Si è appena conclusa la notte degli Oscar, negli Stati Uniti. Purtroppo, però, non c'è stata alcuna nomination per "il regista più coraggioso". Eccone una.
In genere, naturalmente, non si oserebbe istituire una nomination per "il regista più coraggioso". Il ruolo sarebbe ambito ma verrebbe assegnato solo a chi ha realizzato un film che presenta argomentazioni del tutto prevedibili senza tener conto dello spirito del tempo. Ad esempio, la storia di una donna che lotta contro la malattia, inserita nel contesto del movimento per l'abolizione della schiavitù. O la storia di un uomo che lotta contro i pregiudizi di classe e le disparità retributive, ambientata sullo sfondo del naufragio del Titanic, e così via.
La parola "coraggioso" è talmente abusata nel mondo del cinema che è facile dimenticare quello che realmente significa. Ecco un suggerimento. Il coraggio prende il nome di Finn Norgaard, il regista 55enne ucciso a Copenaghen il 14 febbraio da Omar Abdelhamid Hussein. Come esattamente sia morto Finn Norgaard non è stato ancora detto, ma occorre parlarne.
Norgaard era uno dei partecipanti al dibattito organizzato a Copenaghen dal comitato Lars Vilks. Questa organizzazione, nata due anni fa, è stata costituita per offrire solidarietà e un tocco di normalità all'artista svedese Lars Vilks. Dal 2007 la vita di quest'ultimo è tutt'altro che normale a causa di una serie di illustrazioni considerate blasfeme da alcuni musulmani e che lo hanno portato a essere iscritto in una lista nera stilata da al-Qaeda.
La paura e il sospetto che l'élite culturale svedese ha poi dimostrato hanno fatto sì che dopo il 2007 è stato praticamente impossibile per Vilks svolgere la sua attività di artista: le gallerie d'arte si sono rifiutate di esporre i suoi lavori; i quotidiani non hanno voluto pubblicare le sue vignette. L'intera società svedese lo ha abbandonato. E così, nel 2013, un gruppetto di personaggi danesi decise di contribuire a cambiare le cose. Gli eventi organizzati dal comitato consentono ad altre figure culturali di incontrare Vilks, dibattere con lui e concentrare l'attenzione sulle questioni riguardanti la libertà di parola, e che non sono esclusivamente connesse all'Islam.
Finn Norgaard aveva partecipato a una serie di incontri organizzati dal comitato ed era presente nel café di Copenaghen dove erano previsti gli interventi della leader del gruppo femminista, Femen, e di uno degli organizzatori dell'art festival di Londra "Passion for Freedom". Quel pomeriggio, l'ambasciatore francese in Danimarca aveva già espresso la sua solidarietà e il sostegno in seguito alle atrocità commesse a Parigi.
Nei giorni successivi all'attentato, non è stato chiaro come sia esattamente morto Norgaard. Uno degli organizzatori dell'evento – la fondatrice del comitato Helle Brix – ha detto che pensava che Norgaard fosse uscito per fare una telefonata, durante la prima parte del dibattito. Quando l'uomo armato è entrato nell'atrio e ha iniziato a sparare, le guardie del corpo di Vilks hanno risposto al fuoco. Nessuno è stato colpito nella stanza dove si stava svolgendo l'incontro. Norgaard è stato l'unica vittima (anche se l'attentatore si è poi recato davanti a una sinagoga della città e ha ucciso il 37enne Dan Uzan).
Nelle ore immediatamente successive all'attentato al café, sembrava che Norgaard fosse stato il solo sfortunato. Egli era uscito dall'edificio pensando di rientrare, ma lo ha fatto nel momento sbagliato e si era trovato faccia a faccia con l'uomo armato che lo ha freddato. Ma ora sembra che si sia trattato anche di un atto di eroismo. Chi era presente al dibattito ha raccontato che Norgaard è entrato nell'atrio, si è imbattuto nell'attentatore e ha cercato di fermarlo. Pare che i due abbiano lottato e il regista sia riuscito a disarmare l'uomo. Ma il killer ha poi preso il sopravvento e ha ucciso Norgaard. Gli amici del cineasta hanno confermato che era da lui comportarsi così e che era solito intervenire nelle liti o nelle risse.
Le persone presenti all'interno della caffetteria ora riconoscono a Norgaard il merito di averle aiutate a salvarsi. Se lui non avesse lottato con il terrorista e non avesse guadagnato quei secondi in più di tempo che sono stati preziosi per l'arrivo della polizia e degli aiuti, probabilmente il numero delle vittime sarebbe stato di gran lunga superiore e le conseguenze avrebbero potuto essere incalcolabili. Una parte considerevole delle poche persone in prima linea nella lotta per la libertà di espressione in Europa era stipata in quella piccola stanza. Se il numero delle vittime fosse stato più elevato, l'impatto su quel dibattito avrebbe potuto segnare una battuta d'arresto irreparabile alla possibilità di vincere questa battaglia.
È così importante ricordare persone come Fiin Norgaard. In un ambiente che si compiace per il presunto coraggio, Norgaard ha vissuto in modo davvero coraggioso fino alla morte. È troppo sperare che a un certo punto l'industria cinematografica riconosca i veri eroi del nostro tempo?
Anche se non lo farà, tutti noi invece possiamo. I familiari di Norgaard hanno costituito in suo onore un ente di beneficenza a lui intitolato. Quanto prima, posterò i dettagli per incoraggiare la gente a contribuire. Come ha detto la settimana scorsa un amico, la cui vita potrebbe essere stata salvata da Norgaard: "Una delle cose belle della vita è la gente straordinaria che si incontra ogni tanto".