimo Isis.
Come ha riportato la Reuters:
I ribelli islamisti hanno lanciato un ultimatum alla decimata popolazione cristiana affinché si converta all'Islam, paghi una tassa religiosa oppure affronti la morte, secondo quanto si legge in una dichiarazione diffusa nella città di Mosul sotto il controllo dei militanti ribelli. (...)
Inoltre, i cristiani che vorrebbero rimanere nel "califfato", che è lo Stato islamico dichiarato nel corso di questo mese in zone dell'Iraq e della Siria, devono accettare di rispettare i termini di un patto "dhimma" – una pratica storica in base alla quale i non musulmani erano protetti nelle terre musulmane in cambio del pagamento di un'imposta speciale conosciuta come jizya.
"Offriamo loro tre opzioni: l'Islam; il patto "dhimma" – che comprende il pagamento della jizya; e qualora rifiutino questo non avranno nulla se non subire la spada", così recita il comunicato.
La tariffa della jizya è stata fissata in 450 dollari al mese, una cifra esorbitante per l'Iraq.
Alcune ore dopo la richiesta della jizya, gli islamisti hanno cominciato a marchiare con la lettera "N" le case dei cristiani di Mosul – in arabo, i cristiani sono conosciuti come "Nasara" o "Nazareni" – per segnalare che gli abitanti dell'abitazione potevano essere massacrati.
La maggior parte dei cristiani è fuggita. Un video di un minuto in arabo che ritrae il loro esodo –mostra donne e bambini in lacrime mentre abbandonano le loro abitazioni – un video che non sarà mostrato da nessun importante media occidentale, occupati come sono a mostrare le immagini non-stop di donne e bambini palestinesi.
Il vescovo ortodosso siriano di Mosul ha detto che ciò che sta accadendo ai cristiani di Mosul non è altro che "genocidio (...) per non parlare delle stragi e degli stupri di cui non si parla (...) Costringere oltre un migliaio di famiglie cristiane ad abbandonare Mosul, e trasformare le chiese cristiane in moschee musulmane, equivale a un genocidio". Naturalmente, la parola genocidio significa uccidere o distruggere una popolazione.
Altri non sono stati così fortunati a fuggire. Secondo Hena Edward, un'attivista irachena per i diritti umani, un gran numero di anziani e disabili iracheni, incapaci di pagare la jizya o di unirsi all'esodo, ha scelto di convertirsi all'Islam.
Nel frattempo, i jihadisti continuano a distruggere le chiese e altri luoghi sacri cristiani in nome della loro religione e a uccidere il maggior numero possibile di cristiani. Fra le loro azioni, hanno incendiato una chiesa di Mosul risalente a milleottocento anni fa, hanno preso d'assalto un monastero del quarto secolo – che era considerato uno dei più noti punti di riferimento cristiani del paese – ed espulso i monaci lì residenti.
Più di recente, nelle regioni siriane sottoposte al controllo dello Stato islamico, otto cristiani sarebbero stati crocifissi.
L'ultimatum lanciato ai cristiani dai miliziani dello Stato islamico al pagamento della jizya non è solo una questione finanziaria. Si tratta di sottomissione. La maggior parte dei media occidentali che ha riportato la notizia di questo recente invito al pagamento della jizya non è riuscita a spiegare il relativo patto "dhimma" che i cristiani sono tenuti a rispettare. Nelle parole dello Stato islamico: "Offriamo loro tre opzioni: l'Islam; il patto "dhimma" – che comprende il pagamento della jizya; e qualora rifiutino questo non avranno nulla se non subire la spada".
Il "patto dhimma" è un riferimento al Patto di Omar, un testo islamico attribuito all'omonimo califfo che costrinse i cristiani a vivere come membri di una classe inferiore.
In realtà, qualche mese fa, quando lo Stato islamico era ancora conosciuto come Isis, è stato applicato il Patto di Omar alle minoranze cristiane di Raqqa, in Siria. A tal uopo, il gruppo islamico aveva emanato una direttiva:
Appellandoci al concetto islamico di "dhimma", si impone ai cristiani della città di pagare un tributo di circa mezza oncia (14 g) di oro puro in cambio della loro salvezza. Inoltre, i cristiani non devono fare lavori di ristrutturazione delle chiese, esibire crocifissi o altri simboli religiosi fuori dalle chiese, suonare le campane delle chiese né pregare in pubblico. I cristiani non devono portare armi e devono osservare le altre regole imposte dall'Isis. (...) "Se rifiuteranno di farlo, rischieranno di essere degli obiettivi legittimi, e nulla rimarrà fra loro e l'Isis, se non la spada", dice la nota [corsivo aggiunto].
La persecuzione e l'esodo dei cristiani non è affatto limitato all'Iraq. Nel 2011, la Commissione Usa sulla libertà religiosa internazionale osservava: "La fuga dei cristiani dalla regione è senza precedenti e le cifre aumentano anno dopo anno". "I cristiani potrebbero sparire del tutto dall'Iraq, dall'Afghanistan e dall'Egitto", tutti paesi a maggioranza musulmana.
Sotto Saddam Hussein, e prima della "liberazione" dell'Iraq da parte degli Stati Uniti, nel 2003, oltre un milione di cristiani viveva in Iraq; a Mosul ce n'erano circa 60.000. Oggi, stando a quel che si dice, non ce n'è nessuno grazie al nuovo "califfato" musulmano.
In Egitto, circa 100.000 cristiani copti hanno lasciato il paese subito dopo la "Primavera araba". Ma ancor prima, la Chiesa copta ortodossa lamentava "ripetuti episodi di allontanamento dei copti dalle loro case, con la forza o le minacce. I trasferimenti iniziarono ad Ameriya [62 famiglie cristiane furono sfrattate], poi proseguirono a Dahshur [dove furono allontanare 120 famiglie cristiane] e oggi il terrore e le minacce hanno raggiunto il cuore e l'anima dei nostri bambini copti nel Sinai".
Alla fine del 2012, è stato riferito che gli ultimi cristiani della città di Homs, in Siria – che aveva una popolazione cristiana di circa 80.000 abitanti prima dell'arrivo dei jihadisti – furono uccisi. Una ragazza siriana ha detto: "Ce ne siamo andati perché cercavano di ucciderci (...) perché eravamo cristiani (...) Quelli che erano nostri vicini si sono rivoltati contro di noi. Alla fine, quando siamo scappati via, siamo passati dai balconi. Non abbiamo neanche osato uscire dalla porta di casa".
Nel paese africano del Mali, dopo un colpo di Stato islamico del 2012, ben 200.000 cristiani sono fuggiti. In base alle informazioni diffuse, "la Chiesa in Mali rischia di essere sradicata", soprattutto nella parte settentrionale "dove i ribelli vogliono creare uno Stato islamista indipendente e cacciare i cristiani. (...) si passano al setaccio case e chiese in cerca di cristiani che potrebbero nascondersi lì, le chiese e le loro proprietà vengono saccheggiate o distrutte, e la gente torturata per costringerla a rivelare i nomi dei parenti cristiani". Almeno un pastore è stato decapitato.
E si potrebbe continuare a lungo:
- In Etiopia, dopo che un cristiano è stato accusato di aver dissacrato un Corano, migliaia di cristiani sono stati costretti ad abbandonare le loro case quando "gli estremisti musulmani hanno dato fuoco a circa cinquanta chiese e a decine di abitazioni cristiane".
- Nella Costa d'Avorio –. dove i cristiani sono crocefissi – i ribelli islamici "hanno massacrato centinaia di cristiani, e ne hanno fatto allontanare decine di migliaia".
- In Libia, i ribelli islamici hanno costretto a fuggire parecchi ordini di suore cristiane che dal 1921 prestavano servizio a malati e bisognosi e hanno ucciso molti cristiani copti, inducendo anche quella comunità a scappare via.
- Nella Nigeria settentrionale a maggioranza musulmana, dove ogni domenica si fa saltare in aria una chiesa, i cristiani scappano via a migliaia; una regione è stata svuotata del 95 per cento della sua popolazione cristiana.
- In Pakistan, dove una bambina cristiana è stata falsamente accusata di aver dissacrato un Corano e dove i musulmani hanno scatenato un'offensiva contro i cristiani, un intero villaggio cristiano – uomini, donne e bambini – è stato costretto a fuggire nei boschi vicini, dove è stata costruita una chiesa, per risiedere lì in modo permanente.
Nonostante tutte queste atrocità, malgrado gli esodi e perfino i genocidi, i media più importanti sembrano trascorrere ogni attimo del loro tempo a mandare in onda immagini di palestinesi in fuga e a demonizzare Israele perché cerca di difendersi. Israele però non uccide i palestinesi a causa della loro religione o per altri motivi personali. Lo fa per far fronte al lancio di razzi e per tentare di difendersi dal terrorismo.
D'altra parte, tutti i crimini commessi dai musulmani contro i cristiani sono semplicemente motivati dall'odio religioso, perché i cristiani sono cristiani.
È vergognoso che i media diano scarsa risonanza alle notizie di gente che viene massacrata, decapitata, crocifissa e cacciata via solo per il fatto di essere cristiana, mentre una nazione come Israele, che uccide solo per difendersi, e non per fanatismo religioso, è costantemente demonizzata.