Mentre gli elettori israeliani si preparano ad andare alle urne per eleggere i nuovi rappresentanti, i palestinesi dicono di prepararsi a un'altra guerra con Israele.
Si parla di preparativi proprio mentre il segretario di Stato americano John Kerry e alcuni candidati israeliani, soprattutto i leader del Campo sionista Isaac Herzog e Tzipi Livni, continuano a parlare della necessità di rilanciare il processo di pace israelo-palestinese dopo le elezioni.
Per alcuni palestinesi, le elezioni non rimuoveranno Netanyahu dal potere. Piuttosto, serviranno a rimuovere Israele dalla faccia della terra per rimpiazzarlo con un impero islamista.
Il prossimo governo israeliano dovrà affrontare un duplice attacco sul fronte palestinese: uno dalla Striscia di Gaza, dove Hamas e la Jihad islamica dicono di aver appena completato i preparativi per il prossimo conflitto con Israele e un altro dalla Cisgiordania, dove l'Autorità palestinese (Ap) si dice determinata a portare avanti la sua "guerra diplomatica" contro lo Stato ebraico nell'arena internazionale.
Alla vigilia delle elezioni, Kerry si augura che gli israeliani eleggeranno un governo che non deluda "le speranze di pace".
Le dichiarazioni di Kerry sulla ripresa del processo di pace dimostrano che il segretario di Stato americano continua a essere incurante della realtà del Medio Oriente, in particolar modo riguardo ai palestinesi. Egli ignora che questi ultimi sono oggi divisi in due fazioni: una che vuole distruggere Israele attraverso il terrorismo e il jihad e un'altra che sta lavorando sodo per delegittimare e isolare lo Stato ebraico sperando di metterlo in ginocchio.
Hamas e la Jihad islamica continuano a sbeffeggiare le parole di Kerry sul rilancio del processo di pace. I due gruppi, che controllano 1,7 milioni di palestinesi della Striscia di Gaza, in realtà hanno altri piani per l'era post-elettorale. I loro principali obiettivi ruotano attorno ai preparativi della prossima guerra con Israele.
Mentre Kerry parlava della ripresa dei negoziati, il braccio armato di Hamas, le Brigate Izaddin al-Qassam, ha annunciato di aver completato i preparativi del prossimo scontro con lo Stato ebraico. Secondo il gruppo, questi preparativi prevedono la ricostruzione delle basi militari di Hamas e dei centri di addestramento che sono stati distrutti durante l'ultima guerra, nota come operazione "Protective Edge". Il gruppo sostiene di aver ricostruito non solo i siti distrutti, ma di aver anche creato nuove postazioni militari, soprattutto lungo il confine con Israele.
Naturalmente, quando Hamas parla di "basi militari", si riferisce anche ai tunnel sotterranei che spera di utilizzare nel prossimo conflitto per infiltrarsi in Israele.
Alcune della basi si trovano a poche centinaia di metri di distanza dal confine con lo Stato ebraico, come ad esempio le postazioni Yarmouk e Palestina. Il movimento islamista asserisce che la decisione di costruire le basi militari nei pressi del confine israeliano mira a inviare un messaggio di sfida allo Stato ebraico.
Anche la Jihad islamica non è rimasta colpita dal recente discorso sulla ripresa del processo di pace tra palestinesi e israeliani.
All'inizio di questo mese, l'organizzazione ha svelato i suoi preparativi per la guerra, invitando i giornalisti a fare un tour dei suoi tunnel all'interno della Striscia di Gaza.
"Siamo al più alto livello di allerta per contrastare ogni attacco. Siamo abituati a rompere il cessate il fuoco", ha detto all'agenzia France Presse, l'alto comandante della Jihad islamica, Abu al-Bara. "È una guerra che non finirà mai. Siamo pronti a combattere a qualsiasi livello contro l'occupazione sionista e a intraprendere azioni mai compiute prima".
Nel frattempo, l'Autorità palestinese si sta preparando a uno scontro con Israele, anche se di natura diversa.
L'Ap dice di essere fermamente intenzionata a proseguire gli sforzi intesi a cercare il sostegno mondiale per imporre una soluzione a Israele. E spera di farlo con l'aiuto delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea, dell'amministrazione Obama e di alcuni paesi arabi.
Per raggiungere il proprio obiettivo, l'Autorità palestinese sta conducendo una massiccia campagna nell'arena internazionale il cui obiettivo è delegittimare, isolare e indebolire Israele fino al punto di costringerlo a soccombere e a fare concessioni di vasta portata, come un ritiro completo ai confini antecedenti al 1967.
Il presidente dell'Ap Mahmoud Abbas troverà quasi impossibile tornare a sedersi al tavolo dei negoziati con Israele ora che ha detto al suo popolo che la prossima mossa dei palestinesi sarà quella di presentare le accuse di "crimini di guerra" contro lo Stato ebraico davanti alla Corte penale internazionale (Cpi). I collaboratori di Abbas hanno addirittura fissato una data per depositare la prima denuncia contro Israele davanti alla Cpi.
Anche se il presidente dell'Ap dovesse tornare al tavolo dei negoziati – sotto pressione degli americani e degli europei – lo farebbe non per raggiungere un accordo con Israele, ma per cercare di dimostrare al mondo che lo Stato ebraico non vuole la pace.
Abbas si presenterà ai colloqui di pace con le stesse richieste avanzate da lui e dai suoi predecessori negli ultimi vent'anni, vale a dire un ritiro completo di Israele ai confini antecedenti al 1967. E quando lo Stato ebraico non accetterà tutte le sue richieste, egli abbandonerà il tavolo dei negoziati chiedendo un intervento internazionale per imporre una soluzione a Israele. Così, mentre lui sarebbe impegnato nella sua campagna diplomatica, Hamas e la Jihad islamica riprenderebbero i loro attacchi terroristici contro Israele dalla Striscia di Gaza.
Nelle circostanze attuali, in cui alcuni palestinesi vogliono distruggere lo Stato ebraico e altri non sono in grado di fare concessioni per il bene della pace, parlare di ripresa del processo di pace non è altro che uno stupido scherzo.