Il 4 novembre 2014, Amnesty International ha pubblicato un rapporto scottante sui "crimini di guerra" israeliani a Gaza, durante la guerra tra Hamas e Israele dello scorso anno. Intitolato "Famiglie sotto le macerie: gli attacchi israeliani contro le case abitate", il documento accusa Israele di aver mostrato "una fredda indifferenza" lanciando attacchi contro le abitazioni civili nella fascia costiera densamente popolata e argomenta che in alcuni casi il comportamento tenuto andrebbe equiparato a veri e propri crimini di guerra. Il rapporto non è di immediata comprensione. Il bilancio della tragedia umana nel conflitto è stato enorme. Sono stati uccisi oltre 2100 palestinesi, e circa un migliaio di essi erano civili. Ma Israele ha commesso crimini di guerra? E Amnesty ha interpretato in modo equilibrato la legislazione in materia di crimini di guerra?
Il giorno seguente, l'Alto commissario delle Nazioni Unite pe i diritti umani, Navi Pillay, da poco in pensione, ha pubblicato un articolo sul New York Times in cui chiedeva all'Europa di consentire alla "Palestina" di aderire alla Corte penale internazionale (Cpi), un organismo del quale non fanno parte né Israele né gli Stati Uniti.
Poi, il 6 novembre, il generale Martin Dempsey, capo dello stato maggiore delle forze armate americane, un uomo dalla lunga esperienza militare, ha contraddetto in pieno Amnesty e la Pillay, insistendo sul fatto che le truppe israeliane si erano comportate in modo esemplare. "Credo davvero che Israele abbia fatto di tutto per limitare i danni collaterali e le vittime civili", egli ha detto. "Le IDF hanno fatto alcune cose straordinarie per cercare di limitare il numero delle vittime civili incluso (….) per far sapere che stavano andando a distruggere una particolare struttura".
Le osservazioni del generale Dempsey fanno eco ai sentimenti espressi (e non per la prima volta) da un ex comandante delle forze britanniche in Afghanistan, il colonnello Richard Kemp: "Il modo in cui questo conflitto (l'operazione "Protective Edge") viene dipinto da moltissimi media, da molti giornalisti e da qualche politico, a livello internazionale, è lo specchio opposto della realtà. Israele è stato demonizzato, Israele è stato accusato di aver commesso crimini di guerra. I veri crimini di guerra sono stati commessi da Hamas".[1]
È di certo abbastanza chiaro che il dibattito sull'etica, la linea di condotta e sulle azioni delle IDF non potrebbe essere più polarizzato – anche tra i dilettanti che non hanno mai combattuto e i soldati professionisti che combattono da molti anni contro i nemici islamisti. O le IDF constano di criminali di guerra oppure, come ha detto Kemp, "le Forze di difesa israeliane hanno fatto il possibile per salvaguardare i diritti dei civili nelle zone di combattimento, più di qualsiasi altro esercito nella storia della guerra".
Già durante il conflitto tra lo Stato ebraico e Hamas, il 23 luglio 2014, la Pillay ha accusato Israele di possibili crimini di guerra: "Pare che esista la forte possibilità che sia stato violato il diritto internazionale, in un modo che potrebbe configurarsi come crimine di guerra", ha detto l'Alto commissario dell'Onu. Essendo la Pillay già nota per le sue posizioni anti-israeliane, il suo commento non sorprende affatto né lei è stata l'unica a rilasciare una dichiarazione del genere. Anche l'organizzazione per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch ha affermato più o meno la stessa cosa in una dichiarazione pubblica resa nell'aprile 2014.
Mesi più tardi, alla fine di dicembre, Mahmoud Abbas, nelle vesti di presidente di un governo congiunto tra l'Autorità palestinese, in Giudea e Samaria, e Hamas, a Gaza, ha firmato lo Statuto di Roma per far parte della Corte penale internazionale. Il 6 gennaio scorso, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha annunciato che i palestinesi accederanno alla Cpi il prossimo 1 aprile. Il 30 ottobre 2014, egli ha basato l'ammissibilità su un voto a maggioranza qualificata dell'Assemblea generale per riconoscere la "Palestina" come Stato. Questa decisione è stata presa nonostante un voto contrario espresso dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, il 30 dicembre scorso, al riconoscimento di uno Stato palestinese a pieno titolo.
È in corso un dibattito su tutto questo, si discute se la "Palestina", che ha alcune delle caratteristiche che contraddistinguono uno Stato sovrano, possa legittimamente aderire alla Cpi e lanciare delle accuse di crimini di guerra contro Israele; se la Corte penale internazionale si riterrà legittimata a occuparsi di un caso del genere; se anche i palestinesi potrebbero correre il rischio di essere indagati per crimini di guerra e, non ultimo, se la Cpi può anche essere considerata un organo giuridico imparziale più di quanto non lo fosse una corte "Jim Crow" [figura stereotipata e razzista del tipico nero degli Stati del Sud, emblema della discriminazione razziale N.d.T.], nel vecchio Sud dell'America.
È chiaro che, se la Corte Suprema di Israele dovesse perseguire i singoli cittadini israeliani per i crimini commessi durante l'ultima guerra di Gaza, la Cpi rifiuterebbe automaticamente di avviare un procedimento penale più ampio, come ha scritto l'avvocato Alan Dershowitz.
La questione fondamentale è vedere se qualcuna delle accuse mosse contro Israele sia vera. Israele ha commesso dei terribili crimini a Gaza? Oppure, in realtà, è stato Hamas a commettere dei crimini di guerra in questo conflitto, mentre Israele e le sue forze armate si sono comportati in modo esemplare, combattendo battaglie durissime, per limitare le vittime civili? Inoltre, le accuse di crimini di guerra e di uccisioni indiscriminate non sono dovute a delle preoccupazioni umanitarie, ma sono il frutto di una recrudescenza dell'antisemitismo? Spesso è come se il vecchio l'antisemitismo dei tempi di vostra nonna sia stato trasformato e riconfezionato sotto forma di invettive contro Israele e manifestazioni di protesta che invitano Hamas a insorgere a favore dei diritti umani. Tuttavia, i sostenitori di questo antisemitismo riconfezionato sembrano perfettamente a loro agio a "dimenticare" che il Movimento di resistenza islamico palestinese, alias Hamas, non garantisce alla propria popolazione alcun rispetto dei diritti umani e spesso infligge abbondanti porzioni di torti umani. Così, Israele, è una democrazia liberale diffamata da una tirannia teocratica.
È ora che i critici più feroci di Israele, i politici e i media si informino bene sui fatti fisici e giuridici di questo conflitto. I loro obiettivi possono essere ammirevoli, anche se le loro motivazioni non lo sono: perché chi di noi non vuole limitare la morte di persone innocenti? Purtroppo, però, essi sembrano essersi schierati dal lato sbagliato del dibattito morale.
Piuttosto che contribuire a salvare vite innocenti, essi sembrano in realtà contenti di accusare Israele. Promuovono incessanti tornate di boicottaggi, disinvestimenti e sanzioni solo e soltanto contro Israele. Alle Nazioni Unite, votano di continuo in modo sbilenco per imporre sanzioni contro Israele e nessun'altra nazione – non l'Iran, la Turchia, l'Arabia Saudita, la Nigeria, il Pakistan o il Sudan. Essi provocheranno, se hanno successo, una nuova serie di combattimenti, seguiti da un'altra e così via dicendo, con migliaia di civili e soldati che muoiono negli scontri.
È chiaro che questi illustri membri della comunità internazionale sperano segretamente che se riusciranno a manipolare il sistema in modo che gli arabi possano distruggere Israele, in seno alla comunità internazionale, essi saranno ancora in grado di pavoneggiarsi e compiacersi del fatto che l'annientamento dello Stato ebraico non abbia nulla a che fare con loro.
Israele non è il nemico del genere umano; non è nemmeno un nemico del popolo palestinese. Hamas, invece – un'organizzazione terroristica riconosciuta come tale a livello internazionale – è la più grande minaccia, soprattutto, per i palestinesi.
I tentativi occidentali di indebolire Israele servono solo a rafforzare i suoi nemici. Hamas è esplicito nella sua carta costitutiva del 1988 nell'affermare che il suo obiettivo a lungo termine è quello di commettere un genocidio non solo di tutti gli ebrei in Israele, ma di tutti gli ebrei ovunque nel mondo. Non potrebbe essere più chiaro. Sentire accusare Israele di aver commesso deliberatamente dei crimini di guerra non fa altro che sostenere questo intento genocida. Solo questo incoraggerà ancora maggiori genocidi in Siria e in Iraq o i massacri dei miscredenti cristiani in Europa – qualcosa che è già iniziata ad accadere sul serio. È questo ciò che i manifestanti anti-Israele, gli ideatori di slogan e le organizzazioni non governative vogliono davvero?
La maggior parte della gente sa ed è d'accordo che i gruppi islamisti come al-Qaeda, lo Stato islamico (Si, Da'ish, Isis), Hezbollah o Hamas sono considerati terroristi perché non osservano le norme di diritto interno o internazionale. Questo, come pure le loro azioni, è ciò che li identifica come terroristi piuttosto che come "combattenti per la libertà" o "militanti". Come le Cellule Rivoluzionarie tedesche o le Brigate Rosse italiane e altri organismi terroristici europei degli anni Settanta, il compito di un terrorista è terrorizzare: utilizzare il terrore per raggiungere i propri scopi, e questo paragone ci aiuta a collocare Hamas in questa categoria. Ma le organizzazioni terroristiche sono contraddistinte da un elemento distintivo: non riconoscono affatto il diritto internazionale.
I gruppi terroristici non osservano tutte le norme delle Convenzioni di Ginevra, le risoluzioni delle Nazioni Unite, le disposizioni contenute nei trattati internazionali, quelle in materia di tutela dei rifugiati e tutte le altre cose che regolano la condotta militare e gli aspetti delle norme riconosciute a livello internazionale, e questo perché essi riconoscono un solo sistema giuridico, ossia la shari'a, la legge islamica. E l'aspetto della shari'a che in tutte e cinque le scuole giuridiche (quattro sunnite e una sciita) si applica alle relazioni internazionali, ai combattimenti bellici, alla stipula di tregue e trattati è la legge del jihad. Ad esso è dedicata una parte speciale in tutti i libri che trattano di shari'a.
Dipendere dal diritto islamico esonera Hamas e gli altri gruppi simili da ogni obbligo di osservare le norme internazionali, che essi demonizzano come "occidentali" o "cristiane" e quindi "sataniche". Quando lo Stato islamico dà ai cristiani o agli yazidi la possibilità di scegliere tra la conversione, il pagamento della tassa di protezione (jizya) o la morte, essi si attengono alla legge del jihad come praticata da quattordici secoli. Quando essi uccidono senza offrire uno status subordinato in cambio del pagamento annuale della jizya, violano la legge islamica nel caso dei cristiani, ma non nel caso degli yazidi (o degli induisti o di altri "pagani"). Pertanto, è inutile invitare Hamas a rispettare le convenzioni riconosciute a livello internazionale.
Per spiegare questo, dobbiamo solo esaminare tre passaggi dell'art. 13 della Carta di Hamas:[2]
"(1) Le iniziative di pace, le cosiddette soluzioni pacifiche, le conferenze internazionali contraddicono tutti principi del Movimento di Resistenza islamico. Oltraggiare qualunque parte della Palestina equivale a oltraggiare una parte della religione. Il nazionalismo del Movimento di Resistenza islamico è parte della sua religione (…) (2) Di tanto in tanto, si sente un appello a organizzare una conferenza internazionale per cercare una soluzione al problema (palestinese). Alcuni accettano l'idea, altri la rifiutano, per una ragione o per un'altra, domandando il rispetto di una o più condizioni come requisito per organizzare la conferenza o per parteciparvi. Ma il Movimento di Resistenza islamico – che conosce le parti che si presentano alle conferenze e il loro atteggiamento passato e presente rispetto ai problemi dei musulmani – non crede che queste conferenze siano capaci di rispondere alle domande, o restaurare i diritti o rendere giustizia agli oppressi. Queste conferenze sono solo un mezzo per porre i miscredenti nei territori dei musulmani come arbitri. E quando mai i miscredenti hanno reso giustizia ai credenti? (…) (3) Non c'è soluzione per il problema palestinese, se non il jihad. Iniziative, proposte e conferenze internazionali sono tutte uno spreco di tempo e sforzi vani. Il popolo palestinese non è così ingenuo da permettere che si giochi con il suo futuro, i suoi diritti e il suo destino". (Il corsivo è stato aggiunto qui)
La dichiarazione d'intenti di Hamas recita così: "Il jihad è il suo sentiero e la morte per amore di Allah il suo desiderio più caro". (Art.8)
È inevitabile che qualsiasi movimento, come Hamas, che rifiuta categoricamente la costruzione della pace ed è apertamente determinato a conseguire l'abolizione di uno Stato sovrano e compiere il genocidio dei suoi cittadini, viola ogni clausola contenuta in qualsiasi carta di diritto internazionale. Così, dall'Introduzione della Carta di Hamas: "Israele esisterà, e continuerà a esistere finché l'Islam non lo cancellerà, così come ha cancellato altri prima di lui"; e dall'art. 7: "L'Ultimo Giorno non verrà fino a quando i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno (hatta yuqatil al-muslimun al-yahud fa-yaqtuluhum al-muslimun),[3] quando l'ebreo si nasconderà dietro pietre e alberi. Le pietre e gli alberi diranno: 'O musulmani, o Abdullah, c'è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo'".
È questo presupposto di superiorità rispetto alle norme giuridiche internazionali e la completa indifferenza alle loro richiese, che fa di Hamas e degli altri movimenti jihadisti dei formidabili nemici. L'esaltazione del suicidio aumenta altresì la loro estraniazione, non solo dalle norme giuridiche internazionali che disciplinano la condotta delle parti in guerra, ma dalle regole etiche dei paesi civili. A contraddistinguere questi terroristi non c'è solo la sete di morire da attentatori suicidi, ma c'è anche il desiderio di vedere morto il proprio popolo, cadendo vittima di un conflitto iniziato dallo stesso Hamas.
In un'intervista trasmessa dalla Al Aqsa TV (un'emittente televisiva di Hamas) il 13 luglio 2014, Sami Abu Zuhri, il portavoce di Hamas a Gaza, ha detto: "Noi oggi non stiamo conducendo la nostra gente alla distruzione. Ne stiamo provocando la morte". Prendiamo in considerazione alcuni elementi fondamentali:
Israele non è mai stato l'artefice dei conflitti in cui è stato impegnato. Non della guerra del 1948, quando cinque eserciti arabi lo invasero. Non della guerra dei Sei giorni del 1967, quando lo Stato ebraico si trovò circondato dagli eserciti dell'Egitto, della Siria e della Giordania pronti a invaderlo. Non della guerra del 1973, quando una coalizione composta da Egitto e Siria attaccò Israele, infliggendo gravi perdite. Non della prima e della seconda guerra di Gaza, e nemmeno del conflitto del 2014. Tutte le azioni di Israele sono state a scopo difensivo, tutte le azioni arabe sono state offensive. Questo è rilevante per determinare quale delle parti abbia agito legalmente nei limiti imposti dal diritto internazionale. Non si tratta di una questione di punti di vista, ma è storia nota: è un fatto ovvio e verificabile.
Dal 2002, Hamas e la Jihad islamica colpiscono le città e i villaggi a sud di Israele lanciando razzi e colpi di mortaio. Nel corso degli anni, questi razzi hanno raggiunto dimensioni maggiori e sono diventati più precisi e sofisticati, come quelli di produzione siriana e iraniana. In questo periodo, oltre 15.000 missili hanno colpito Israele. Nel 2014, gli attacchi missilistici sono stati sferrati contro quasi tutto Israele, incluse le città di Tel Aviv e Gerusalemme. Tutti questi attacchi sono stati offensivi e indiscriminati.
Israele ha preso sul serio la difesa dei propri cittadini, fornendo loro dei rifugi antibomba, ordinando che tutte le case siano dotate di stanze di sicurezza, creando un sofisticato sistema di allarme per avvertire dell'arrivo dei razzi e costruendo un sistema molto efficace di difesa antimissile, denominato Iron Dome. Questo ha fatto sì che le vittime israeliane siano state poche, mentre le misure di difesa non hanno mai leso un solo palestinese. Le misure di difesa israeliane proteggono anche la popolazione araba che ha un'incidenza diretta sulle accuse false di "uso sproporzionato" della forza durante i combattimenti.
Hamas non ha assolutamente fornito alcuna difesa alla sua popolazione civile. Nella Striscia di Gaza, non ci sono rifugi antibomba, stanze di sicurezza, sistemi di allarme che avvertano dell'arrivo dei razzi e non esistono nemmeno installazioni antimissile. Al contrario, Hamas spende miliardi di dollari degli aiuti finanziari che riceve per dotarsi di una vasta gamma di razzi, utilizzati solo negli attacchi offensivi e per costruire i tunnel sotterranei destinati a importare armi, a proteggere le forze militari del movimento islamista e a fungere da condotti per lanciare attacchi contro i civili israeliani durante i sanguinosi attacchi e rapimenti transfrontalieri tra Israele e Gaza. (I tunnel vengono ora utilizzati per consentire a Hamas di lanciare attacchi nella penisola del Sinai e si pensa che Hezbollah stia scavando gallerie simili a nord di Israele.)
Hamas, come detto sopra, ha sparato migliaia di razzi sui centri abitati dai civili israeliani, e questo prima e dopo l'ultimo conflitto. Il lancio dei razzi è indiscriminato e ha avuto impatto solo sulle aree abitate da civili. Si tratta di un crimine di guerra, come indicato nei paragrafi 4-5b del primo Protocollo delle Convenzioni di Ginevra.
Hamas si è vantato del fatto che i civili palestinesi sono stati uccisi mentre i terroristi del movimento sono sopravvissuti, nascondendosi nei loro bunker e tunnel sotterranei. (Fonte dell'immagine: Hamas video screenshot) |
Come affermato da diverse fonti, tra cui il rapporto ufficiale delle Nazioni Unite pubblicato nell'agosto 2009, il fatto che dal 2001 siano stati presi di mira deliberatamente e sistematicamente obiettivi civili nel sud di Israele dal lancio di razzi per mano di gruppi armati palestinesi viola il diritto internazionale umanitario e si configura come un crimine di guerra. Secondo l'Israeli Intelligence and Terrorism Information Center (ITIC), simili attacchi violano il principio di distinzione, come sintetizzato dall'art. 48 del primo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949.
L'ITIC e Irwin Cotler, ex ministro della Giustizia canadese e docente di diritto alla McGill University, hanno rilevato che una violazione di tale divieto si configura come un crimine di guerra come sancito dall'art. 8(2) (b) (i), p.9 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale.
Giova pure segnalare che, possono essere considerati crimini di guerra anche gli atti terroristici palestinesi e il fatto che operativi armati di Hamas riescano a entrare nelle aree israeliane abitate da civili attraverso tunnel sotterranei, come sancito dall'art. 8(2)(g) dello stesso Statuto.
Human Rights Watch e B'Tselem, il gruppo filo-palestinese israeliano per la difesa dei diritti umani, hanno pubblicato dei rapporti in cui si afferma che, pur se gli attacchi siano stati diretti contro uno specifico obiettivo militare, sarebbero stati pur sempre illegali, poiché i tipi di razzi utilizzati dai gruppi armati palestinesi sono imprecisi e non possono essere diretti in modo da discernere tra obiettivi militari e civili. In un altro rapporto di Human Rights Watch intitolato "Razzi da Gaza", sulla guerra di Gaza del 2008-2009 (ma non per questo meno valido di quello dello scorso anno) si legge che "i gruppi armati palestinesi hanno messo i civili palestinesi inutilmente a rischio di attacchi di rappresaglia, lanciando razzi da aree densamente popolate. Inoltre, le notizie diffuse dai media e da un'organizzazione non-governativa indicano che in certi casi, i gruppi armati palestinesi si nascondono intenzionalmente dietro i civili per usarli come scudi allo scopo di dissuadere Israele dal lanciare contrattacchi".
L'uso di scudi umani
Ci sono prove schiaccianti che Hamas abbia usato gli scudi umani in vari modi. I bambini sono stati utilizzati per proteggere i miliziani. A un certo numero di civili è stato ordinato di entrare in edifici che ospitavano postazioni militari contro i quali erano previsti gli attacchi israeliani. Più in generale, ci sono prove che le strutture militari di Hamas, le piattaforme di lancio dei razzi e i centri di comando fossero situati direttamente dentro o in prossimità delle abitazioni civili, degli ospedali, delle moschee e delle scuole. Questa è una strategia intenzionale di Hamas, come risulta da un video del 2008 di un discorso di Fathi Hammad, il ministro degli Interni di Hamas:
"I nemici di Dio non sanno che il popolo palestinese ha sviluppato metodi di morte e di ricerca della morte. Per il popolo palestinese, la morte è diventata un'industria, nella quale hanno la meglio le donne, come del resto tutte le persone che vivono in questa terra. Gli anziani eccellono in questo come pure i mujaheddin [ossia i combattenti jihadisti] e i bambini. È questa la ragione per la quale hanno trasformato in scudi umani [duruq bashariyya] le donne, i bambini, gli anziani e i mujaheddin con il chiaro obiettivo di sfidare la macchina dei bombardamenti sionista. È come se dicessero al nemico sionista: "Noi vogliamo la morte, proprio come voi volete la vita".
Cosa comporta in termini giuridici l'uso di scudi umani da parte di Hamas? Conformemente alle conclusioni raggiunte durante e dopo la guerra di Gaza del 2008-2009, in cui il movimento islamista utilizzò tattiche simili o identiche a quelle usate nel 2014, il 5 gennaio 2009, la BBC riportava che "testimoni e analisti confermano che Hamas lancia i razzi dalle aree abitati da civili". Amnesty International, che ora condanna "i crimini di guerra" israeliani, in precedenza aveva accertato che i miliziani di Hamas mettevano in pericolo i civili sparando dall'interno delle loro case. Il responsabile Onu per gli affari umanitari John Holmes ha accusato Hamas di crimini di guerra, dicendo: "L'uso sconsiderato e cinico di impianti civili da parte di Hamas e il lancio indiscriminato di razzi contro le popolazioni civili, sono delle chiare violazioni del diritto internazionale umanitario".
Nel corso dei combattimenti di Gaza del 2008-2009, prove presunte di sfruttamento delle infrastrutture civili da parte di Hamas furono documentate in alcuni articoli pubblicati dall'Israeli Intelligence and Terorrism Information Center titolati "I civili come scudi umani", "Le prove dell'utilizzo della popolazione civile come scudi umani" e "Utilizzare i civili come scudi umani".
Uno studio del Center for Strategic and International Studies (CSIS) di Washington propone che Hamas debba condividere la responsabilità delle conseguenze subite dalla popolazione civile di Gaza, perché sembra aver fatto affidamento sulla densità della popolazione di Gaza sia per scoraggiare gli attacchi israeliani sia per difendersi dalle offensive israeliane. Irwin Cotler ha detto che gli attacchi lanciati dalle aree abitate dalla popolazione civile e dalle strutture civili – come appartamenti, moschee e ospedali – al fine di evitare una reazione, sono illegali. Egli sostiene che in questi casi, Hamas è responsabile legalmente dei danni inflitti ai civili, come sancito dai principi generali del diritto internazionale umanitario.
L'ITIC ha accusato Hamas di fare un uso sistematico delle aree civili protette (tra cui case e moschee) per nascondere e immagazzinare razzi, esplosivi e munizioni; di utilizzare le strutture civili (come le università) per produrre armi e di chiedere ai palestinesi di affluire in gran numero intorno agli obiettivi che si presume verranno attaccati fungendo da scudi umani. Tale comportamento viola il diritto dei conflitti armati e alcune delle pratiche di cui sopra si configurano come un crimine di guerra, secondo, ad esempio, l'art. 8(2) (b) (xxiii) dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale.
È obbligatorio, in base al diritto internazionale, distinguere tra militari e civili. Questo è un tema importante nei protocolli di diritto internazionale. L'articolo 51 del protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949 lo afferma chiaramente.
Che Hamas usi scudi umani è evidente dalle mappe dettagliate che mostrano come le forze militari del movimento islamista si siano ben piazzate all'interno degli edifici pubblici e privati in tutta la Striscia, ma soprattutto a Gaza City, dove interi quartieri sono basi militari e aree residenziali. Questo è anche spiegato in un rapporto del 9 agosto 2014 diffuso dalla Sezione informazioni strategico-militari delle Forze di difesa israeliane (IDF) sotto il titolo "Le tattiche di guerra di Hamas: Attacchi dai centri civili".
Questo documento fornisce una tabella che mostra, tra le altre cose, che Hamas ha lanciato razzi da 31 strutture delle Nazioni Unite, 41 ospedali, 50 parchi giochi per bambini, 85 ambulatori, 248 scuole, 331 moschee e da altri 818 siti civili. Nella pagina successiva, si legge che "Hamas usa le strutture dell'Onu, le scuole, i parchi giochi, i serbatoi per l'acqua, le moschee e innumerevoli altri impianti civili per lanciare razzi e attacchi. In questa solo operazione, Hamas ha lanciato dai siti civili oltre 1600 razzi".
E il rapporto continua:
"Inoltre, Hamas impegna volutamente le truppe delle IDF in conflitti dentro le aree urbane. Ad esempio, a Shujaiyya e a Jebaliyya, le IDF sono state oggetto di intensi attacchi da parte dei terroristi in aree densamente popolate e sono state costrette a difendersi.
"Hamas usa anche le infrastrutture civili per altri scopi militari e colloca nascondigli di armi e i centri di comando e controllo (C2) nei luoghi abitati da civili. Le tattiche di Hamas hanno un duplice scopo. Innanzitutto, perché le IDF rispondono agli attacchi con viva preoccupazione per le vite innocenti, attaccando da quei siti che danno al movimento islamista un maggiore vantaggio strategico. In secondo luogo, tutte le vittime civili cadute in questi attacchi vengono usate per fare pressioni internazionali contro Israele, anche se alla fine è Hamas ad essere responsabile di queste morti.
"Queste tattiche violano palesemente il diritto internazionale e il più basilare dei principi morali".
Il rapporto fornisce i link dei video che mostrano Hamas che fa fuoco dalle aree abitate da civili, che mette i civili proprio sulla linea di fuoco e ammette di farlo. Il documento contiene altresì delle dettagliate mappe basate su ricognizioni aeree che forniscono prove schiaccianti della reale estensione delle piattaforme di lancio nella parte centrale della Striscia, a nord e a sud di Gaza. Altre mappe e video mostrano lanci dalle strutture scolastiche, dagli impianti delle Nazioni Unite e della Croce Rossa, dalle moschee, dalle centrali elettriche, dagli ospedali e dagli alberghi, con le mappe che delineano le traiettorie dei razzi verso le città e i villaggi israeliani.
Una mappa dettagliata del quartiere di Shujaiyya a Gaza City mostra la zona disseminata da postazioni terroristiche di ogni dimensione. Nel testo di accompagnamento, si legge:
"Le Nazioni Unite hanno pubblicato di recente una mappa che indica le zone di Shujaiyya che sono state danneggiate dagli attacchi delle IDF. Un confronto tra le due mappe dimostra chiaramente che le zone colpite dalle Forze di sicurezza israeliane sono le stesse aree che l'Onu ha contrassegnato come danneggiate. Ergo, la conclusione: le IDF fanno distinzione tra le strutture usate per scopi terroristici e quelle usate esclusivamente per scopi civili".
Da queste dichiarazioni emergono alcune cose. Innanzitutto, Hamas ha fatto del suo meglio per evitare di poter distinguere i propri combattenti dalla popolazione civile. Non solo i miliziani si nascondono in mezzo alla popolazione, ma non indossano nemmeno delle uniformi che li rendono riconoscibili; e molto spesso rivestono il doppio ruolo di combattenti e civili. Questo rende difficile, se non impossibile, alle IDF operare questa distinzione essenziale. In secondo luogo, è legittimo attaccare i siti militari collocati all'interno delle aree abitate. E in terzo luogo, questi attacchi su siti indistinti sono subordinati alla condizione che le lesioni e i danni ai civili e ai loro beni dovrebbero essere proporzionati al danno inflitto dal sito considerato un obiettivo militare.
Il divieto di usare scudi umani è contenuto in innumerevoli manuali militari. Usare scudi umani costituisce un reato ai sensi della legislazione di molti Stati. E questo vale anche per quei paesi che non hanno aderito al primo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra o allo Statuto della Corte penale internazionale.
Molti dicono che le vittime dei combattimenti di Gaza dello scorso anno sono state sproporzionate perché nel conflitto sono morti circa 2100 gaziani, mentre Israele ha perduto 66 soldati e soli 5 civili. Ma questa sproporzione è semplicistica e inesatta. Shoshana Bryen ha scritto per il Gatestone Institute un pezzo dettagliato sul principio di proporzionalità nel diritto internazionale. In esso si legge che "la proporzionalità nel diritto internazionale non afferma che il numero delle vittime o dei civili feriti deve essere uguale né comporta che la potenza di fuoco del nemico sia uguale, per ciò che concerne la sofisticazione tecnologica delle armi utilizzate o la letalità, alla capacità offensiva militare della controparte. La proporzionalità valuta la necessità di un'azione militare rispetto alla sofferenza che l'azione potrebbe causare alla popolazione civile nemica nelle vicinanze".
Affermare che la reazione di Israele agli attacchi di Hamas sia stata sproporzionata ignora altresì che il 50 per cento o più delle vittime di Gaza è costituito da uomini in età di combattimento – una statistica circostanziata in molti punti. Sia la BBC sia il New York Times, poco ben disposti verso la narrativa israeliana, hanno sottolineato le enormi discrepanze nei dati forniti. "Se gli attacchi israeliani sono stati 'indiscriminati' come sostiene il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, è difficile capire perché siano stati uccisi più uomini che donne tra i civili", ha scritto Anthony Reuben della BBC, in un pezzo titolato "Particolare attenzione è richiesta nel numero delle vittime a Gaza".
Il New York Times è giunto alla stessa conclusione. Jodi Rudoren descrive la questione nell'articolo "Civili o no? Nuova lotta nella conta dei morti nel conflitto di Gaza", dove si analizza chi fossero le 1431 vittime. Nel testo si legge che "la popolazione per lo più formata da miliziani, uomini di età compresa tra i 20 e i 29 anni, è anche sovra-rappresentata nel bilancio delle vittime. Essi sono il 9 per cento degli 1,7 milioni di abitanti di Gaza, ma il 34 per cento delle vittime di cui è stata fornita l'età ". Le donne e i bambini costituiscono il 71 per cento della popolazione, solo il 33 per cento delle vittime. Anche questa è una discrepanza.
Anthony Reuben ha citato il portavoce delle IDF, il capitano Eytan Buchman, che ha detto che "i numeri forniti dalle Nazioni Unite, che sono ingenti, si basano sui dati del Ministero della Salute di Gaza, un organismo di Hamas". Buchman ha aggiunto che dobbiamo tenere a mente che "quando i militanti vengono portati negli ospedali, essi indossano abiti civili, nascondendo così le affiliazioni terroristiche" e che "Hamas ha ordinato ai residenti locali di nascondere le identità dei militanti".
Poiché nel corso dell'ultima guerra di Gaza non è stata condotta alcuna indagine indipendente, e dal momento che Fatah, Hamas e altri gruppi hanno sempre falsificato i dati e filmato false scene di carneficina, è molto probabile che i reali dati sulle vittime dimostreranno di essere di gran lunga inferiori a quelli denunciati.
La sensazione di discrepanza nel numero delle vittime diminuisce impercettibilmente se si prende in considerazione il contrasto, già notato, tra le misure difensive prese dagli israeliani per salvare le vite e l'uso da parte di Hamas dei civili come scudi umani. Va inoltre osservato che è assolutamente ridicolo affermare che i civili di Gaza sono stati uccisi e feriti perché non avevano un posto in cui rifugiarsi: nella Striscia esistono ampi spazi aperti, in cui i miliziani di Hamas avrebbero potuto installare le infrastrutture militari o dove far affluire i civili in caso di guerra (perché è stato Hamas ad avviare la guerra). In un articolo scritto per il Gatestone, Alan Dershowitz ha dimostrato che la densità della popolazione di Gaza non è fonte di vulnerabilità per la sua popolazione civile.
È anche assolutamente da irresponsabili dire che gli attacchi israeliani sono stati "indiscriminati". Nessun esercito ha mai combattuto preoccupandosi maggiormente di evitare di fare vittime tra i civili, come invece fanno le Forze di difesa israeliane. È politica di Israele avvertire i civili degli imminenti attacchi lanciando dal cielo migliaia di volantini, facendo telefonate, inviando messaggi di testo e lasciando persino cadere proiettili, una procedura detta "bussare sul tetto" per avvisare chi è dentro di evacuare i locali [e mettersi così in salvo, N.d.T.]. Basta solo questo a rendere del tutto ingiustificabile l'accusa di Amnesty International di "fredda indifferenza" verso la morte dei civili. Preavvisare degli attacchi è svantaggioso per l'esercito israeliano, e questo per due ragioni: si avvertono i miliziani di Hamas e le squadre preposte al lancio dei razzi che sono stati avvistati e scelti come obiettivi; e si permette a Hamas di ordinare ai civili di rimanere negli edifici o di salire sui tetti per dissuadere gli israeliani dall'attacco. Questa strategia di avvertire i civili di un attacco imminente è spiegata chiaramente nel Manuale di Israele sulle regole della guerra (2006).[4]
Quando i miliziani di Hamas aprono il fuoco dall'interno o nei pressi di una scuola, di una moschea, di un ospedale, e i civili vengono uccisi dal fuoco di risposta, il movimento islamista trae vantaggio dall'ostentare i civili e i bambini morti (e i miliziani morti in abiti civili) davanti agli occhi dei media di tutto il mondo.
Chi condanna il comportamento israeliano in guerra dovrebbe innanzitutto leggere questo articolo utile in cui apprendiamo che ogni soldato delle IDF riceve un addestramento capillare e continuo su come combattere in ottemperanza al diritto internazionale; che le Forze di difesa israeliane hanno un sito web dedicato alle questioni di diritto internazionale; che in ogni divisione delle IDF c'è un esperto di diritto internazionale; che le aggressioni israeliane non sono autorizzate o vengono adattate per evitare azioni illegali; che ogni singolo colpo sparato dall'artiglieria o dalle forze aeree è ben ponderato e che gli obiettivi sono passati al vaglio in anticipo, dopo essere stati visualmente identificati da uno o più "occhi" puntati dalle IDF su Gaza, come satelliti, droni e radar.
Israele, più di ogni altra nazione, capisce perfettamente la necessità di stare dalla parte giusta del diritto e sa che gli occhi del mondo sono puntati su di lui, mentre Hamas prende in giro le Convenzioni di Ginevra e sembra non tener conto in ogni modo del diritto internazionale. Questa disparità induce a chiedersi perché il mondo condanna Israele ma foraggia Hamas con miliardi di dollari utilizzati per costruire più missili e tunnel.
Parlare di attacchi "indiscriminati" da parte di Israele vanifica l'idea che l'equipaggiamento militare israeliano non è secondo a nessuno per quanto concerne la sofisticazione tecnologica. Visto che Israele è considerato uno dei paesi più tecnologicamente avanzati del mondo, questo non sorprende affatto. Possiamo aspettarci che un aereo israeliano colpisca il suo bersaglio con precisione. Dal momento che ogni vittima civile danneggia la posizione di Israele nel mondo, non ha affatto senso che un paese tecnologicamente così astuto faccia indiscriminatamente fuoco sui civili – una mossa questa che aiuterebbe Hamas a vincere la guerra solo attraverso la copertura mediatica.
Se le cose stanno così, qualcuno potrebbe chiedersi perché negli attacchi israeliani sono stati uccisi così tanti civili. La risposta è semplice. Innanzitutto, come già detto, molte morti di civili non possono essere state vittime civili, come nei conflitti precedenti. In secondo luogo, la causa primaria di parecchie di queste morti può essere dovuta all'uso di scudi umani da parte di Hamas e alla vicinanza dei siti utilizzati per sparare o lanciare razzi, dei centri di comando e dei depositi di munizioni a ogni luogo abitato o frequentato da civili. Le vittime non sono state causate da una irresponsabile e controproducente mancanza di discriminazione né per incompetenza da parte di Israele.
In futuro
Sembra che metà del mondo appoggi la pretesa di chiedere a Israele di abolire le proprie armi del tutto legali e revocare il blocco a Gaza dei materiali a doppio uso, in modo che Hamas possa iniziare a importare seriamente missili a lungo raggio dall'Iran e dagli altri suoi alleati, come pure ingenti quantità di cemento per costruire "i tunnel del terrore". In una recente intervista tra un giornalista della Reuters e un dirigente di Hamas, quest'ultimo ha dichiarato apertamente che "il gruppo continua a rifornire il proprio arsenale o [sic] i razzi e altre armi e rafforzare la sua rete sotterranea. In tempo di pace, facciamo i preparativi e in guerra, utilizziamo ciò che abbiamo approntato".
Chiedere di porre fine a un blocco (che non blocca affatto l'importazione di veri beni umanitari) è come armare i terroristi. Hamas ha già stornato miliardi di dollari di aiuti finanziari per costruire tunnel rivestiti di calcestruzzo e acquistare missili e altre armi, lasciando gli abitanti di Gaza senza i beni di prima necessità, mentre l'élite di Hamas guida auto costose, fa acquisti nei centri commerciali che vendono oggetti di design e costruisce appartamenti di lusso.
Dopo la fine prematura dell'operazione "Protective Edge", la comunità internazionale ha promesso di versare più miliardi per ricostruire Gaza. Se non ci sarà più il blocco, questi miliardi costruirebbero altri arsenali e con questi arsenali Hamas inizierà una nuova guerra in cui ancor più abitanti di Gaza e israeliani moriranno o saranno feriti.
La semplice soluzione a questo è la pace, che Israele ha sempre chiesto. Ma Hamas, come affermato nella sua Carta, rifiuta categoricamente la pace. È necessario che a Gaza ci sia un governo che si preoccupa del benessere di tutti i suoi cittadini e che potrebbe vedere la pace permanente con i suoi vicini come la giusta via da percorrere per tutti.
Denis MacEoin è un ex docente di Arabo e Studi islamici e un illustre senior fellow al Gatestone Institute.
[1] "The Gaza War in 5 Minutes: Thoughts from Col. Richard Kemp", YouTube, 10 November 2014. Nella stessa pagina si possono vedere altri video citati da Kemp.
[2] Per un'ottima traduzione del testo originale arabo, si veda la versione dell'Avalon Project della Yale Law School.
[3] La mia traduzione qui è più accurata della versione di Yale.
[4] Si veda più in dettaglio, Comitato internazionale della Croce Rossa, "Israel: Practice Relating to Rule 20. Advance Warning", Customary IHL.