La Cina, che condivide con l'Afghanistan un esiguo confine di 47 miglia, è da tempo che ambisce allo sviluppo di legami più stretti con Kabul, non da ultimo a causa delle grandi riserve non sfruttate di risorse minerarie che l'Afghanistan possiede. Nella foto: il ministro degli Esteri cinese Wang Yi (a sinistra), il ministro degli Esteri pakistano Shah Mahmood Qureshi (al centro) e l'allora ministro degli Esteri afghano Salahuddin Rabbani al Dialogo trilaterale dei ministri degli Esteri di Cina-Afghanistan-Pakistan, svoltosi a Islamabad, il 7 settembre 2019. (Photo credit by AFP via Getty Images) |
L'indecente fretta con cui l'amministrazione Biden ha intrapreso il ritiro militare dall'Afghanistan non solo aumenta la prospettiva di cedere il controllo del Paese all'intransigente movimento islamista talebano, ma offre alla Cina un'opportunità d'oro per estendere la sua influenza su questo paese dell'Asia centrale strategicamente importante.
La Cina, che condivide con l'Afghanistan un esiguo confine di 47 miglia, è da tempo che ambisce allo sviluppo di legami più stretti con Kabul, non da ultimo a causa delle grandi riserve non sfruttate di ricchezza mineraria che l'Afghanistan possiede.
Ricco di rame, litio, marmo, oro e uranio, si stima che le risorse minerarie dell'Afghanistan superi oltre 1 trilione di dollari, risorse che potrebbero facilmente rendere il Paese economicamente autosufficiente se mai dovessero essere pienamente sviluppate.
Dal punto di vista della Cina, l'accesso alle ricchezze minerarie dell'Afghanistan fornirebbe una pronta fornitura di preziosi minerali che sono ritenuti vitali per l'obiettivo a lungo termine del Partito comunista al potere di diventare la principale potenza economica mondiale.
Decenni di incessante conflitto in Afghanistan, a partire dall'invasione dell'Unione Sovietica nel 1979, hanno fatto sì che, ad oggi, siano stati compiuti pochi progressi nello sviluppo delle risorse naturali del Paese. La corruzione endemica tra l'élite dominante del Paese è un altro motivo del lento tasso di progresso, con il risultato che si stima che il governo afghano perda ogni anno circa 300 milioni di dollari dall'estrazione mineraria.
L'ex presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump a un certo punto ha preso in considerazione l'idea di sviluppare la ricchezza mineraria dell'Afghanistan per contribuire a pagare il costo della coalizione militare guidata dagli Stati Uniti, che si stima sia costata ai contribuenti americani, negli ultimi due decenni, 1-2 trilioni di dollari.
Ora, a seguito della decisione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden di accelerare il ritmo del ritiro delle forze statunitensi dall'Afghanistan, ci sono crescenti preoccupazioni che la Cina si muoverà rapidamente per sostituire gli Stati Uniti come potenza dominante in questo Paese arretrato, con tutte le implicazioni che potrebbero esserci per la sicurezza occidentale poiché un certo numero di gruppi terroristici islamici, come l'ISIS, cercano di usare il Paese come rifugio sicuro da cui pianificare attacchi contro l'Occidente.
Il modo in cui le truppe statunitensi si sono ritirate, non fidandosi abbastanza dei loro alleati afgani per avvertirli previamente della loro partenza, mostra una preoccupante mancanza di fiducia tra gli Stati Uniti e i loro alleati nonostante il fatto che le due parti siano stati stretti alleati per quasi due decenni.
Gli Stati Uniti e altri alleati della Nato, come la Gran Bretagna, hanno investito miliardi di dollari nell'addestramento e nell'equipaggiamento delle forze di sicurezza afghane per difendere il Paese dalla minaccia dei talebani.
Tuttavia, la situazione in loco è arrivata al punto in cui, senza l'appoggio delle forze occidentali, le forze afgane lotteranno per prevalere contro un avversario determinato e pieno di risorse come i talebani.
L'incapacità delle forze afgane di proteggere il governo democraticamente eletto del Paese si riflette in dati recenti che mostrano che i talebani controllano un terzo di tutti i 421 distretti del Paese, con gli stessi talebani che affermano di controllare l'85 per cento del Paese.
Anche se le affermazioni dei talebani sono di molto esagerate, come sostengono gli osservatori occidentali, è chiaro che il governo afghano del presidente Ashraf Ghani è sottoposto a enormi pressioni a causa della decisione di Biden di accelerare il ritiro, con le operazioni di combattimento statunitensi che si concludono due mesi prima della scadenza di settembre originariamente fissata dal presidente americano.
Come ha detto il portavoce del Pentagono John Kirby al programma televisivo "Fox News Sunday", Washington "guarda con profonda preoccupazione" mentre gli insorti talebani prendono il controllo di sempre maggiori parti del territorio.
Con una prospettiva poco realistica di un accordo negoziato tra Kabul e i talebani durante i colloqui di pace attualmente in corso nello stato del Golfo del Qatar, la scena è pronta per Pechino per intervenire ed esercitare la sua influenza in un Paese che è caduto nella sfera di influenza di Washington dalla fine degli anni Ottanta.
Pechino gode già di buoni rapporti con il vicino Pakistan, dove il carismatico primo ministro, Imran Khan, un tempo era soprannominato "Khan, il talebano" per aver sostenuto il movimento islamista.
Il leader pakistano è stato anche criticato per aver definito il numero uno di al-Qaeda, Osama bin Laden, un "martire", dopo la sua uccisione da parte delle forze speciali statunitensi nel suo rifugio in Pakistan, nel 2011.
Come parte dell'impegno di Pechino volto ad approfondire e ampliare i suoi legami in Asia centrale, la Cina sta anche concentrando le sue forze sull'espansione della sua influenza in Afghanistan, una politica che ci si aspetta darà i suoi frutti se i talebani raggiungeranno il loro obiettivo di prendere il controllo dell'intero Paese.
I precedenti tentativi di Pechino di costruire legami in Afghanistan sono stati ostacolati dal terribile trattamento riservato dalla Cina alla sua minoranza musulmana uigura della provincia dello Xinjiang, nel nord-ovest della Cina. Gli uiguri hanno storicamente goduto di stretti legami con i talebani: un certo numero di combattenti uiguri sono stati inviati nella struttura di detenzione statunitense di Guantanamo Bay, a Cuba, dopo essere stati arrestati dalle forze statunitensi in Afghanistan durante l'intervento militare americano nel 2001 dopo gli attacchi dell'11 settembre.
Nel tentativo di migliorare le relazioni con Pechino i talebani si sono rifiutati di condannare la persecuzione cinese dei musulmani nello Xinjiang e hanno dichiarato che non daranno più rifugio ai militanti uiguri nel territorio da loro controllato.
Inoltre, i funzionari cinesi hanno aperto canali non ufficiali con i talebani per porre fine alla lunga guerra civile del Paese.
Il signor Biden, a giudicare dalla sua strenua difesa della decisione di ritirare le forze statunitensi dall'Afghanistan, crede chiaramente che sia nell'interesse dell'America porre fine al suo coinvolgimento ventennale nel Paese. Ma se il ritiro degli Stati Uniti apre semplicemente la strada alla Cina per diventare la nuova potenza dominante in Afghanistan, allora Biden sarà responsabile di aver causato, per quanto riguarda l'Occidente, un disastro strategico di proporzioni epiche.
Con Coughlin è redattore del Daily Telegraph dove si occupa di difesa e affari esteri, ed è Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute.