Evocare in Europa la memoria di Auschwitz è diventato difficile; domani, sarà impossibile.
Il 27 gennaio scorso si è tenuta la cerimonia del 70° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz – e probabilmente sarà l'ultima commemorazione del genere. I nazisti volevano un'Europa senza ebrei. Ne hanno ucciso sei milioni, ma nel loro obiettivo finale, hanno fallito.
Sono stati invitati 300 sopravvissuti, tutti ultraottantenni. Anche se rimangono delle testimonianze filmate, non ci potranno più essere testimoni diretti.
Anche se i capi di Stato europei parlano di Auschwitz pronunciando la formula solenne "mai più", queste parole sembrano sempre più vane. I sondaggi mostrano che nella maggior parte dei paesi europei, compresa la Germania, un numero crescente di persone vuole voltare pagina e dice di voler dimenticare l'Olocausto ma non dice mai di voler dimenticare, ad esempio, la Crocifissione.
Quando le principali riviste europee pubblicano articoli sull'Olocausto, un numero crescente di persone lascia commenti, rilevando che l'Olocausto è stato solo uno dei tanti genocidi, e non c'è motivo di insistere su questo sterminio, in particolare.
Quando sono evocati altri genocidi, il destino dei palestinesi occupa rapidamente il centro della scena, anche se i palestinesi ripetono quasi ogni giorno che vorrebbero uccidere gli israeliani, mentre gli israeliani affermano di volere la pace. Gli israeliani non hanno mai asserito di voler uccidere i palestinesi.
Ne conseguono di solito delle pungenti critiche a Israele motivate politicamente e mosse dall'Europa, ma spacciate per difesa dei diritti umani.
Nonostante i crimini mostruosi commessi dallo Stato islamico, da Boko Haram o dall'Iran, i duecentomila morti in Siria e i massacri dei cristiani e degli yazidi in Iraq, per i giornalisti europei lo Stato ebraico, a quanto parte, continua ad essere il bersaglio prediletto.
In quale altro posto in Medio Oriente, che non sia Israele, un giornalista può condurre una vita comoda, inviare un articolo al suo direttore entro mezzogiorno, andare in spiaggia e cenare con la sua famiglia? Forse se critica abbastanza Israele, il suo articolo si aggiudicherà la prima pagina e riceverà un premio per il coraggio mostrato nel giornalismo. Pertanto, nei media internazionali, gli ebrei israeliani vengono spesso descritti in modo diffamatorio come criminali che stanno facendo agli altri ciò che è stato fatto a loro 70 anni fa.
Nonostante la situazione mondiale sempre più drastica e un Iran apertamente genocida – che presto avrà le sue armi nucleari, se non le ha già – e con la squallida brutalità di dittatori come Bashar al-Assad, il leader supremo Ali Khamenei, Kim Jong Un e Abu Bakr al Baghdadi, i leader israeliani sono quelli che gli europei amano accusare, detestare e demonizzare.
Il desiderio di dimenticare il passato, di lanciare accuse degradanti contro gli ebrei israeliani, di calunniare lo Stato ebraico e demonizzare la leadership israeliana mostra una crescente animosità contro gli ebrei, oltre a favorire una nuova violenza antiebraica sul suolo europeo.
Spesso le manifestazioni di protesta anti-israeliane sono punteggiate da slogan espliciti volti a colpire gli ebrei. Queste manifestazioni poi portano a disordini attentati e aggressioni fisiche contro le sinagoghe e gli ebrei.
Gli attacchi terroristici sono denunciati dai giornalisti e dai leader politici, ma le loro denunce sembrano sempre ipocrite e poco convincenti, condannando "l'antisemitismo", proprio loro che lo incoraggiano. La maggior parte dei giornalisti e dei capi di Stato europei afferma di combattere l'antisemitismo. Gran parte di loro non lo fa.[1] Essi non affrontano quasi mai le dure parole pronunciate contro Israele, gli ebrei israeliani o i leader dello Stato ebraico. Parlano e agiscono come se quelle parole non avessero alcuna influenza. Pertanto, le loro denunce sembrano sempre ambigue e illusorie.
Il lungo e persistente odio europeo contro gli ebrei, che portò ad Auschwitz, è stato un crimine così nauseante che per qualche decennio, gli europei furono schiacciati dalla vergogna. Da allora, sembra che abbiano cercato incessantemente di alleviare questo peso.
Per un po', il tentativo di negare l'Olocausto non ha fatto altro suscitare indignazione e orrore. Ma i tentativi di banalizzare l'Olocausto persistono. Il crescente desiderio di molti europei di dimenticarsi di quanto accaduto potrebbe anche garantire il successo della banalizzazione dell'Olocausto.
Un altro tentativo è quello di diffamare Israele. Se lo si accusa ingiustamente di essere uno Stato criminale; se si afferma che gli ebrei israeliani sono inaccettabili e che i leader israeliani organizzano piani terribili, allora gli europei riescono a sentirsi meno criminali e a provare meno sensi di colpa.[2]
Denigrare Israele in Europa è anche efficace perché a farlo è principalmente la "sinistra".[3]
La "sinistra" dice di essere antifascista, chi non è d'accordo con le sue idee deve essere quindi un fascista.
Essa descrive gli arabi palestinesi come vittime, che in realtà sono – ma non a causa di Israele. Nessun palestinese è ora governato dagli israeliani, solo da arabi. Nel 2005, Israele evacuò forzatamente tutti gli ebrei da Gaza, pertanto essa potrebbe essere, per i palestinesi, una "Singapore nel Mediterraneo". Gli israeliani gli hanno lasciato le serre in perfette condizioni, in modo che i palestinesi potessero partire da una solida economia. Essi però le distrussero nel giro di qualche ora. Hamas gettò giù dai tetti degli edifici gli uomini Fatah finché non si impadronì del potere. Hamas ora governa Gaza in un governo di unità nazionale con l'Autorità palestinese di Mahmoud Abbas. Appoggiare Fatah di Abbas è come appoggiare Hamas.
Ma molti europei – anche ora, di fronte a quegli stessi attacchi terroristici che Israele fronteggia da anni – non lasciano che fatti del genere interferiscano con le loro posizioni. Non importa se i palestinesi hanno scavato i cosiddetti tunnel della morte per lanciare attacchi a sorpresa allo scopo di rapire e uccidere i civili israeliani. Poco importa che i palestinesi invochino di continuo la morte – non solo degli israeliani – ma degli ebrei. Non importa se i palestinesi dal 1947 abbiano rifiutato di accettare ogni proposta di spartizione, la terra o le offerte di pace, con la concessione del 98 per cento di quanto da loro chiesto. Molti europei descrivono ancora gli ebrei israeliani come aguzzini fascisti, talvolta paragonabili ai nazisti.[4]
Oggi, in Europa, è efficace denigrare Israele perché c'è stato un cambiamento nella sua popolazione. Sono milioni gli immigrati musulmani arrivati nel Vecchio continente. Ora, essi sono cittadini europei. Anche se molti sbarcano in Europa in cerca di opportunità economiche, spesso vengono considerati dagli europei come vittime del razzismo e dell'oppressione. Pertanto, ci si chiede, se si è vittima del razzismo e dell'oppressione, come si può essere razzisti?
Parecchi musulmani son stati indottrinati sin dall'infanzia a odiare Israele, gli ebrei e l'Occidente.[5] Questa visione è fomentata dai testi islamici genocidi; dai media palestinesi, sia di Hamas sia di Fatah; dai media internazionali, che accettano solo articoli impostati su una prospettiva anti-israeliana e finanziati dall'UE; da organizzazioni non-governative che fanno credere di difendere i "diritti umani" ma invece sono dedite a una priorità politica: cercare di smantellare Israele.
I governi europei e l'Unione Europea spendono centinaia di milioni di euro – la trasparenza e la responsabilità sono tenute rigorosamente nascoste – per cercare di mettere in ginocchio Israele, a livello diplomatico ed economico. Questa priorità internazionale è sollecitata dall'incoraggiamento dell'Organizzazione della cooperazione islamica (OCI), composta da 56 paesi più la "Palestina", e che costituisce il più grande blocco che si contrappone alle Nazioni Unite profondamente corrotte.
Oggi, in Europa, le calunnie contro Israele sono ampiamente lanciate dai musulmani europei, e se un leader politico o un giornalista non è d'accordo con ciò che dicono, è tacciato di razzismo.
L'odio verso Israele pervade così intensamente l'atmosfera europea che quasi nessun giornalista o leader politico, con l'eccezione di pochi coraggiosi, che vengono immediatamente puniti severamente, sembra pronto a fronteggiarlo in modo efficace.
Alcuni anni fa, gli attacchi sferrati in Europa contro gli ebrei raramente sfociarono in omicidi. Tutto questo, però, iniziò a cambiare nel 2006, quando un gruppo a Parigi rapì e torturò per tre settimane un ragazzo ebreo, Ilan Halimi, prima di ucciderlo. Nel 2012, l'uomo che attaccò una scuola ebraica di Tolosa voleva uccidere gli ebrei e lo fece. E così anche l'autore dell'attentato al museo ebraico di Bruxelles, nel 2014, e l'uomo che è entrato nel supermercato kosher di Parigi, il 9 gennaio scorso. Quanto invece all'autore dell'attacco terroristico alla sinagoga di Copenaghen del 14 febbraio, anche lui desiderava uccidere degli ebrei, e, forse con sua delusione, ne ha ucciso solo uno.
In risposta agli attacchi, in Norvegia, un migliaio di musulmani encomiabili, solidali con gli ebrei, hanno formato "un catena umana di pace" intorno alla principale sinagoga di Oslo. "Non vogliamo che siano le persone a dire cosa sia l'Islam per noi", ha asserito Zeeshan Abdullah, uno degli organizzatori della manifestazione. Ma in Europa seguiranno altri attacchi.
Le popolazioni europee rimangono passive e inerti. Hanno reagito alle stragi di Parigi dell'11 gennaio principalmente perché dei famosi vignettisti erano stati uccisi due giorni prima dell'attacco al supermercato kosher. Se fossero stati uccisi solo gli ebrei, probabilmente non ci sarebbe stata alcuna reazione di massa. Dopo gli omicidi di Tolosa e Bruxelles le proteste non sono state corali. E così anche a Copenaghen, prima della catena umana formata dai musulmani intorno alla sinagoga di Oslo – probabilmente perché il killer aveva lanciato un attacco contro un dibattito sulla libertà di espressione.
I leader mondiali tenendosi sottobraccio partecipano alla marcia di protesta contro il terrorismo, l'11 gennaio 2015. Guy Millière scrive che se fossero stati uccisi solo degli ebrei, probabilmente non ci sarebbe stata alcuna manifestazione di protesta. (Fonte dell'immagine: RT video screenshot) |
I leader israeliani, decifrando la situazione, da anni denunciano il crescente clima di odio contro Israele in Europa e hanno previsto con precisione quali sarebbero state le conseguenze violente.
Il premier israeliano Binyamin Netanyahu, ha ripetuto che almeno ora c'è uno Stato ebraico dove gli ebrei possono vivere liberamente.
Negli ultimi dieci anni, oltre 60.000 ebrei hanno abbandonato l'Europa e in migliaia stanno per partire.
Se nel Vecchio continente, nel 1939, c'erano 9,8 milioni di ebrei, oggi, invece, ce ne sono, 1,4 milioni: lo 0,2 per cento della popolazione.
Complessivamente in Europa ci sono 44 milioni di musulmani. Il numero di coloro che si radicalizzano è in aumento e la percentuale di chi odia Israele e gli ebrei è alta.
Settant'anni dopo Auschwitz, un'Europa senza ebrei sembra ormai una possibilità.
[1] Manfred Gerstenfeld, Demonizing Israel and the Jews, RVP Publishers, 2013.
[2] Gabriel Schoenfeld, The Return of Anti-Semitism, Encounter Books, 2005.
[3] Robert Wistrich, From Ambivalence to Betrayal: The Left, the Jews, and Israel, University of Nebraska Press, 2012.
[4] Robert Wistrich, op.cit.
[5] Christopher Caldwell, Reflections on the Revolution In Europe: Immigration, Islam and the West, Anchor Books, 2010.