L'1 luglio, il quotidiano svedese Gefle Dagblad ha rivelato che un imam della città settentrionale di Gävle era colui che si trovava dietro il sito web ora chiuso, www.muslim.se, che ha asserito, tra le altre cose, che l'omosessualità va punita con la morte. L'imam, Abo Raab, è una figura di spicco dell'Associazione imam svedesi, che riceve oltre 400.000 corone (oltre 47.000 dollari) dal governo per "combattere l'islamofobia e il razzismo nella società". Quando i funzionari dell'associazione hanno chiesto i finanziamenti, la stessa associazione ha detto di volere creare un sito web professionale che contenesse "informazioni oggettive e pertinenti sull'Islam" e "di costruire ponti tra i musulmani e i non musulmani". Ma non è stato costruito alcun ponte. Il sito web, che è stato chiuso a gennaio per motivi sconosciuti, ha pubblicato il seguente elenco di cose vietate per i musulmani svedesi:
- Essere omosessuali va punito con la morte.
- Fare amicizia con i miscredenti e nutrire simpatia per loro.
- Unirsi alle comunità dei miscredenti, unirsi ai loro partiti politici, aumentare il loro numero, acquisire la loro cittadinanza (tranne quando è assolutamente necessario), unirsi ai loro eserciti o aiutarli a sviluppare armi.
- Imitare il loro abbigliamento, aspetto, modo di parlare etc., perché questo denota un amore per la persone o per la popolazione imitata.
Il 9 luglio, la Corte Suprema della Svezia ha stabilito che il 41enne musulmano Ekrem Bregaj sarà espulso in Serbia. L'uomo è stato condannato, in contumacia, per un crimine commesso nel 2006: aver sparato colpi di pistola in aria. Bregaj, un abitante del piccolo villaggio svedese di Skurup, si è opposto all'estradizione, sostenendo che come musulmano correrebbe il rischio di essere "discriminato" in Serbia. E a suo dire, l'estradizione sarebbe una violazione dei suoi diritti umani. La corte ha nutrito riserve a riguardo e ha stabilito che l'uomo fosse tenuto sotto custodia fino a quando non sarà reso esecutivo il provvedimento di espulsione.
Sempre il 9 luglio, il Tribunale amministrativo di Härnösand ha deciso che a un 39enne somalo saranno rimborsati i biglietti aerei da lui acquistati per i dieci figli che dall'Etiopia l'avrebbero raggiunto in Svezia. L'uomo, è arrivato nel paese scandinavo nel 2009 e continua a "dipendere a lungo termine dagli aiuti economici", secondo la sentenza della corte. Quando l'Ufficio immigrazione ha rifiutato di pagare i biglietti aerei dei dieci bambini, il somalo ha fatto un prestito e ha chiesto ai servizi sociali di rimborsarglieli. Non avendo questi ultimi concesso il rimborso, l'uomo si è rivolto al Tribunale amministrativo, che ora ha stabilito che saranno i contribuenti svedesi a pagare i biglietti aerei. Complessivamente, il conto ammonta a 45.000 corone (circa 5.300 dollari). Ma il governo ha impugnato la sentenza:
"In tutto il paese, continuano ad arrivare richieste di aiuti finanziari. Nell'inchiesta riguardante la richiesta inoltrata dal signor X di avere assistenza economica per i costi dei biglietti aerei sostenuti, abbiamo contattato altre contee del paese. Da questi contatti abbiamo appreso che domande del genere sono state respinte perché non si ritiene ragionevole che la contea paghi i viaggi per i ricongiungimenti familiari. Noi ravvisiamo la necessità di un verdetto aggiornato e senza precedenti, che tenga conto degli attuali requisiti in materia di immigrazione e di come oggi avvengano i ricongiungimenti familiari".
Il 10 luglio, i media alternativi hanno riportato la notizia che Samiyah M. Warsame, una funzionaria dell'Ufficio immigrazione, nutre simpatia e celebra i jihadisti "svedesi". Il suo lavoro consiste nell'approvare o respingere le domande di asilo politico (l'asilo, per ovvie ragioni, non dovrebbe essere concesso agli islamisti). Per tutto il tempo, la donna ha scritto su Facebook riguardo ai jihadisti svedesi di Orebro: "Oh, Mashallah, che belli".
Il servizio civile svedese e le autorità locali in questi giorni stanno cercando di fare del loro meglio per assumere il maggior numero possibile di persone non di origine svedese. Essi lo dicono ogni volta che cercano nuovi dipendenti. Affermano di farlo perché non vogliono creare disuguaglianza e desiderano "rispecchiare la società".
Queste persone non sempre agiscono conformemente alla tradizione burocratica svedese, che è molto formale e non prevede, ad esempio, la possibilità di riservare ad amici e parenti un trattamento migliore. Questa rottura con la tradizione è diventata palese nel 2013, quando la polizia arrestò due uomini nella sede di Malmö dell'Ufficio immigrazione, perché sospettati di aver venduto permessi di soggiorno. I due furono giudicati colpevoli e condannati, nel maggio 2015.
Talal Abdelrahman, un palestinese, è stato condannato a tre anni di carcere, mentre l'altro uomo, un 47enne della Costa d'Avorio, è stato assolto a causa di alcune incertezze relative alle date. Si ritiene che Abdelrahman abbia intascato almeno mezzo milione di corone (59.000 dollari) dalle sue attività illegali. Amer Ahmed Iskandar, che gestiva un ristorante a Malmö che era un luogo d'incontro per gli immigrati in cerca di documenti falsi, è stato condannato a 18 mesi di prigione. I verdetti dimostrano come i dipendenti dell'Ufficio immigrazione, a volte, sembrano stabilire le regole per la gente che vive in società etnicamente parallele, in Svezia. Il capo della banda ha impugnato il verdetto.
Il 14 luglio, il quotidiano svedese Dagens Nyheter ha scritto che durante i primi sei mesi del 2015, l'Ufficio immigrazione ha segnalato 130 richiedenti asilo ai Servizi di sicurezza perché considerati una minaccia per la sicurezza nazionale. Questa cifra è superiore a quella del 2014.
Alla domanda se potrebbero esserci terroristi e criminali di guerra che hanno già ottenuto asilo in Svezia, il direttore generale dell'Ufficio immigrazione, Mikael Ribbenvik, ha risposto: "Sì, purtroppo è così. Noi sviluppiamo i nostri metodi, ma ovviamente nulla è infallibile. Ci sono casi di criminali di guerra che sono stati scoperti dopo la concessione del diritto di asilo".
Poiché sempre più jihadisti e criminali di guerra arrivano in Svezia, il loro numero aumenta, ma essi non possono essere espulsi, perché nei loro paesi d'origine rischiano la morte o di essere torturati. Finora, quest'anno, 41 richiedenti asilo hanno ottenuto il permesso di soggiorno per questo motivo; lo scorso anno erano 20. La maggior parte di loro non è in stato di detenzione e può muoversi liberamente in seno alla società; alcuni non saranno mai espulsi.
Il rischio concreto che si possano commettere atti di terrorismo, uccidendo centinaia di svedesi, a quanto pare non ha alcuna rilevanza. "Non mandiamo la gente incontro alla morte", dice Mikael Ribbenvik.
Il 14 luglio, tre medici e un ex capo della polizia di Götheborg hanno pubblicato uno studio nella rivista del sindacato dei medici svedesi, Läkartidningen. Lo studio esamina il crescente numero di casi di persone ricoverate negli ospedali svedesi per ferite da arma da fuoco – qualcosa di raro in Svezia, ma che ora ricorre con frequenza nella medicina d'urgenza.
"Prendersi cura di questi pazienti richiede un alto livello di esperienza e competenza di tutti i soggetti coinvolti. In genere, le decisioni difficili devono essere prese in tempi strettissimi. L'afflusso e la necessità di intervenire sui pazienti traumatizzati influiscono molto sul modo in cui il pronto soccorso è organizzato. La valutazione dei casi, la specificità delle lesioni, l'amministrazione e i costi sono di vitale importanza per affrontare queste nuove sfide quando si tratta di allocare le risorse e trattare i traumi.
Tra l'1 gennaio 2013 e il 30 giugno 2014, 58 persone sono state vittime di sparatorie, a Götheborg. Cinquantasette erano uomini, l'età media era 26 anni. La maggior parte sono stati feriti alle braccia e alle gambe. Dieci pazienti sono morti. I 47 pazienti sopravvissuti sono stati ricoverati 316 giorni, e sono costati al Servizio sanitario nazionale ben 6,2 milioni di corone (730.000 dollari).
Dalla pubblicazione dello studio, bande di criminali hanno continuato a spararsi a vicenda a Götheborg (vedi mappa). Nei primi cinque mesi di quest'anno, ci sono stati dodici scontri a fuoco. Cinque uomini sono morti e 16 persone sono rimaste ferite.
Il 14 luglio, un 22enne somalo è stato processato per un brutale stupro perpetrato a Uppsala, all'inizio di quest'estate. L'uomo ha scelto la sua vittima, una donna sulla ventina, per strada alle 5 del mattino. L'ha buttata a terra, le si è seduto addosso, e tenendole le braccia verso il basso le ha detto: "Vuoi vivere o morire?" Le ha ripetuto la domanda più volte durante lo stupro. Poi, è scappato, ma grazie alla descrizione della vittima è stato arrestato nel giro di poche ore. Al momento dell'arresto, il somalo era in possesso del cellulare della donna. Il 22enne aveva precedenti penali per minacce, aggressioni, percosse e molestie sessuali. Tuttavia, questo non gli ha impedito di scrivere su Facebook che chi arreca danno alla società dovrebbe essere espulso dalla Svezia.
Il 15 luglio, un curdo di 30 anni proveniente dall'Iraq è stato accusato del tentato omicidio di una 40enne di Stoccolma. L'uomo voleva il permesso di soggiorno, pertanto, ha cercato di costringere con la forza la donna a sposarlo. Al suo rifiuto, il curdo le ha inferto otto coltellate al viso e al torace. L'aggressione è avvenuta in un vialetto di una zona residenziale. La donna ha subito ferite mortali.
Il 16 luglio, due curdi, di 21 e 30 anni, sono stati condannati per essere coinvolti in un'esplosione avvenuta a Nyköping, il 2 marzo. Due persone sono rimaste uccise. La polizia ritiene che gli uomini stessero riponendo mezzo chilo di materiale esplosivo in una scatola di metallo che all'improvviso è esplosa. Sconosciuto l'utilizzo della bomba, ma la corte distrettuale ha stabilito che l'ordigno "sarebbe servito solo a fare del male alla gente". Un esperto di esplosivi che ha testimoniato al processo ha detto di non aver mai visto un ordigno del genere, e che la bomba molto potente avrebbe potuto uccidere o ferire persone fino a 600 m di distanza.
Uno dei due uomini condannati non è cittadino svedese; e nonostante questa sia la sua ottava condanna per crimini violenti, in Svezia, non sarà espulso in Iran, suo paese d'origine. Egli è stato condannato a due anni di carcere e il suo complice a un anno e dieci mesi.
Il 17 luglio, i Servizi di sicurezza svedesi (Säpo) hanno rivelato che fino a oggi, 30-40 donne si sono recate dalla Svezia in Siria per unirsi allo Stato islamico (Isis). In una email inviata a Dagens Eko, il notiziario dell'emittente radiofonica nazionale, la Säpo ha scritto che si tratta di "un colpo di scena grave e inquietante", aggiungendo che "non è giunta conferma che queste donne partecipino attivamente ai combattimenti o che vengano addestrate a combattere".
Peder Hyllengren del National Defense College ha detto a Dagens Eko che l'Isis ha un seguito piuttosto nutrito di donne simpatizzanti, in Svezia. "Sono almeno dieci volte di più quelle che simpatizzano per lo Stato islamico rispetto a quante si sono unite alle sue file in Siria", asserisce Hyllengren. "Si tratta di costruire il Califfato, diventare mogli e dare alla luce una nuova generazione di jihadisti. Diventano casalinghe, ma sono molto attive nella diffusione della propaganda".
Il 18 luglio, il quotidiano locale Östra Småland ha scritto che un gruppo di richiedenti asilo cristiani della città di Kalmar, dopo essere stati vittime di minacce e vessazioni da parte dei musulmani, sono stati costretti ad andarsene dal centro di accoglienza dell'Ufficio immigrazione dove erano ospiti. I musulmani hanno chiesto loro di smettere di indossare croci e altri simboli cristiani, e non gli hanno permesso di utilizzare i servizi comuni della struttura, come la cucina, in loro presenza.
Mikael Lönngren, il responsabile locale dell'Ufficio immigrazione, ha detto al giornale che sono stati a cristiani a decidere di andarsene. L'Ufficio immigrazione non divide la gente in gruppi a seconda della religione o dell'etnia, il che significa che le persone appartenenti a diverse parti di uno stesso conflitto possono finire per vivere insieme. E questo per una mancanza di alloggi. "Presumiamo che chi fugge per trovare un posto sicuro nel nostro paese, una volta qui, rispetterà la legge del paese", ha chiosato Lönngren.
Il 23 luglio, a Götheborg, i Servizi di sicurezza e la Task Force nazionale hanno arrestato due uomini sospettati di terrorismo e di omicidio in Siria, e un terzo uomo è stato incriminato in contumacia. È la prima volta che un reato così grave verrà giudicato conformemente alla legge sul terrorismo. I tre sospettati sono cittadini svedesi – Yasser Sadek, 26 anni (ricercato dall'Interpol); Hassan al-Mandlawi, 32 anni, di origine irachena; e Al Amin Sultan, 30 anni, nato in Etiopia. Una settimana dopo, la Corte d'Appello ha disposto il rilascio di al-Mandlawi, noto anche come "Mark Abu Osama al-Suwaidi", in attesa del processo.
Secondo il tribunale, sono scarsi i rischi che al-Mandlawi ostacoli le indagini, perché l'uomo si trova su una sedia a rotelle e ha difficoltà di parola. Il procuratore distrettuale si è detto "sorpreso" del rilascio e ha detto al quotidiano Dagens Nyheter che anche se l'uomo è stato privato del passaporto, può ovviamente lasciare il paese: "Egli naturalmente si rende conto che rischia di essere condannato a una lunga pena detentiva e dovrebbe fare di tutto per evitarlo, come salire in macchina e viaggiare attraverso l'Europa. Ed è sicuro che lo farà, considerate le frontiere aperte. Inoltre, c'è sempre la possibilità di procurarsi un passaporto falso, e allora, addio per sempre", ha detto il procuratore distrettuale Ronnie Jacobsson.
Di recente, è emerso che il padre di al-Mandlawi, il terrorista dell'Isis portatore di handicap, ha anche dei trascorsi criminali. Non appena ottenuto il suo passaporto svedese nel 2003, l'uomo ha violentato una donna di 24 anni – come vendetta dell'aiuto da lei dato a due delle sue figlie a scappare dalla "cultura dell'onore" a cui lui le aveva costrette. Al-Mandlawi ha costretto la donna a salire sulla sua macchina puntandole una pistola alla testa. L'ha condotta nel suo appartamento, dove l'ha stuprata, e si è vantato di aver ucciso dieci persone. Le ha anche detto che da quando aveva la cittadinanza svedese era libero di violentare le donne, perché non poteva essere espulso. L'uomo è stato condannato a soli tre anni e mezzo di carcere per stupro e minacce.
Pare che il padre di al-Mandlawi abbia anche cosparso la moglie di liquido infiammabile e acceso un fiammifero. A una delle sue figlie è stata concessa "un'identità protetta" per sfuggire al padre.
Il 23 luglio, il quotidiano Sydsvenskan ha riportato la notizia che Malmö è la città con la maggiore frequenza di attentati di tutta la Scandinavia. Göran Månsson, capo della squadra artificieri di Malmö, ha parlato di questo primato poco lusinghiero della terza città più grande della Svezia. Finora, nel 2015, hanno avuto luogo diciotto esplosioni. "In quasi il 50 per cento delle esplosioni che si verificano vengono utilizzate bombe a mano", dice Göran Månsson. "Prima non succedeva. È spaventoso e molto grave, e costituisce una grossa minaccia per la popolazione. Una volta che la granata viene lanciata, è incontrollabile."
Sempre il 23 luglio, il quotidiano Göteborgs-Posten ha riportato la notizia che "la Svezia non è più appetibile come paese dove chiedere asilo". L'Ufficio immigrazione, che in genere gonfia le proprie previsioni, ora prevede un lieve calo del numero dei richiedenti asilo, che nel 2015 sono passati da 80.000 a 74.000. Uno dei motivi è dovuto ai lunghi periodi di attesa in Svezia rispetto a quelli in Germania, che ha in iter più veloce, come pure alle inadeguate pratiche di integrazione. "È difficile ottenere alloggio e lavoro, e questo incide sulla scelta della destinazione", ha detto il direttore generale dell'Ufficio immigrazione, Anders Danielsson.
Un altro motivo è legato al fatto che è diventato molto più difficile spostarsi a nord attraverso l'Europa. La Francia, ad esempio, ha messo in atto i controlli alla frontiera con l'Italia. La Svizzera sta valutando di fare lo stesso, e l'Ungheria sta costruendo una recinzione lungo il confine con la Serbia.
Quando si tratta dei cosiddetti "profughi bambini non accompagnati", l'Ufficio immigrazione gonfia le previsioni e non parla di 8.000 arrivi ma di 12.000. Questa stima fa sì che la Svezia continui a essere il principale paese di destinazione nell'Unione Europea di questo particolare gruppo di migranti.
Il 29 luglio, una sfilata del Gay Pride ha percorso alcuni quartieri a maggioranza musulmana di Stoccolma. Massiccia la copertura mediatica assicurata all'evento, anche da parte dei media stranieri. Il quotidiano britannico, The Independent, ad esempio, ha pubblicato un articolo titolato "La destra svedese organizza una marcia per i diritti LGBT nei quartieri a maggioranza musulmana di Stoccolma."
I principali media svedesi hanno prontamente condannato l'iniziativa, come anche la Coalizione nazionale per i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (RFSL). Si è parlato di "pinkwashing" per promuovere l'accettazione del diritto di vivere le proprie preferenze sessuali e si è detto che la sfilata è stato un tentativo di "provocare" i musulmani. A quanto pare, era inaccettabile da parte dei membri dell'RFSL sfidare il punto di vista islamico in merito all'omosessualità che va punita con la pena di morte. Essi evidentemente si accontentano di organizzare marce dell'orgoglio gay nel centro di Stoccolma, dove nessuno contesta più i diritti degli omosessuali.
La Järva Pride Parade si è svolta senza incidenti, anche se alcuni musulmani hanno gridato: "Allahu Akbar" e "Noi siamo musulmani, cosa ci fate qui, froci?" Tuttavia, i cosiddetti "antirazzisti" che si sono recati nel quartiere per protestare contro la parata "provocatoria" sono stati aggrediti e picchiati da assalitori mascherati.
Il 30 luglio, il quotidiano Dagens Nyheter ha rivelato che quasi il 25 per cento degli stranieri che chiedono di entrare nelle forze armate svedesi non è in grado di superare il test attitudinale. L'esercito svedese, notevolmente ridotto, vuole soldati che parlino le lingue straniere e con competenze culturali, ma i candidati qualificati sono difficili da trovare.
Secondo un sondaggio condotto dal Collegio di difesa di Karlstad, dove, nel 2013, sono state vagliate le domande per la formazione militare di base, il 7,3 per cento degli uomini svedesi e l'8,1 per cento delle donne svedesi non hanno superato il test, rispetto al 24,2 per cento degli uomini stranieri e il 24,7 per cento delle donne nate all'estero.
Le domande del test, che riguardavano le capacità tecniche, le abilità spaziali, le capacità verbali e la logica, sono le stesse dagli anni Novanta, quando il servizio militare obbligatorio era una realtà in Svezia, e sono adattate a una popolazione maschile di 18 anni. L'esercito ora vaglierà se i problemi di coloro che hanno fatto domanda e sono nati all'estero siano dovuti alla...discriminazione.
Pur approvando gli articoli scritti da Ingrid Carlqvist e pubblicati finora qui sul sito, il Gatestone Institute non è più legato in alcun modo all'autrice.