Il governo svedese sta ora preparando una legge che costringerà tutti i comuni svedesi, contro la loro volontà, ad assegnare case popolari ai profughi appena arrivati.
Nel XX secolo la Svezia era un paese omogeneo, dove difficilmente c'erano immigrati. Oggi, invece, data la politica liberale sui temi dell'immigrazione e i rapidi e radicali sviluppi demografici, Malmö – la terza città più grande del paese – sta per diventare un centro urbano dove gli svedesi autoctoni sono in minoranza. La sua popolazione immigrata è passata dal 27 percento,[1] nel 1996, al 42 per cento nel dicembre 2012.
In Svezia, come in tutto il mondo, gli immigrati incontrano difficoltà soprattutto nell'ambito dell'istruzione e del mercato del lavoro.[2]
Ciò che manca, però, è l'esistenza di punti di vista diversi. In quartieri come Fosie e Rosengård, dove gli svedesi autoctoni sono in minoranza, anche questi ultimi sono esposti al razzismo. Questi episodi vanno da insulti come "Svennehora" (puttana svedese) o "Svennebög" (omosessuale svedese), utilizzati nelle scuole per insultare i bambini figli di svedesi autoctoni, ad atti ostili. Ad esempio, un palo di maggio (un palo in legno decorato con foglie e fiori, N.d.T.) piantato per le celebrazioni di mezz'estate da una squadra di calcio di Biskopsgården, un'area abitata per lo più da immigrati, nel giro di 24 ore è stato segato alla base. Inoltre, in una forma istituzionalizzata di "razzismo al contrario" contro gli svedesi, la città di Malmö ha un obiettivo politico secondo il quale la percentuale degli impiegati comunali di origine immigrata deve essere pari alla percentuale della popolazione totale di Malmö; pertanto, se il 42 per cento della popolazione di Malmö è costituita da immigrati, allora anche il 42 per cento degli impiegati comunali lo deve essere. Di conseguenza, più elevata è la percentuale di residenti di origine immigrata presenti a Malmö, più basse sono le probabilità che gli svedesi autoctoni siano assunti per un impiego nell'amministrazione comunale della città.[3]
Qualunque cosa di possa pensare di questi cambiamenti demografici o della politica liberale svedese dell'immigrazione, ad alcuni svedesi autoctoni potrebbe sembrare che la politica d'immigrazione del loro paese sia una versione sociologica della distruzione creativa: "Fuori il vecchio e dentro il nuovo".
La Svezia è sempre stato un paese con una politica liberale dell'immigrazione, ma sono sorti alcuni problemi che rendono problematica tale politica.
L'accordo di Schengen del 1985, di cui la Svezia è uno dei firmatari, ha abolito i controlli alle frontiere tra molti paesi europei, permettendo alle persone dell'Italia meridionale di recarsi in Svezia senza essere sottoposte al controllo dei passaporti e di identità. Allo stesso tempo, negli ultimi dieci anni, molti paesi europei, soprattutto quelli scandinavi, hanno inasprito la loro politica dell'immigrazione – un cambiamento che rende ancor più liberale la politica svedese dell'immigrazione, se paragonata a quella dei paesi vicini.
Inoltre, nel 2013, il servizio di immigrazione svedese (Migrationsverket) ha promesso di concedere a tuti i profughi siriani la residenza permanente in Svezia.
Di conseguenza, la Svezia è diventata una società in frantumi. Ci sono molti immigrati alla ricerca di un'identità, ma non c'è più alcuna coesione culturale. Vengono create comunità prive di storia. A Fosie e Rosengård, ad esempio, i cambiamenti demografici sono stati talmente radicali e rapidi che la popolazione non ha ancora avuto il tempo né l'opportunità di creare un comune contesto storico o culturale. Ci si potrebbe chiedere perché ce ne dovrebbe essere uno, o se finirà per formarsene uno spontaneamente. Pertanto molte società, specialmente in Medio Oriente e in alcune parti d'Europa, sembrano crescere più frammentate.
C'è chi è ottimista e dice che un giorno si svilupperà un contesto storico e culturale comune, basato sul multiculturalismo svedese. Ma le rivolte degli immigrati che si sono verificate a Husby e gli elementi jihadisti che nelle grandi città svedesi sono sempre più numerosi dimostrano il contrario.
Alcuni immigrati riescono a costruirsi una sorta di identità svedese, che li rende parte della società scandinava. Ma molti altri immigrati sembrano trovare altre identità che li fanno sentire estranei nel paese.
I funzionari del governo affermano di voler integrare gli immigrati nella società, ma nelle zone dove la maggioranza della popolazione è costituita da immigrati c'è poco da integrarli. Ci sono edifici e tracce di una società, ma la gente che ha costruito quella società non vive là intorno. C'è solo un vuoto storico e culturale.
Se in Svezia ogni gruppo etnico creasse la propria storia e cultura, a un certo punto la gente si dimenticherebbe di essere un paese. In molte zone dove la maggioranza dei residenti è costituita dagli immigrati e dai loro figli, l'unica identità che la comunità riesce a forgiare è che l'area presenta molti problema sociali.
Parlando con chi vive in queste zone, emerge che molti non si considerano svedesi. Sono state formate diverse identità etniche e religiose, ma l'identità nazionale svedese si sta perdendo.
Molta gente di origine immigrata rifiuta l'identità nazionale svedese, a differenza degli Stati Uniti, ad esempio, dove l'identità americana è comunemente abbracciata dagli immigrati, che l'aggiungono alla loro ex cultura.[4] Per dare un'idea degli attuali atteggiamenti contrari all'identità nazionale svedese, si prendano in considerazione i commenti espressi dall'ex premier svedese (2006-2014) Fredrik Reinfeldt, che dopo aver visitato il quartiere di Ronna, a Södertälje (dove la maggior parte degli abitanti ha origine immigrata), ha detto: "Solo la barbarie è autenticamente svedese. Il resto dello sviluppo arriva dall'estero".
Questo tipo di dichiarazione da parte dell'establishment politico – persone al potere che dicono agli immigrati che l'identità nazionale svedese è inutile – è comune e indubbiamente fa molto per contribuire alle ragioni per cui la gente di origine immigrata rifiuta l'identità nazionale svedese.
Che ne pensano di questa nuova situazione gli svedesi autoctoni che vivono in zone dove sono in minoranza? Questo dibattito non è stato avviato sia nei media svedesi sia nel sistema politico svedese.
Chiunque osi parlare di questi cambiamenti demografici viene etichettato come razzista da parte della classe dirigente politica del paese.
Le comunità locali della Svezia che stanno perdendo la loro storia a causa dei radicali cambiamenti demografici dovrebbero accettare tali cambiamenti e tacere oppure come dice il vecchio detto svedese: devono mettere il pugno in tasca, ossia mettere via la loro rabbia.
Quando gli svedesi autoctoni sono in minoranza in certe zone, significa che possono dover far fronte alla discriminazione. Ma la maggior parte dei politici e dei media del paese non è interessata ad affrontare la questione di qualsiasi tipo di discriminazione perpetrata nei confronti degli svedesi nativi che vivono nei luoghi in cui sono una minoranza.
Segnalare i casi di svedesi autoctoni vittime di molestie nelle zone abitate in maggioranza da immigrati non fa parte del discorso multiculturale perché si parla dell'immigrazione solo come di un fatto positivo.
Ma lo stesso tipo di razzismo, anche se in una forma differente, che gli immigrati possono dover affrontare in alcune parti della società, gli svedesi devono fronteggiarlo in altre parti della società – dove la maggioranza è costituita da immigrati. Tuttavia, solo una di queste forme di razzismo cattura l'attenzione.
Nel paese, occorre fare quotidianamente i conti con questo atteggiamento, che rende invisibile il razzismo contro gli svedesi autoctoni.
Se sono gli immigrati a commettere un reato, è considerato razzista il fatto di sottolineare la provenienza etnica o il colore della pelle del colpevole. Ma se il reato è commesso da uno svedese autoctono e la vittima è un immigrato, è importante rilevare che l'autore del crimine è "un bianco" o "uno svedese". Il reato commesso da un nativo svedese è percepito come parte di un "razzismo strutturale". Accettare questo principio dei due pesi e due misure è così insito nella struttura della società che è pressoché impossibile rendersene conto. Le norme della società sono talmente rigorose e radicate che la gente non riesce nemmeno a capire di comportarsi in modo razzista.
Quando una donna musulmana che indossava il velo ha denunciato di essere stata picchiata nell'agosto 2013, gli attivisti "antirazzisti"[5] – secondo i quali solo gli svedesi e gli occidentali sono dei veri razzisti – hanno raccontato ai media che i colpevoli erano "uomini bianchi svedesi". Essi hanno lanciato una "petizione a favore dell'hijab" esortando gli eminenti politici svedesi a indossare il velo islamico per un giorno a sostegno della petizione a favore dell'hijab. Nel febbraio 2014, la polizia chiuse il caso perché non c'erano sospettati o testimoni dell'aggressione. Gli inquirenti avevano visionato i filmati di molte telecamere di sicurezza, ma degli "uomini bianchi svedesi", che secondo gli "antirazzisti" erano gli autori dell'aggressione, non c'era nessuna traccia. Dopo gli attacchi incendiari alle moschee o le aggressioni ai danni degli immigrati, gli attivisti "antirazzisti" spesso accusano senza esitazione "gli uomini bianchi svedesi", reputandoli responsabili per poi alla fine scoprire che i crimini sono stati commessi da altri gruppi etnici. Sottoporre gli svedesi autoctoni a questo tipo di profiling razziale è diventato assolutamente ammissibile.
Pur non essendo contrari agli immigrati, i conservatori svedesi vogliono una politica dell'immigrazione più restrittiva, soprattutto per evitare di danneggiare il tessuto sociale delle comunità e delle culture locali, come è accaduto in quartieri come Rosengård e Fosie. La Svezia si definisce "una potenza umanitaria", ma questa sollecitudine umanitaria evidentemente non è abbastanza ampia da includere i nativi svedesi, specialmente quelli che un tempo vivevano nelle zone che oggi sono ad alta concentrazione di immigrati. Molte vecchie comunità svedesi e le loro storie sono andate perdute, rimpiazzate da qualcosa che può essere descritto solo dal termine "ghetto".
Questi sono gli svedesi, le cui comunità si sono spaccate e che hanno perso la loro storia locale a causa della politica liberale dell'immigrazione adottata dalla Svezia.
Ci sono svedesi che in venti anni sono diventati una minoranza in una zona che consideravano loro. Queste persone non credono che la politica dell'immigrazione sia umanitaria. Pensano che essa le abbia derubate di qualcosa. Ma se davvero siamo tutti uguali, come gruppo oppresso le cui comunità locali sono state distrutte, anche la loro voce andrebbe ascoltata.
In un paese con una popolazione di 9,5 milioni di abitanti, non ci vuole molto a provocare l'estinzione delle comunità. I radicali cambiamenti demografici a cui sono stati forzatamente sottoposti i quartieri poveri come Fosie e Rosengård stanno ora per essere imposti al resto del paese. Una politica liberale sui temi dell'immigrazione potrebbe salvare molte persone dalla guerra e dalla povertà, ma ha anche le sue vittime.
Nima Gholam Ali Pour è un giornalista del sito web svedese social-conservatore Samtiden ed è membro del comitato per l'istruzione della città di Malmö, in Svezia.
[1] Områdesfakta Malmö stadskontor 1996.
[2] Nelle scuole elementari, ad esempio, nel 2013-2014, l'82 per cento degli studenti con genitori svedesi autoctoni ha conseguito il diploma di licenza elementare dopo aver terminato la 9a classe; ma tra gli allievi di origine immigrata la percentuale è stata del 70 per cento. E tra gli alunni di origine immigrata, ma nati all'estero, la cifra era del 52 per cento. Il tasso di disoccupazione tra le persone nate in Svezia è del 6 per cento, mentre la disoccupazione tra i nati all'estero è del 16,6 per cento.
[3] La Svezia ha un ampio settore pubblico e la città di Malmö consta di 23.000 dipendenti. Questo obiettivo politico, dunque, cambia le condizioni di vita di molte persone di una città di 318.000 abitanti. Nel 1996, solo il 34 per cento della popolazione di Fosie era di origini immigrata; nel dicembre 2012, lo era il 66 per cento. Anche alcuni quartieri di Malmö hanno subito uno sviluppo del genere. Nel 1996, il 74 per cento della popolazione di Rosengård era di origini immigrata; nel dicembre 2012, questa cifra è salita all'88 per cento. Essere di origine immigrata significa che si può essere nati all'estero o avere genitori che non sono nati in Svezia.
[4] Beyond the Melting Pot, di Daniel P. Moynihan e Nathan Glazer.
[5] La Svezia ha un movimento "antirazzista" che è molto vicino ai socialdemocratici svedesi, al Partito della Sinistra e ai Verdi. Molti membri del consiglio di questo movimento sono alti esponenti di questi tre partiti. Il movimento antirazzista opera anche come canale tra queste tre formazioni politiche e le organizzazioni religiose e degli immigrati che fanno parte del movimento. Per lo più questo movimento utilizza "una retorica postcoloniale", il che significa che esso cerca di dire che gli svedesi o gli occidentali sono razzisti perché la cultura svedese e occidentale è sempre stata razzista e deve essere decostruita.