Il regime iraniano sembra essere a pochi mesi dalla produzione di armi nucleari, il tutto mentre l'amministrazione Biden è completamente silente e non ha esplicitato alcuna politica chiara per impedire a questo regime pericoloso e predatorio di diventare uno Stato nucleare come la Corea del Nord. Nella foto: l'impianto di produzione di acqua pesante ad Arak, a sud di Teheran. (Foto di Majid Saeedi/Getty Images) |
Il regime iraniano sembra essere a pochi mesi dalla produzione di armi nucleari, il tutto mentre l'amministrazione Biden è completamente silente e non ha esplicitato alcuna politica chiara per impedire a questo regime pericoloso e predatore di diventare uno Stato nucleare come la Corea del Nord.
Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha detto quanto segue agli ambasciatori dei Paesi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, durante un briefing al ministero degli Esteri, a Gerusalemme, tenutosi il 4 agosto 2021:
"L'Iran ha violato tutte le linee guida stabilite nel JCPOA ed è solo a circa 10 settimane di distanza dall'acquisizione di materiali usati per la fabbricazione di armi necessari per produrre un'arma nucleare. (...) Ora è il momento dei fatti: le parole non bastano. È tempo di un'azione diplomatica, economica e persino militare, altrimenti gli attacchi continueranno".
L'amministrazione Biden ha insistito per rilanciare il disastroso accordo nucleare di Obama e l'establishment teocratico iraniano ha evidentemente visto questa come un'opportunità perfetta per guadagnare tempo e avvicinarsi all'acquisizione di armi nucleari.
Washington prima ha mostrato la sua ansia facendo capire ai leader iraniani che gli Stati Uniti volevano tornare all'accordo nucleare ed erano disposti a rimuovere tutte le sanzioni reimposte dall'amministrazione Trump.
Quando sono iniziati i colloqui sul nucleare, il regime iraniano ha cominciato a portare avanti il suo programma nucleare a un ritmo più veloce, man mano che i negoziati proseguivano. L'amministrazione Biden non solo è rimasta in silenzio di fronte alle violazioni di Teheran, ma ha anche iniziato a offrire ancora più concessioni ai mullah. Washington, ad esempio, ha annunciato non solo di essere disposta a revocare le sanzioni relative al nucleare, ma anche che stava considerando la possibilità di abolire quelle non legate al nucleare.
Nel gennaio 2021, l'Iran ha iniziato ad aumentare il livello di arricchimento dell'uranio al 20 per cento. Il 9 gennaio, il Parlamento iraniano ha approvato una legge che impone al governo di espellere gli ispettori nucleari dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA). Ad aprile, il regime ha aumentato il livello di arricchimento dell'uranio al 60 per cento avvicinandosi ai livelli necessari per produrre armi atomiche. Mentre il suo governo teneva colloqui indiretti sul nucleare con l'amministrazione Biden, Mohammad Bagher Qalibaf, presidente del Parlamento iraniano, si vantava:
"I giovani scienziati iraniani credenti in Dio sono riusciti a ottenere un prodotto di uranio arricchito al 60 per cento. Mi congratulo con la coraggiosa nazione dell'Iran islamico per questo successo. La forza di volontà della nazione iraniana è miracolosa e può disinnescare qualsiasi cospirazione".
Il 6 luglio, mentre erano in corso i colloqui sul nucleare di Ginevra, il regime ha iniziato produrre uranio metallico arricchito. L'AIEA, il gruppo di controllo nucleare delle Nazioni Unite, ha avvertito:
"Oggi, l'Iran ha informato l'Agenzia che l'UO2 (ossido di uranio) arricchito fino al 20 per cento di U-235 sarebbe stato spedito al laboratorio di ricerca e sviluppo presso l'impianto di fabbricazione del combustibile a Esfahan, dove sarebbe stato convertito in UF4 (tetrafluoruro di uranio) e poi in uranio metallico arricchito al 20 per cento di U-235, prima di usarlo per produrre il combustibile".
Una dichiarazione congiunta rilasciata da Regno Unito, Francia e Germania ha concordato sul fatto che il regime iraniano "non ha un bisogno credibile per scopi civili di attività di ricerca, sviluppo e produzione di uranio metallico, che sono un passaggio chiave nello sviluppo di un'arma nucleare".
L'amministrazione Biden, inoltre, non ha fatto alcuno sforzo per esercitare pressioni sul regime iraniano affinché risponda alle domande poste dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica su tre siti nucleari clandestini rinvenuti in Iran. Il direttore generale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, il generale Rafael Mariano Grossi ha dichiarato:
"L'Iran deve decidere di collaborare in modo più chiaro con l'agenzia per dare i necessari chiarimenti. Il fatto che abbiamo trovato tracce (di uranio) è molto importante. Ciò significa che c'è la possibilità di attività e materiale nucleari che non sono sotto la supervisione internazionale e di cui non conosciamo né l'origine né l'intento. Questo mi preoccupa".
Grossi ha altresì avvertito:
"La mancanza di progressi nel chiarire le questioni dell'agenzia riguardanti la correttezza e l'esaustività delle dichiarazioni sulle misure di salvaguardia prese dall'Iran pregiudica seriamente la capacità dell'agenzia di fornire assicurazioni sulla natura pacifica del programma nucleare iraniano. Per motivi di obiettività, dovrei dire che il governo iraniano ha ribadito la propria volontà di impegnarsi, collaborare e fornire risposte, ma finora non l'ha fatto. Quindi spero che questo possa cambiare, ma mentre parliamo, non c'è stato alcun progresso concreto".
Sembra – in modo preoccupante, specialmente dopo i fallimenti dell'intelligence e della pianificazione nella débâcle in Afghanistan – che l'amministrazione Biden sia di nuovo inerte mentre i mullah iraniani continuano comodamente ad arricchire l'uranio per acquisire un arsenale di armi nucleari.
Abbiamo visto cosa fanno i mullah al potere alla loro stessa gente e alla regione ancor prima che dispongano di armi nucleari. Basta osservare ciò che ha fatto quello che è stato definito "il più grande sponsor mondiale del terrorismo di Stato" senza disporre di armi nucleari, sia a livello nazionale per il proprio popolo sia a livello internazionale, in Libano, Yemen, Libia, Iraq, Siria, Arabia Saudita, nei Territori Palestinesi e perfino in Venezuela, e nel più vasto Sud America, per non parlare del recente attacco mortale a una petroliera commerciale nel Golfo di Oman. Cosa può quindi aspettarsi il mondo libero dai mullah dopo che avranno avuto le loro armi nucleari?
Majid Rafizadeh, accademico di Harvard, politologo e uomo d'affari, è anche membro del consiglio consultivo della Harvard International Review, una pubblicazione ufficiale della Harvard University, e presidente del Consiglio internazionale americano sul Medio Oriente. È autore di molti libri sull'Islam e sulla politica estera statunitense.