Più centri nevralgici della civiltà occidentale sono stati presi di mira e colpiti. Un commando di uomini armati ha assaltato a Parigi, la settimana scorsa, la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, uccidendo dodici persone per imporre la loro idea di Sharia ai francesi. Poi, il 10 gennaio, il quotidiano tedesco Hamburger Morgenpost, che ha avuto il coraggio di ripubblicare le vignette, ha subito un attentato dinamitardo.
In Germania, la maggior parte dei giornali ha deciso di non voler correre il rischio di turbare gli estremisti musulmani ristampando tutto ciò che potrebbe affliggerli. Tra i pochi che non l'hanno fatto ci sono il Berliner Zeitung, l'Hamburger Morgenpost e il Der Tagesspiegel.
Attacchi del genere inducono a chiedersi quali e quante altre pretese ci potrebbero essere in serbo – oltre a un elenco di richieste che vanno dal vietare le decorazioni natalizie al mettere la gente sotto processo, se non addirittura ucciderla, perché esercita la propria libertà di espressione – e fino a che punto si dovrebbe impedire tutto questo.
Questi "profeti di morte" ci lanciano un messaggio chiaro: sarà questo il destino di coloro che rifiutano di sottomettersi ai dettami medievali della Sharia. Se la copertura da parte dei grandi media denota un quadro del genere, essi sono già riusciti a ottenere la nostra obbedienza. E non è stato molto difficile.
I notiziari televisivi americani ed europei hanno cominciato col fare i consueti discorsi: i giornalisti non erano sicuri delle motivazioni che hanno mosso i perpetratori degli atti terroristici. Ma le redazioni politicamente corrette di oggi non sembrano essere in grado di riportare questi fatti anche quando accade di prendere un abbaglio. I commenti in televisione hanno detto una cosa certa: che l'Islam non ha nulla a che fare con tutto questo.
E se si spera nella chiarezza morale o nel coraggio della stampa europea, si sbaglia ancora. La stampa europea si è trastullata con la frase in francese e l'hastag "Je suis Charlie", ma spesso le è mancato il coraggio di mostrare le vignette di Charlie Hebdo in segno di solidarietà con il giornale francese.
A causa di una stampa codarda che spesso filtra ciò che è stato realmente detto e non riesce a difendere le libertà fondamentali – insieme ai politici e a una società che si rifiuta di chiedere qualcosa in cambio – in Europa, non possiamo accusare nessun altro se non noi.
Per troppo tempo abbiamo celebrato l'erosione dei valori occidentali, definendola "multiculturalismo". I politici, gli intellettuali e gli accademici europei preferiscono indulgere al "romanticismo sociale" piuttosto che mettere in discussione le parallele norme giuridiche e sociali che emergono nelle comunità musulmane degli immigrati.
I nostri politici hanno corteggiato il clero radicale e prestato ascolto alle loro rimostranze. I nostri politici hanno legittimato queste persone – che spesso si rivelano essere degli estremisti che si atteggiano a moderati – come gli unici rappresentanti di tutti gli immigrati musulmani. Non siamo riusciti soprattutto a tendere la nostra mano mossa dalla solidarietà verso quei coraggiosi musulmani – uomini e donne – che hanno osato sfidare gli elementi radicali presenti in seno alle loro stesse comunità.
La libertà di espressione e di ricerca hanno un ruolo centrale nella nascita della civiltà occidentale, portando con sé valori – come la libertà di (e dalla) religione, il potere al consenso dei governati e l'eguaglianza di fronte alla legge – impareggiabili nella storia umana. Anziché passare la fiaccola dell'illuminismo e della libertà al mondo musulmano, l'abbiamo quasi estinta.
I sistemi scolastici occidentali hanno creato una generazione che, dando per scontato i doni di queste libertà, non è riuscita a imparare come le libertà abbiano percorso un cammino accidentato nel corso della storia e che prezzo salato abbiano pagato le generazioni passate per garantire tali libertà.
Per anni, i partiti politici tradizionali e i grandi media hanno fatto di tutto per compromettere un dibattito schietto sulla crescente minaccia dell'islamismo militante in seno alle società europee – e ancor oggi continuano a farlo. Dove la nostra tendenza politica dominante ci delude, l'estrema sinistra, l'estrema destra e i gruppi neonazisti sono pronti a materializzarsi.
Abbiamo sprecato la libertà che le forze alleate assicurarono al nostro continente alla fine della Seconda guerra mondiale, pagando un enorme tributo di vite umane.
Se non riusciamo a difendere i nostri valori, nessun altro lo farà. Se desideriamo salvaguardarli, dovremo cominciare ad ammettere ciò che sembra ovvio, ossia ciò che ha detto il premier canadese Stephen Harper: "Il movimento jihadista internazionale ha dichiarato guerra". In Occidente, dovremo decidere se vogliamo difendere questa libertà o se preferiamo piegarci ancor più alla crescente intimidazione islamista.
Vijeta Uniyal, nato in India e residente in Germania, è Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute.