Se qualcuno aveva pensato che il massacro di quattro ebrei in un supermercato di Parigi – per il solo fatto di essere ebrei – avrebbe indotto i principali organi di informazione svedesi e il governo a spiegare chi c'è dietro il crescente antisemitismo in Europa e la violenza anti-ebraica, beh, si è sbagliato di grosso. Ad eccezione di un programma televisivo, il legame tra antisemitismo, Islam e immigrazione di massa musulmana, in Svezia, rimane impensabile.
La storia svedese in fatto di ebrei non è bella. Fino al 1870, agli ebrei non fu permesso di stabilirsi ovunque volessero nel paese. C'era la Svezia dietro la proposta di apporre una "J" maiuscola timbrata sui passaporti degli ebrei tedeschi, per impedire l'accesso nel proprio territorio ai profughi ebrei della Germania nazista. E ora le autorità svedesi chiudono gli occhi di fronte al nuovo odio verso gli ebrei che è stato importato come conseguenza dell'immigrazione musulmana.
Purtroppo, un'organizzazione che cerca di nascondere la verità è un'organizzazione ebraica, il Comitato svedese contro l'antisemitismo (SKMA).
J sta per ebreo
Alla fine degli anni Trenta, un crescente flusso di profughi ebrei provenienti dalla Germania si diresse verso i paesi europei. Pochi Stati furono disposti ad accoglierli, del resto come si poteva stabilire chi fosse ebreo e chi no? Nel 1938, la Svezia e la Svizzera proposero alla Germania di fornire agli ebrei dei passaporti speciali, e il 5 ottobre di quell'anno i tedeschi lo fecero. Tutti i passaporti appartenenti ad ebrei furono annullati, e gli ebrei che intendevano viaggiare dovettero ottenerne uno nuovo, timbrato con una "J" maiuscola inchiostrata di rosso sulla prima pagina.
Nel 1943, quando divenne chiaro che Hitler avrebbe perso la guerra, la Svezia si affrettò a ristabilire parte della propria reputazione. Nella Danimarca occupata dai nazisti, circa 8000 ebrei riuscirono a scampare alla deportazione nei campi di concentramento nazisti perché erano sotto la protezione del governo danese, e non erano mai stati costretti a portare cucita sugli abiti la stella gialla di David.
Ma il 23 agosto 1943, cessò ogni forma di cooperazione tra il governo danese e le autorità di occupazione. Il governo si dimise e i tedeschi imposero lo stato di emergenza. Dopo di che, gli ebrei danesi ebbero solo la protezione della resistenza danese, potendo anche contare su ciò che restava dell'amministrazione statale e su una popolazione ampiamente solidale. Come disse qualche anno fa alla televisione danese il rabbino capo Bent Melchior, non un solo ebreo ha bussato alla porta del suo vicino gentile senza ricevere aiuto.
La fuga degli ebrei
La resistenza danese seppe che i tedeschi, nella notte tra l'1 e il 2 ottobre, volevano radunare tutti gli 8000 ebrei per deportarli nei campi di sterminio tedeschi. In un baleno, la resistenza, con l'aiuto di un gran numero di civili, riuscì a contrastare l'operazione. Furono mobilitate delle barche da pesca per trasportare clandestinamente oltre 7000 ebrei in Svezia attraverso lo stretto di Øresund. Altri furono nascosti in Danimarca. La notte del rastrellamento, i 1500 soldati tedeschi che presero parte all'operazione riuscirono a catturare solo 284 ebrei. Ma il maggior numero fu arrestato in seguito: complessivamente, furono 474 gli ebrei danesi che finirono nel campo di concentramento di Terezin, che non era un campo di sterminio. La maggior parte di loro è tornata in Danimarca dopo la liberazione, ma 53 morirono durante la prigionia tedesca, perché vecchi o malati.
In Svezia, gli ebrei danesi e un certo numero di combattenti della resistenza furono ospitati in pensioni, ostelli della gioventù, alberghi e abitazioni private. (Tra i partigiani c'era un certo Leif Larsen, che aveva preso parte a uno scontro a fuoco a Copenaghen. Egli trovò rifugio nella casa della nonna di Ingrid Carlqvist – autrice insieme a Lars Hedegaard di quest'articolo – e poi sposò sua zia Solveig.)
La nuova immagine che la Svezia ha di se stessa
Dopo la fine della guerra, la maggior parte degli ebrei fece ritorno in Danimarca, ma l'immagine che la Svezia aveva di sé era cambiata per sempre. Alla fine, la Svezia aveva qualcosa di cui essere orgogliosa, dopo il comportamento molto dubbio, quando sembrava che Hitler stesse ottenendo una serie di vittorie.
Purtroppo, gli svedesi hanno tratto una conclusione sbagliata dal loro salvataggio degli ebrei. Molti svedesi, sono ora fermamente convinti che chiunque cerchi rifugio in Svezia è nella stessa situazione disperata in cui si trovavano gli ebrei nel 1943. Il motivo per cui gli svedesi sono più favorevoli ad accogliere le persone in cerca di asilo rispetto agli abitanti della maggior parte degli altri paesi europei, è che stanno prendendo le distanze dal trattamento spregevole che riservarono agli ebrei prima della Seconda guerra mondiale, fino al 1943.
Ma è proprio questo che in Svezia ha aperto la strada a un nuovo odio antiebraico. Gli svedesi non sanno nulla dell'incitamento all'odio contro gli ebrei contenuti nel Corano e negli hadith, pertanto, proprio non capiscono perché i musulmani attacchino gli ebrei. E se anche riescono a sapere delle aggressioni (i media svedesi ne parlano raramente), essi credono che questo abbia a che fare con il conflitto tra Israele e i palestinesi. Forse gli arabi hanno un motivo per avercela con gli ebrei? E poiché l'influente organizzazione SKMA continua a dire che l'odio antiebraico e "l'islamofobia" sono della stessa risma, perché i cittadini svedesi dovrebbero pensare che non sia così?
Gli svedesi ora tendono a considerare tutti gli immigrati come delle vittime del totalitarismo e rifiutano di prendere atto che non tutti gli immigrati la pensano come loro. Non si riesce a capire perché la gente fugge se non si è oggetto di odio e minacce.
Gli svedesi hanno una minima conoscenza del fatto che l'odio antiebraico è parte integrante dell'Islam e che le autorità e i politici si rifiutano di ammettere che gli ebrei sono in fuga dalla città di Malmö a causa della popolazione musulmana in costante crescita. La maggior parte degli svedesi non ha mai capito che una minoranza può esporre un altro gruppo minoritario a violenze e intimidazioni.
Esiste un altro motivo per cui i politici di Malmö chiudono un occhio sull'odio contro gli ebrei. Malmö è la terza città più grande della Svezia e probabilmente ospita la maggiore percentuale di musulmani. (È difficile fornire le cifre esatte perché la legge svedese vieta la registrazione in base alla religione.) Si presume che approssimativamente un terzo dei 300.000 abitanti di Malmö abbia un'origine straniera e che questa percentuale sia in costante aumento. Attualmente, la maggior parte dei profughi arriva dalla Siria e dalla Somalia, ed essi sono per lo più musulmani.
Il nesso socialista-musulmano di Malmö
Malmö è sempre stata governata dai socialdemocratici – un partito che ha tutte le ragioni per tenersi buoni i musulmani. Nelle elezioni comunali, i socialdemocratici possono normalmente contare sul 30 per cento dei voti in generale e sul 70 per cento dei voti musulmani.
Questa circostanza è senza alcun dubbio il motivo più importante per cui l'ex sindaco socialdemocratico della città, Ilmar Reepalu, si è rifiutato di fare qualcosa per contrastare il dilagante odio contro gli ebrei. Egli non può certo ignorare che gli autori degli eccessi antisemiti siano i suoi stessi elettori.
Sono anni che gli ebrei di Malmö parlano di un crescente numero di crimini razziali contro la loro sinagoga e contro loro stessi, ma nessuno ha mai preso sul serio le loro denunce. Alla fine, un giornalista di nome Andreas Lovén del quotidiano locale Skånska Dagbladet ha scritto una serie di articoli in cui asserisce che l'odio antiebraico sta inducendo sempre più ebrei a trasferirsi in altre città della Svezia o in Israele.
Per la prima volta, si è detto apertamente chi si cela dietro l'antisemitismo: la popolazione musulmana della città. Molti ebrei hanno raccontato al giornale che non riuscivano a crescere i loro figli a Malmö – la città in cui il 25 gennaio 2009, fu permesso a un folto gruppo di musulmani di lanciare bottiglie, uova e fumogeni contro gli ebrei che sfilavano pacificamente a una manifestazione di sostegno di Israele (cliccare qui per vedere il video).
Anziché disperdere la contro-manifestazione, svoltasi senza alcuna autorizzazione e che minacciò seriamente gli ebrei e gli amici di Israele assemblati in Piazza Grande (Stortorget) a Malmö, la polizia preferì revocare agli ebrei il diritto di riunirsi.
La decisione fu duramente criticata da un difensore civico parlamentare, che scrisse: "È inaccettabile in una democrazia, consentire più o meno sistematicamente ai contro-manifestanti di impedire ai loro avversari di esprimere le loro opinioni nei raduni pubblici".
Obama manda il suo inviato
Nonostante le critiche mosse dall'ombudsman, è stato fatto molto poco. Non una delle tante denunce alla polizia da parte degli ebrei della città ha portato a incriminazioni, per non parlare di condanne. E alla fine la situazione peggiorò a tal punto, che nell'aprile 2012, il presidente Barack Obama spedì a Malmö Hannah Rosenthal, inviato speciale del dipartimento di stato degli Stati Uniti per il monitoraggio e la lotta all'antisemitismo, per dare una bella lavata di capo al sindaco Ilmar Reepalu. Ella sottolineò che il problema non era causato solo dai numerosi attacchi contro gli ebrei ma anche dal fatto che il sindaco aveva esacerbato la situazione con dichiarazione del tipo: "Gli ebrei dovranno ritenersi responsabili di quanto gli accade finché non prenderanno le distanze dagli abusi commessi da Israele ai danni dei palestinesi".
Il mese scorso, la televisione svedese ha trasmesso un programma sull'odio antiebraico a Malmö, che ha documentato chiaramente che l'odio proviene dalla popolazione musulmana della città. Il giornalista aveva indossato una tradizionale kippah e una stella di David e se ne era andato in giro per la città per vedere ciò che accadeva. È stato subito oggetto di insulti e sputi.
Successivamente, un altro programma televisivo si è occupato delle accuse di intolleranza antimusulmana in Svezia. Una giornalista ha percorso le strade di Södertälje indossando il velo islamico e non è stata importunata da nessuno. Gli immigrati di questa cittadina sono per lo più siriani cristiani e assiri, e i musulmani sono in netta minoranza.
Finora, coloro che lavorano al programma tv sono riusciti a dare agli altri media motivo di indagare sull'odio dei musulmani contro gli ebrei. In poche parole, non tutti gli immigrati sono delle vittime.
Attaccare il messaggero
Purtroppo, le più grandi organizzazioni ebraiche svedesi sono cieche come i media quando si tratta di stabilire le cause dell'odio contro gli ebrei. Il Comitato svedese contro l'antisemitismo (SKMA), equipara l'odio antiebraico all'odio nei confronti dei musulmani, e attacca chiunque voglia parlare apertamente della vera genesi dell'antisemitismo "svedese". L'SKMA si rifiuta di parlare dell'odio dei musulmani contro gli ebrei ed è ben felice di camminare fianco a fianco degli imam e di protestare contro la "crescente xenofobia". È difficile dire se lo faccia per paura della popolazione musulmana in crescita o per pura ignoranza.
Nel dicembre 2013, il Comitato svedese contro l'antisemitismo criticò il Forum di coordinamento per la lotta all'antisemitismo, un'organizzazione israeliana, per aver "diffuso dei messaggi islamofobici in alcuni articoli sull'antisemitismo in Svezia" e per aver "conferito legittimità alla svedese Ingrid Carlqvist che odia i musulmani". L'SKMA accusa la Carlqvist di equiparare i musulmani ai nazisti, il che è una bugia. Ciò che la Carlqvist ha scritto molte volte è che l'Islam, che è l'ideologia, può essere paragonata al nazismo con il suo odio verso gli ebrei, l'ideologia suprematista e la fame di dominare il mondo.
L'SKMA ha scritto:
"La Carlqvist dice che i media per diversi anni si sono rifiutati di parlare dell'antisemitismo e quando finalmente lo hanno fatto non hanno voluto "parlare del vero problema" – il grande gruppo musulmano di Malmö. Questo ha indotto la gente che vive in altre zone della Svezia ad 'avere l'impressione che dietro la persecuzione degli ebrei ci siano gli svedesi biondi', spiega la Carlqvist."
Il Comitato svedese contro l'antisemitismo ha affermato che alla Carlqvist piace "fingere di opporsi all'antisemitismo quando invece ella persegue i suoi fini politici".
Ciò che in realtà sembra aver sbigottito i sostenitori dell'SKMA è che la Carlqvist, in un articolo di Dispatch International, li ha paragonati alla Verband nationaldeutscher Juden (l'Associazione degli ebrei tedeschi nazionalisti) che, negli anni Trenta, appoggiava Hitler e affermava che gli ebrei erano trattati in modo equo nella Germania nazista.
La questione è come gli ebrei svedesi se la passeranno in una Svezia sempre più islamica, quando nemmeno le loro stesse organizzazioni segnalano da dove provenga l'odio antiebraico, preferendo piuttosto attaccare gli svedesi che dicono la verità sul perché la Svezia non sia più un rifugio sicuro per gli ebrei ma un paese dal quale scappare. Finché l'SKMA rifiuta di riconoscere che in Svezia l'odio contro gli ebrei è in gran parte causato dagli immigrati musulmani, come ci si può aspettare che i cittadini svedesi riescano a capire che tipo di minaccia sia l'islamizzazione della Svezia per tutti noi che vi abitiamo?
La prima a percorrere la via dello sterminio sarà la "Gente del Sabato" e poi sarà la volta della "Gente della Domenica".
Pur approvando gli articoli scritti da Ingrid Carlqvist e pubblicati finora qui sul sito, il Gatestone Institute non è più legato in alcun modo all'autrice.