Mentre l'Europa si prepara a nuovi attacchi terroristici, il suo establishment politico si trova di fronte a una scelta: finirà per iniziare a prestare ascolto alle crescenti preoccupazioni dei cittadini sull'immigrazione di massa musulmana e sulla diffusione dell'Islam politico, oppure si trincererà e tenterà di perpetuare decenni di fallite politiche multiculturali?
La Svezia, forse sempre in prima linea, sembra aver scelto la seconda opzione. Come parte del cosiddetto "accordo di dicembre", sei degli otto partiti politici in Parlamento (Riksdagen) hanno deciso di escludere dal processo parlamentare i Democratici svedesi (Sd), l'unico partito contrario all'immigrazione di massa e che difende la cultura svedese.
No a nuove elezioni
Tecnicamente, i sei partiti (oltre agli ex comunisti, che non fanno parte dell'accordo ma senza alcun dubbio aderiscono ad esso, in quanto sono stretti alleati del governo socialdemocratico) hanno concordato che il bilancio presentato da chiunque sia primo ministro non sarà bocciato dall'opposizione. Questo è quanto accaduto ai primi di dicembre 2014, quando la proposta di bilancio del premier socialdemocratico Stefan Löfven è stata bocciata perché i Democratici svedesi hanno votato con l'opposizione di centro-destra. Di conseguenza, il governo di minoranza di Stefan Löfven si è trovato nella posizione intollerabile di dover governare sulla base del bilancio dell'opposizione.
Il premier Löfven ha deciso di indire nuove elezioni, da tenersi il 22 marzo 2015. Ma sfortunatamente, sia per il governo sia per l'opposizione, molti sondaggi d'opinione non hanno lasciato alcun dubbio che i Democratici svedesi erano in lizza per la vittoria. Alcuni sondaggi li davano al 18 per cento (dal 12 per cento delle ultime elezioni), il che significava che né la coalizione di governo composta da socialisti, verdi ed ex comunisti, né l'opposizione di centro-destra avrebbero ottenuto una maggioranza in un nuovo parlamento.
Così, i sei partiti hanno fatto fronte comune contro l'unico vero partito di opposizione, i Democratici svedesi. Il 27 dicembre, essi hanno annunciato che non ci sarebbero state nuove elezioni. Pertanto, il milione o più di svedesi intenzionato a votare l'Sd, dovrà aspettare altri quattro anni, e anche allora quei voti non saranno importanti perché "l'accordo di dicembre" scadrà nel 2022.
Fino all'improbabile eventualità che i Democratici svedesi otterranno il 51 per cento dei voti, i loro sostenitori potrebbero agitarsi inutilmente. Nessun altro partito negozierà con i loro rappresentanti né ascolterà le loro argomentazioni.
La politica dietro le quinte
Il cosiddetto "accordo di dicembre" può essere tranquillamente definito come un colpo di Stato morbido che ha creato le premesse per la scomparsa della Svezia.
In superficie, le istituzioni democratiche svedesi sono intatte, ma d'ora in avanti saranno un involucro. "L'accordo di dicembre" introduce quello che può essere etichettato come un sistema parlamentare doppio. Il Parlamento ufficiale, il Riksdagen, rimane operativo, ma nell'ombra si nasconde il vero parlamento, composto da sette leader di partito – dagli ex comunisti (Vänsterpartiet) ai conservatori (Moderaterna). Quest'assemblea occulta delibera in gran segreto ed è protetta dal controllo pubblico. Di volta in volta, essa presenta le sue decisioni al Riksdag. Poiché sette partiti controllano 300 dei 349 seggi, il Riksdag, ovviamente, darà il suo assenso.
Il nuovo sistema può anche essere definito una dittatura consensuale. Indipendentemente da ciò che il governo svedese dovrà fare nei prossimi otto anni, esso in realtà avrà dei poteri dittatoriali. I bilanci annuali, che sono le fondamenta delle altre politiche, avranno la garanzia di essere approvati. Oltre al bilancio, la grande coalizione dei partiti ha annunciato che cercherà di deliberare all'unanimità in materia di difesa, sicurezza, pensioni ed energia.
Un governo "preciso" e responsabile
Secondo i sei capi di partito, "l'accordo di dicembre" si è reso necessario a causa del bisogno della Svezia di avere un governo "preciso" e responsabile. Solo il leader del centrista Partito del popolo (Folkpartiet), Jan Björklund, ha rivelato il vero intento: tenere lontani dal potere "i partiti del risentimento" (ossia i Democratici svedesi).
Nessuno dei giornalisti presenti alla conferenza stampa, in cui il premier Löfven ha annunciato il nuovo ordine politico, ho posto la domanda ovvia: Non è forse dovere dell'opposizione politica osteggiare – o meglio essere risentita delle politiche del governo? Altrimenti, che opposizione sarebbe? E perché avere delle elezioni democratiche se tutti i partiti "dotati di senso di responsabilità" dovrebbero raggiungere un accordo?
Purtroppo queste domande non sono state poste, e in linea di massima – con qualche voce di dissenso – i principali media svedesi hanno apprezzato "l'accordo di dicembre".
Alla conferenza stampa del 27 dicembre, si è parlato a malapena dell'enorme macigno che incombe sulla Svezia: l'immigrazione dal Medio Oriente e dall'Africa, che è talmente massiccia e costosa da dover bloccare ogni bilancio.
14 miliardi di dollari
Non esistono statistiche ufficiali sui costi dell'immigrazione. Ma secondo il docente di etnologia Karl-Olov Arnstberg e il giornalista Gunnar Sandelin (autori del volume Invandring och mörkläggning – Immigrazione e dissimulazione), i costi dell'immigrazione ammontano a 110 miliardi di corone svedesi (quasi 14 miliardi di dollari) l'anno.
Si tratta di una cifra considerevole per un paese con 10 milioni di abitanti. Altri hanno quantificato costi maggiori. I politici, però, continuano a insistere sul fatto che l'immigrazione dai paesi del Terzo mondo sia una benedizione economica e rifiutano di discutere la questione. Né lo fanno i grandi media. Chiunque osi perfino dire che ci potrebbe essere un problema viene etichettato come "razzista", "fascista" o "xenofobo".
L'SCB, l'Ufficio centrale di statistica svedese, documenta che è in corso un massiccio mutamento demografico. Tra il 2000 e il 2013, gli abitanti di origine straniera sono aumentati di 713.000, mentre gli abitanti autoctoni sono solo 50.000 in più.
La Svezia ha il più alto numero di richiedenti asilo per milione di abitanti in Europa. Secondo l'ultima previsione per il 2014, le richieste di asilo politico in Svezia sono state 95.000. alla stragrande maggioranza di esse sarà concesso il permesso di soggiorno permanente.
Andarsene dalla Svezia
Con vaste zone del Medio Oriente e del Nord Africa in subbuglio, ci sono tutti le indicazioni che il numero dei richiedenti asilo aumenterà nei prossimi anni. E non c'è alcun segnale che la coalizione dei sette partiti svedesi smantellerà la cosiddetta politica delle porte aperte vigente nel paese. Si può prevedere con sicurezza che l'oca svedese sarà cotta a puntino prima che "l'accordo di dicembre" scadrà nel 2022. I suoi giorni da Stato libero e democratico per eccellenza sono contati. Una popolazione di forse 8 milioni di svedesi non può accogliere e pagare per 4 milioni di immigrati in otto anni. È come se gli Stati Uniti dovessero accogliere 150 milioni di immigrati.
Se si stima che a 80.000 richiedenti asilo sarà concesso il permesso di soggiorno permanente ogni anno per i prossimi otto anni, raggiungeremo la cifra di 640.000 immigrati che avranno il permesso di soggiorno. E se si considera che ogni nuovo residente permanente proveniente dai paesi del Terzo mondo avrà con sé 2-3 familiari o persone a carico, probabilmente entro il 2022 avremo un afflusso di immigrati di due milioni e un quarto.
A quel punto, la Svezia, che si vanta di essere una "superpotenza umanitaria", diventerà uno Stato fallito e non ci sarà nulla che gli insoddisfatti potranno fare tranne che abbandonare il paese. Questo è esattamente ciò che l'Onu ha previsto, ma poi, ha ritrattato questa previsione.
Molti si chiedono cosa motivi l'establishment politico. Perché si insiste a riempire il paese di stranieri, la maggior parte dei quali dipenderà dallo Stato perché non ha le competenze necessarie per trovare lavoro nell'economia moderna?
Lo verificheremo la prossima settimana.
Pur approvando gli articoli scritti da Ingrid Carlqvist e pubblicati finora qui sul sito, il Gatestone Institute non è più legato in alcun modo all'autrice.