L'opinione pubblica israeliana è davvero di cattivo umore.
I lanci di razzi di Hamas, per il momento, si sono fermati; il cessate-il-fuoco in vigore sta tenendo. La minaccia strategica dei tunnel, la cui gravità è sfuggita alla maggior parte degli israeliani fino al momento della guerra, si è attenuata; molti impianti di produzione di razzi di Hamas sono stati distrutti; è stata utilizzata una percentuale consistente dell'arsenale del movimento islamista; e Hamas non ha raggiunto nessuno degli obiettivi strategici – mietere vittime israeliane o provocare distruzione fisica, un aeroporto, un porto o l'apertura dei valichi di frontiera. I bambini israeliani sono tornati sui banchi di scuola e, dopo una breve flessione, quest'anno l'economia israeliana dovrebbe crescere.
Ma il 54-37 per cento degli israeliani intervistati nei sondaggi si è detto contrario al cessate-il-fuoco e, se l'83 per cento ha approvato la condotta delle Forze di difesa israeliane, la fiducia nel premier è scesa dal 59 al 32 per cento con l'entrata in vigore del cessate-il-fuoco. Circa il 59 per cento pensa che Israele non ha vinto la guerra e il 16 per cento ritiene che l'abbia vinta Hamas. [I palestinesi concordano, il 79 per cento di loro pensa che Hamas abbia vinto la guerra e più della metà appoggia la strategia di Hamas della "resistenza armata" per il futuro.]
Non è solo la tristezza ad accompagnare le vittime. Per quanto l'opinione pubblica israeliana volesse la distruzione o l'eliminazione di Hamas o porre fine alla minaccia dei razzi, essa è stata condannata dalle sue aspettative irragionevoli. E coì anche gli americani. Avendo capito che lo Stato islamico (Si) è una minaccia non solo in Siria e in Iraq, ma anche per i nostri interessi e in fieri per il nostro paese, essi vogliono eliminarlo. L'interrogativo del governo americano come anche di quello israeliano è il seguente: "Come si fa a sconfiggere un movimento ideologico armato dotato di una base territoriale se si è riluttanti a combattere in questa base territoriale?"
Il presidente Obama ha cercato di spiegare. Essendo stato inesorabilmente deriso per aver definito l'Isis una "squadra di J.V." [che sta per Junior Varsity, ossia allievi alle prime armi, N.d.T. ] e aver detto: "Non abbiamo ancora una strategia", egli ha cercato di chiosare: "Il nostro obiettivo è chiaro e consiste nel degradare e distruggere l'Isil". Poi, ha aggiunto: "Degraderemo e alla fine distruggeremo l'Isil, come abbiamo dato la caccia ad al-Qaeda. (…) Non si può frenare un'organizzazione che calpesta i territori, provocando molto caos… (L'obiettivo deve essere) smantellarla".
Degradare, sconfiggere, smantellare e distruggere. Come?
Il governatore del Texas Rick Perry ha detto pubblicamente: "La risposta del presidente Obama è stata quella di minimizzare la minaccia, come se le parole avessero il potere di farlo. Una leadership americana è necessaria ora più che mai". Secondo il senatore Ted Cruz, la strategia dovrebbe prevedere un omaggio al generale Curtis LeMay e l'obiettivo di "riportare lo Stato islamico con le bombe all'età della pietra". Il senatore Rand Paul si è liberato delle sue credenziali isolazioniste osservando: "Tra i mezzi militari [per distruggere l'Isis] occorre includere i raid aerei contro obiettivi dell'Isis in Iraq e in Siria. Tali attacchi aerei sono il modo migliore per sopprimere la forza operativa dell'Isis e permettere agli alleati come i curdi di riguadagnare un vantaggio militare".
Leadership, bombe, raid aerei e "mezzi militari".
Gli israeliani e gli americani non sono disposti a controllare il territorio nemico come un mezzo per determinare l'esito finale. I loro governi hanno ben compreso i loro cittadini – gli americani sono cauti circa "l'invio di truppe" e la maggior parte degli israeliani ammette di non volere che i propri figli pattuglino in modo permanente la Striscia di Gaza, pur accettando il controllo delle zone periferiche e le incursioni occasionali all'interno. Non c'è alcun desiderio di ingaggiare una guerra come quella caratterizzata dalla tattica "dell'island hopping [ossia conquistare terreno saltando da un'isola all'altra, N.d.T.] che gli alleati praticavano lungo il Pacifico" che convinse il presidente Truman a pensare che la bomba atomica avrebbe causato complessivamente molte meno vittime rispetto a quelle causate dai soldati giapponesi che sbucavano fuori dai tunnel sulla terraferma.
Gli israeliani e gli americani non sono disposti a controllare il territorio nemico come un mezzo per ottenere la vittoria contro Hamas e lo Stato islamico. (Fonte dell'immagine: la Casa Bianca) |
Ma questo significa che non ci sarà nessuna distruzione, nessuna eliminazione del nemico, nessuna "vittoria".
Il controllo del territorio e la capacità di far osservare le regole ai propri nemici sono gli unici meccanismi conosciuti per porre fine, e non per condurre, una guerra. Nonostante la propensione occidentale ai " processi di pace" e ai negoziati, è difficile (forse impossibile?) trovare un esempio storico di una parte che accetta di rinunciare alla propria missione, alle armi, all'ideologia o ai propri interessi, senza essere stata costretta a farlo, con la sconfitta militare.
Non ci piace parlare di "vincitori" e "vinti", preferendo "accettare una soluzione di compromesso" o trovare una formula "vantaggiosa per tutti". Ma la "pace" stessa è stata definita da Machiavelli come "le condizioni imposte dai vincitori ai vinti dell'ultima guerra". Ci sono diverse iterazioni di "pace", a seconda che i vincitori stabiliscano condizioni buone o cattive. Ci può essere una pace fredda, un pace calda o la pace dei defunti. La pace che seguì la Prima guerra mondiale conteneva i semi della Seconda guerra mondiale; la pace che seguì il secondo conflitto mondiale produsse il miracolo economico tedesco.
Anche quando le guerre non sono "vinte", il controllo del territorio e le regole applicabili possono decretare il successo a lungo termine o il fallimento – le truppe statunitensi stazionano nella Corea del Sud dalla firma dell'armistizio del 1953, permettendo a una società democratica tecnologicamente avanzata di emergere, malgrado la minaccia da parte di un'impoverita, ben armata e pericolosa Corea del Nord. Il ritiro delle forze americane dal sud del Vietnam ha permesso al Vietnam del Nord di conquistare il territorio e di imporre un governo comunista su una singola entità vietnamita. Sebbene la Nato abbia affrontato la Russia attraverso il corridoio di Fulda, non si può negare che la presenza alleata abbia anche rafforzato le leggi antinaziste nella Germania occidentale.
I nemici di Israele e dell'Occidente sono simili. Affinità ideologiche a parte, essi sono crudeli e assolutisti e non applicano le norme riguardanti le donne, i bambini, la diversità religiosa o i crimini di guerra. Essi fanno affidamento sulla relativa gentilezza dei propri avversari – che sono Israele e l'Occidente – per proteggerli dalla sconfitta definitiva. Finora, la loro scommessa si è dimostrata corretta.
Il malumore nazionale che aleggia in Israele in questa fine estate potrebbe essere il frutto della consapevolezza che non c'è nessuna vittoria, nessuna pace all'orizzonte, ma solo una lunga lotta in cui la pazienza, la forza d'animo, una buona difesa e delle offensive occasionali sono le migliori armi. Bisogna vedere quali conclusioni trarranno gli Stati Uniti.